Centro commerciale di Villabate |“Quel patto tra mafia e politica” - Live Sicilia

Centro commerciale di Villabate |“Quel patto tra mafia e politica”

La requisitoria dei pm
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Un patto tra mafia, politica e imprenditoria in un progetto da 250 milioni di euro per uno dei centri commerciali più grandi d’Europa. Un edificio di tre piani con gallerie, negozi, sedici sale cinematografiche. Tutto questo è stato ricordato nel processo per il centro commerciale progettato a Villabate con la presunta collaborazione di Cosa nostra nel quale si è giunti alla requisitoria dei pm Nino Di Matteo e Lia Sava.

Gli imputati sono Lorenzo Carandino, ex sindaco di Villabate, due architetti Rocco Aluzzo e Antonio Borsellino della “Asset development”, gli imprenditori Pierfrancesco Marussig e Giuseppe Daghino, l’ex sindaco di Catania Francesco Lo Presti e Giovanni La Mantia, esponente mafioso del clan Mandalà. “Un processo emblematico dell’agire mafioso più tipico degli ultimi anni, nel senso che negli ultimi anni anche seguendo le direttive di Bernardo Provenzano Cosa nostra ha tentato direttamente di fare impresa investendo i suoi enormi guadagni in affari imprenditoriali apparentemente puliti”. Quattro ore di discussione, in quella che è stata la prima udienza dedicata alla requisitoria, davanti alla quinta sezione penale presieduta da Patrizia Spina.
“Nel territorio di Villabate c’è stata un’immedesimazione organica tra la famiglia mafiosa e l’amministrazione pubblica”. Un impegno che prevedeva – secondo la ricostruzione fatta dai pm – che la famiglia mafiosa locale dovesse convincere 150 proprietari di terreni a vendere e garantire il buon esito dell’iter politico. Un patto che avrebbe provocato anche grossi vantaggi (come sarebbe risultato dai computer dell’architetto Aluzzo) con l’intervento di Nicola Mandalà. Cosa nostra avrebbe avuto una partecipazione economica alla spartizione del compenso che doveva spettare ad Aluzzo e Borsellino. Cosa nostra avrebbe anche individuato chi avrebbe realizzato il centro e gestito il 30 per cento delle gallerie e dei negozi che sarebbero sorti e oltre a decidere il 30 per cento dei soggetti che sarebbero stati assunti.
Nella seconda parte della requisitoria i magistrati hanno anche ammesso che il collaborante Francesco Campanella è “il più attendibile dall’inizio del fenomeno di pentitismo”. Tutto riscontrato su una base di esempi. “Ogni volta che Campanella ha fatto una dichiarazione seppur difficile da riscontrare – hanno detto i magistrati – è poi stato trovato riscontro positivo anche nei delicati rapporti tra politica e imprenditoria”. Campanella è stato due volte presidente del consiglio comunale di Villabate, segretario nazionale dei giovani dell’Udeur e aveva anche rapporti significativi con esponenti come Cuffaro e Mastella. Il 24 novembre continua la requisitoria, che si concluderà il primo dicembre.

di Romina Marceca


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