E Zamparini bruciò |la statua di Guidolin - Live Sicilia

E Zamparini bruciò |la statua di Guidolin

Povero presidente Zamparini. La sindrome da mancanza di esonero si aggrava di settimana in settimana. Quel sabotatore di Ballardini si ostina a vincere e a dare un gioco alla squadra. Mica si può cacciare uno perché porta occhiali da menagramo e indossa vestiti da serial killer da sceneggiato degli anni Ottanta…

E così Zampa – come vi avevamo già narrato – deve arrangiarsi in cerca di surrogati. Per esempio, sta subissando di telefonate il presidente del Cagliari. Di solito il tenore unilaterale della conversazione è il seguente: “Ciao Cellino. Avete perso ancora eh? Lo so che sei un uomo di buon cuore e non hai il coraggio di cacciare quel tecnico lì. Lo faccio io se vuoi, per amicizia… Dammi il numero di telefono…”. A quel punto il nominato Cellino ha chiuso già da un quarto d’ora. E a Zampa non resta altro da fare che tirare fuori dallo sgabuzzino il gruppo marmoreo a grandezza naturale raffigurante un Guidolin piangente sulla spalla di un Foschi bestemmiante (cioè tutti e due normali) e riavvolgere il nastro con le dichiarazioni di Baldini, quando il medesimo usò un peculiare riferimento verbale fallico per sottolineare le sgradite affermazioni del suo presidente. Alla fine della storia, Zamparini brucia la statua e prende a mazzate il nastro registrato – poco importa ha 106 mila copie di entrambi -. Un minimo si calma. Certo, un esonero dal vivo è davvero un’altra faccenda.
Cose di casa nostra. Già detto che il Palermo di Ballardini gioca con una discreta intensità. Ora, il tecnico vuole anche più densità. La squadra deve essere più corta, più compatta. E, per fare capire meglio il concetto ai calciatori, è opportuno che sia inoculato nell’ambiente intero, a cominciare dai tifosi. Che, infatti domenica scorsa, al prefiltraggio di viale Del Fante sono rimasti prigionieri di una fila densissima di ingresso – quasi da centrocampo sacchiano – con turni di 25-30 minuti. Siccome sono aficionados che pagano per guardare una partita e non per subire cotanto massacro si saranno sentiti – come dire – un tantino eccessivamente inoculati.
E che aggiungere circa la (mancata) pulizia dei seggiolini dello stadio Barbera? Le testimonianze sono copiose e concordi. Pare che in Curva Sud ci siano batteri che ricordano alla perfezione i primi gol di De Rosa. Come mai? Erano presenti.
Cose di casa loro. L’Italia pallonara che non tifa Inter ha salutato come un atto di giustizia divina la vittoria del Milan nel derby. Il massimo dell’orgasmo è stato raggiunto quando, dopo un’entrata assassina a centrocampo, Gattuso si è messo a inveire con gesti violentissimi contro un tale dai capelli brizzolati in panchina. Poiché il tale sembrava Mourinho, c’è stato un attimo di intenso godimento nazionale. Strozzato da un’inquadratura rivelatrice: era Ancelotti.
Il medesimo Carletto Ancelotti ha rivelato in settimana lo scoop del secolo: avere beccato Spalletti a Parigi, in presunta e fraudolenta (agli occhi dei tifosi) trattativa col Chelsea. Spalletti non l’ha presa benissimo. E, come suo costume, l’ha presa pure alla lontana: “Considerando i logaritmi del problema di matematica di mio nipote – ha dichiarato – e l’oroscopo dell’Acquario, potrei affermare che lo sviluppo delle frasi del mio collega non è stato ortodosso rispetto alla prefazione delle sillabe che egli ha concepito pur di tracciare, tra subconscio e coscienza, un diagramma della mia attuale situazione”. Tradotto dallo Spallettese: a Carlè, ma vaffa…

29 settembre 2008

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