Quelli tra falso e realtà | Ciancimino e l'impostura - Live Sicilia

Quelli tra falso e realtà | Ciancimino e l’impostura

Ecco l'analisi di Gaetano Savatteri, pubblicata sullo scorso numero di S. E' l'articolo che ha stimolato la replica del dottore Ingroia. Ce n'è abbastanza per il dibattito.
L'osservatore romano
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Se quella di Massimo Ciancimino è stata un’impostura allora bisogna chiedersi come e perché per tre anni il figlio di don Vito sia stato preso in seria considerazione dalla procura di Palermo, da molti giornalisti e da buona parte dell’opinione pubblica. Lasciamo perdere le accuse di chi intravede dietro tutta la vicenda malafede e complotti e usa l’arresto per calunnia di Ciancimino jr. come una clava contro un pezzo dell’antimafia militante: questa è una polemica politica e giudiziaria difficile a spegnersi. Semmai, se è vero che ci troviamo di fronte ad un’impostura, diventa interessante capire attraverso quali meccanismi Ciancimino sia riuscito a metterla in piedi, facendola crescere fin quando gli è scoppiata tra le mani.

Nel suo libro “Il labirinto degli dei”, il magistrato Antonio Ingroia che è stato uno di quelli che hanno interrogato a lungo Massimo Ciancimino, lo descrive così: “È molto americano, uomo dei media e per i media, nel bene e nel male. E per una metamorfosi mediatica, oggi il figlio di Ciancimino è arrivato a diventare quasi un’icona dell’antimafia”. Con la definizione di americano Ingroia probabilmente voleva sottolinearne la modernità, il tratto inedito, la capacità di comunicare attraverso giornali e televisioni. Ma l’errore sta proprio qui: la parabola di Ciancimino non appartiene alla modernità, ma alla tradizione dell’impostura che proprio in Sicilia ha avuto casi emblematici. Era palermitano Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro: uomo abilissimo nel dissimulare e comunicare, al punto da convincere il meglio del mondo intellettuale e mondano della sua epoca . Sempre a Palermo si era consumata la menzogna saracina dell’abate Giuseppe Vella, il frate talmente spudorato da inventare di sana pianta un testo come il Consiglio d’Egitto, forgiando dal nulla una lingua inesistente, un documento storico e la sua presunta traduzione in italiano . E ancora in Sicilia, per quasi un secolo e mezzo, si è tramandata l’impostura capace di trasformare degli assassini in uomini d’onore, un’associazione criminale in un’Onorata Società, un’organizzazione con gradi, struttura e gerarchie in un inesistente atteggiamento culturale.

Forse questi precedenti bastano per spiegare come e perché Massimo Ciancimino appartenga di buon diritto a questa linea dell’impostura . Molto siciliana, dunque. È evidente che nessuna mistificazione può essere tale e può essere portata a buon fine, per un tempo più o meno lungo, se non ci sono le condizioni favorevoli affinché questo accada. Le imposture devono piovere su un terreno predisposto ad accoglierle e a farle germogliare: allora diventano grandi falsi storici. Il conte di Cagliostro fornì risposte esoteriche agli uomini del suo tempo che cercavano il soprannaturale. L’Abate Vella produsse false verità storiche che risultavano preziose alla Corona per rivendicare i propri privilegi. E così la mafia tornava utile a una terra che ne sfruttava servizi, clientele e violenza. “Esistono fantasie potenti”, scrive Errico Buonanno nel suo saggio “Sarà vero”. La menzogna al potere. Falsi, sospetti e bufale che hanno fatto la storia. “Esistono casi in cui anche il falso, l’invenzione, qualcosa che abbiamo immaginato riesce a costruire la realtà. La cosa non c’è, ma c’è la sua ombra. Smuove gli eserciti, influisce sull’arte, fonda nazioni e le distrugge, con tutto il valore concretissimo di un fatto pesante come un altro”.

Massimo Ciancimino ha creato l’ombra di molte realtà, di molti misteri, di un “quarto livello” (dopo che con grande fatica eravamo riusciti a sbarazzarci del fantomatico “terzo livello”), perché ha dato le risposte che molti desideravano, mischiando verità e bugie. Ciancimino spiegava quello che era rimasto nascosto nelle pieghe dei sospetti, delle verosimiglianze, delle ipotesi. Le sue rivelazioni affondavano nella cattiva coscienza di una città come Palermo che aveva convissuto a lungo e comodamente con don Vito e che ora affidava al figlio il compito di ripulire, a nome di tutti, i propri rimorsi tardivi attraverso la vecchia storia del rampollo dell’uomo cattivo che si redime e passa dalla parte dei buoni. Massimo Ciancimino era perfetto: giovane, redento, simpatico, loquace, furbo, fragile. Troppo perfetto . Così americano. Così palermitano


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