Piccola rivoluzione: presentata| la prima discarica che non inquina - Live Sicilia

Piccola rivoluzione: presentata| la prima discarica che non inquina

Smaltimento rifiuti
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Si trova a Siculiana, in provincia di Agrigento, la prima discarica dell’Isola a basso impatto ambientale e in grado di produrre in un anno energia “pulita” ricavata dallo smaltimento dei rifiuti pari al fabbisogno annuo di circa 3.300 famiglie. L’impianto è stato realizzato dal gruppo Catanzaro di Agrigento che nella zona industriale di Favara-Aragona aveva già realizzato un impianto di stoccaggio dei rifiuti.

Il piano, presentato oggi alla stampa nella sede di Confindustria Sicilia, sarà messo gratuitamente a disposizione del governatore Raffaele Lombardo come progetto pilota a scopo di ricerca. Competitivi i costi e risultati garantiti dalla discarica, come ha spiegato l’imprenditore Giuseppe Catanzaro: “Il prezzo di mercato dei rifiuti è di 90 euro a tonnellata, contro i 60 del nostro impianto. Un servizio che vorremmo destinare a Comuni, Ato, ma anche privati”. La struttura è stata realizzata insieme a ricercatori del Politecnico di Milano e della facoltà di ingegneria dell’università di Catania. Ha ricevuto le certificazioni previste dalla legge (Iso 9001, Uni En Iso 14001 ed Emas) ed è tra le poche a non essere stata colpita dalla condanna per la violazione della direttiva europea sulle discariche.

Nel sito realizzato a Siculiana, in contrada Materano, il 75, 14% dei rifiuti presenti sono rifiuti solidi urbani. La discarica messa a punto dal gruppo Catanzaro prevede lo sbancamento del terreno (la voce di spesa maggiore secondo l’imprenditore Fabio Catanzaro), la posa di una barriera impermeabile per evitare il contatto tra i rifiuti e il sito e la dispersione del biogas rilasciato e, dopo la copertura, la rivegetazione del sito con piantagioni già presenti nel territorio in modo da avere maggiori garanzie di attecchimento e il più basso impatto sull’ambiente circostante.

Federico Vagliasindi, docente di ingegneria sanitaria ambientale all’ateneo catanese ha escluso il rischio di infiltrazioni nell’area circostante di percolato, il liquido prodotto dalla decomposizione dei rifiuti: “Una volta estratto il percolato viene raccolto in un pozzetto e poi trattato – spiega – inoltre la gestione post operativa della discarica prosegue per 30 anni dopo la chiusura del sito proprio per evitare rischi per la salute e l’ambiente”. Una volta raccolti e trattati i biogas sono in grado di produrre 8,1 milioni di Kwh di energia “pulita”, con un risparmio, secondo gli esperti, di 1,8 milioni di tonnellate di petrolio. Il vantaggio maggiore viene dalle emissioni, la voce critica e più inquinante in ogni discarica: qui sarebbero 4,3 i milioni di tonnellate di anidride carbonica non emesse nell’atmosfera e 37 milioni le tonnellate non disperse nell’aria.

Nella valutazione di impatto ambientale è stato coinvolto anche l’istituto di ricerca farmacologia “Mario Negri” di Milano che ha studiato il rapporto delle emissioni inquinanti in relazione al rischio tumori, a partire dalla diossina (come accadde nel disastro di Seveso nel 1976). “Il rischio in questo impianto è da 100 mila a 100 milioni di volte inferiore al parametro di legge che individua il rischio nullo”.

Una soluzione che rappresenterebbe un buon compromesso con il “male necessario” delle discariche, un business che fa gola alla malavita organizzata. In proposito sono proprio i fratelli Catanzaro a sottolineare il vantaggio derivato dai costi di un sito realizzato a norma, sia per i contribuenti che per i costruttori. E secondo il docente del Politecnico di Milano Paolo Centola, “Nel ciclo di gestione dei rifiuti non si può fare a meno delle discariche e, dunque, bisogna ben coltivarle e controllarle. In Italia si producono ogni anno 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e 122 milioni di tonnellate di rifiuti in totale. In Sicilia, invece, si producono 2,5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, pari a 497 chili per abitante. La raccolta differenziata è in percentuale il 33,5% al Nord, il 17,1% al Centro e il 7,7% al Sud”. E a risolvere il problema dello smaltimento non bastano neanche i termovalorizzatori: “Ci sono 37 termovalorizzatori al Nord – ha aggiunto Centola -14 al Centro e 7 al Sud, che bruciano in totale appena 4 milioni di tonnellate l’anno, di cui il 40% torna in discarica sotto forma di ceneri. E’ evidente che né la differenziata né i termovalorizzatori possono evitare il ricorso alle discariche”. Il progetto, che ha tenuto conto di un’analisi orografica e meterologica del sito di Siculiana, sarà presentato ufficialmente alla comunità scientifica internazionale il 19 novembre alla fondazione “Cini” di Venezia per il “Venice forum 2008”.


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