La bolla delle obbligazioni|in attesa del "ringraziamento" - Live Sicilia

La bolla delle obbligazioni|in attesa del “ringraziamento”

MATERIE PRIME: oro forte
Settimana importante per l’oro, che ha dimostrato di sapersi svincolare dalle correlazioni che finora lo avevano penalizzato: è saltata infatti quella con il mercato azionario, quella con il petrolio, e quella con il dollaro.  La domanda di oro è salita del 18% nel terzo trimestre, perchè i prezzi più bassi hanno incoraggiato gli acquisti da parte dei gioiellieri e degli investitori: lo vedono come un rifugio rispetto alla crisi creditizia e a una possibile svalutazione del dollaro,  tanto più interessante quanto più scendono i tassi d’interesse, perchè il sacrificio di investire in un bene infruttifero diviene minimo se non nullo.

Inoltre le vendite forzose dovute alla crisi degli hedge funds per il momento sono terminate: come si vede dai dati del Comex le posizioni speculative di acquisti netti di oro sono scese moltissimo da oltre 600 tonnellate a 150 (si consideri che quando l’oro quotava 300 dollari tale esposizione non era mai scesa sotto le 300 tonnellate). Nel finale è arrivata inoltre la conferma grafica, con il superamento della resistenza a 775 dollari e l’allungo fino a 800, mentre l’oro in euro è ritornato nella fascia dei massimi sopra quota 20 euro al grammo. Concentrandosi sulla quotazione in dollari(quella che in questa fase mi interessa di più), adesso si è venuto a delineare un quadro elliottiano  chiaro, e rende molto probabile che a 681 sia finita la sequenza ribassista di 5 onde  iniziata a marzo di quest’anno a 1033; e diviene probabile che ci si trovi in una sequenza rialzista. Poichè la prima onda di tale rialzo è stata pari a circa 100 punti (da 681  a 775), con la seconda che ha ritracciato il 75% da 775 a 700, la terza in corso ha spazio almeno fino a circa 875.
In alternativa,  quella in corso potrebbe essere un correzione a-b-c che si completerebbe quindi con il rialzo in corso, e se ne avrebbe conferma da una successiva rottura al ribasso di quota 775. E’ possibile perchè per le altre materie prime il quadro resta molto negativo prevalendo nettamente il focus recessivo : il petrolio come da attese è arrivato al supporto storico di 50 dollari perforandolo fino a 48, il rame è sceso di un altro 6%, il grano e il mais di oltre il 10%. Complessivamente l’indice delle materie prime ha perso il 9% ed è adesso a -40% dall’inizio dell’anno.
Si conclude con : petrolio a 49,9(gennaio) gas naturale a 6,5(gennaio) oro a 792(dicembre) argento a 9,5(dicembre) platino a 825(gennaio) palladio a 180(marzo) rame a 158(marzo).

CAMBI: crollano le riserve
L’ndice del dollaro è salito nella settimana del 2% a 88. Come da manuale, in casi di aumento dell’avversione per il rischio, l’unica valuta a guadagnare sul dollaro è stata lo yen:+ 0,5%. Tra i perdenti spiccano le valute del brasile – 7%, del cile -6%, o dall’altra parte del mondo,  corea del sud – 6% ; nel vecchio continente perde la svezia – 4.2% la svizzera- 2.2% (dopo il selvaggio taglio dei tassi di 100 cts. adesso all’1%), mentre la sorpresa è venuta dall’ euro che ha perso “solo” 0.5%. Nel frattempo si  sta svalutando lo yaun che questa settimana ha avuto il maggior declino in oltre un mese, in scia all’idea che i cinesi vogliono proteggere gli esportatori ed evitare la recessione in quella che è oggi la quarta economia del mondo. E’ la solita idea miope che già tanti danni ha fatto all’equilibrio globale, ma dai cinesini non ci si può aspettare niente di più (in fondo sono gli ultimi arrivati, e se si pensa ai disastri che combinano “gli esperti” occidentali…, li si può pure perdonare). La conferma del periodo orribile nelle ultime 5 settimane è venuta dai dati sulle  riserve valutarie internazionali che sono crollate di 209 miliardi di dollari (anche se restano al rialzo  rispetto a dodici mesi prima del 13%) a quota 6,7 trilioni. Equivale a una contrazione della base monetaria internazionale pari al 3% circa, ed è il frutto della contrazione del commercio internazionale (e dunque dei surplus-deficit che nell’attuale sistema generano perversamente  base monetaria).
L’euro ha resistito perchè i traders hanno ignorato le notizie di recessione europea, peferendo muoversi in coerenza con il recupero finale di wally venerdì sera. Inoltre  la valuta europea ha fatto un minimo (a 1,24) superiore alla precedente caduta, a differenza della borsa americana che ha fatto nuovi minimi record. Questo è un segnale di forza relativa, e fa il paio con il nuovo sorpasso del rendimento del bund decennale sull’omologo USA; ma lo sviluppo del prossimo futuro continuerà a dipendere dall’andamento della “paura”, che però appunto sembra essersi svincolata dalle notizie negative propriamente europee.
Più in generale la volatilità si è ridotta e le principali valute sono entrate in una fase di congestione. Comunque l’atmosfera resta quella tipica per impovvise nuove “sparate” in grado di far ripartire i trends tipici dell’avversione al rischio o in alternativa della ricerca del rischio(carry trade).Le maggiori probabilità restano a favore della ripresa della “paura”, anche se c’è un dibattito in materia. Poichè non si è ancora formato un consenso, prevale il sentimento  favorevole al maggior peso  dell’attività del mercato rispetto ai fondamentali macro economici. I traders che avevano puntato sulla paura, hanno quindi preferito incassare i profitti permettendo un allentamento delle condizioni; ciò nonostante, la volatitlità resta a livelli eccezionalmente alti e il pregiudizio prevalente è che la tragedia continui. Il focus potrebbe tornare sulla crescita economica e sulla salute dei mercati finanziari, al fine di valutare il rischio e la prossima fase. Le notizie uscite in settimana non sono certamente positive, anche se l’unione europea ha annunciato un pacchetto di stimolo da 130 miliardi e la banca svizzera ha dimezzato i già bassissimi tassi d’interesse: non a caso i premi sul rischio obbligazionario hanno fatto nuovi record.

OBBLIGAZIONI: la  mega bolla
Negli USA  i futures sul tasso a tre mesi scadenza dicembre 2009 quotano il 2,15% (-20 cts. rispetto a 7 giorni fa), il libor a tre mesi è   sceso al 2,15%(-8 cts.) e ad un anno al 2,73%(-17 cts.); i bot a 3 mesi  allo 0,01%(-12 cts.). I rendimenti dei bonds  a 2 anni  a 1,09%(-12 cts.); a 5 anni al 2,01%(-30 cts.); il decennale al 3,2% (-52 cts); a 30 anni al 3,67%(-54 cts.).
L’interbancario è quindi sceso  poco, in un contesto in cui i  rendimenti obbligazionari hanno avuto un ribasso record sulle scadenze lunghe, innescato dal calo dell’inflazione ufficiale; tra i record: i bot a tre mesi sono giunti a tasso zero, i bond a due anni sono scesi fin sotto l’1% per la prima volta nella loro storia; analogo record per il trentennale sotto al 4% , mentre il decennale è appena poco sopra il suo minimo storico al 3%. Si tratta dell’ennesima bolla derivante dal mega pompaggio di liquidità delle banche centrali, altro  episodio di follìa collettiva considerato che i titoli di Stato sono titoli spazzatura(nessuno Stato, a cominciare da quello americano, potrà mai rimborsarli se non riceve contestualmente un nuovo finanziamento: finanza alla Ponzi (o se si preferisce alla Parmalat) allo stato puro. Ormai  il focus della massa  è sulla grande depressione e grande deflazione(tassi di inflazione negativi) in arrivo, con i tassi  già a livelli giapponesi, mentre però l’inflazione nonostante il crollo del petrolio resta su livelli ben superiori al +3% annuo negli USA ed in Europa, e in tante altre zone del mondo viaggia intorno al 10%. Si restringe quindi  il differenziale tra 2 e 10 anni  a 211 (-40 cts). Scendono invece solo lievemente  i tassi sui mutui a tasso fisso trentennali (-10 cts.  al 6,04%) e quindicennali(-8 cts. al 5,73%) e quelli a tasso variabile ad un anno (-4 cts. al 5,29%). Salgono pertanto  i differenziali dei titoli ipotecari rispetto ai titoli di stato (+210 cts. sul decennale) e si impennano quelli dei titoli delle imprese  primarie a  +270 cts., mentre salgono a +997 cts.  quelli delle aziende considerate a maggior rischio.
Scende  il rendimento del decennale giapponese (1,39%),  mentre salgono  i rendimenti sugli obbligazionari dei paesi emergenti, con i bond brasiliani(+47 cts.) al 8,61%  sul decennale (i messicani salgono al 8,12%.).
In Europa  i  tassi euribor  sono scesi:  ad un mese al 3,57%(-30 cts.) a tre mesi al 4,06%(-22 cts.) ad un anno  al 4,17%(-24 cts.). I rendimenti sui bund tedeschi  in ulteriore calo sui 2 anni al 2,09%(-13 cts.)  e ben -28 cts. sul decennale (3,39%): stessa dinamica americana, per cui si riduce il differenziale tra 2 e 10 anni (+130 cts.) confermando il focus recessivo ed il venir meno delle paure inflazionistiche; il differenziale con i bonds USA sale  a +19 cts. per il bund sul decennale,restando fermo sulla scadenza a due anni (+100 cts.)  a favore del bund, il che ha trovato subito riscontro in una maggior forza relativa del cambio eurodollaro. I Btp questa settimana hanno ancora perso terreno rispetto ai Bund, con lo spread fra i rendimenti dei decennali Btp e Bund a 110 cts.
Record tra i record, vi è stato sul mercato americano un episodio di panico derivante dalle cosiddette strutture esotiche basate sullo yen giapponese. Ad un certo punto lo swap a 30 anni ha trattato a -20 cts.!!! Ricordo che tale spread  tratta sempre con il segno + perchè riflette il premio per il rischio che si paga  con una controparte privata, rispetto ad una controparte pubblica; gli investitori usano uno swap quando vogliono bloccare il tasso di interesse per i prossimi 30 anni scambiando (swap) un tasso variabile basato sul libor con un tasso fisso. Uno swap negativo implicherebbe che si ritenga più rischiosa la controparte governo, rispetto al privato. In realtà questa dislocazione è funzione della  forza dello yen che ha spinto le banche a coprire le loro posizioni a 30 anni, provocando una domanda superiore all’offetta che ha generato l’assurdo di cui sopra.

BORSE: nuovo minimo

Questa settimana  non solo è stato fatto un nuovo minimo, bensì tale minimo (741 sullo sp500) ha perforato molti supporti teorici, incluso il minimo dell’ottobre 2002 a 768 tornando a quotazioni già viste 10 anni fa. Nonostante quindi il rialzo del 6% nell’ultima ora di venerdì che lo ha riportato in area 800 è più probabile che non sia ancora finita, anche se un rimbalzo può partire in qualsiasi momento dato l’ipervenduto estremo.
Certamente il mercato Orso iniziato a ottobre 2007 si qualifica ormai come uno dei peggiori della Storia, con il dow jones sotto del 48% e l’sp500 del 53% dai loro massimi assoluti. Dal 1929 ci sono stati solo tre mercati Orso di questa entità: 1973-1974 (-47% shock petrolifero), 1937-1942 (-53% seconda guerra mondiale), e 1929-1932 (-89% grande depressione).  Questi confronti non tengono conto del fatto che dagli anni 80 i derivati hanno giocato un ruolo crescente e la volatilità è aumentata. Ma resta  che tra il 1942 e il 1973 il peggior orso produsse un declino solo del 37%. E con la sola eccezione del 1973-1974 , lo stesso è stato anche nel periodo  1942-2007. Nel 1987 il crash fu del 41%, e da lì iniziò un rialzo di 13 anni interrotto solo dallo scoppio della bolla tecnologica 2000-2002 che portò a una caduta del 39%. Insomma, con l’eccezione del 1973-1974 l’attuale crollo non si vedeva da 65 anni, e quello immediatamente precedente anticipò la seconda guerra mondiale. L’unico record da battere resta quindi la grande crisi del 1929. Comunque, allo stato attuale – cioè se non si fanno nuovi minimi – si può ancora dire che siamo nella “norma”: – 47%-53% . Quest’ultima percentuale già raggiunta dallo sp500, applicata anche al  DOW porta a una quotazione di 6.675 contro i 7.449 raggiunti questo venerdì prima del rialzo isterico a  8.000 in chiusura. Chi come me ritiene che si vada verso una nuova grande depressione come nel 1929, ritiene  la strada per questo Orso  ancora lunga, sia come durata(si parla di anni) che come entità : il -89% significa tornare a 200 di sp500 (2000 di dow) cioè ai livelli nominali di inizio anni 80 quando partì la grande bolla e dove il giappone è già tornato.
Andando al breve termine,  anatomizzando questo Orso ormai da record storico, si può osservare come all’inizio procedesse con onde da un mese , poi da marzo la durata si è estesa ai due mesi e adesso da agosto l’onda ribassista ha già raggiunto i 3 mesi, ed ogni volta che sembrava finita ha sorpreso facendo seguire ai rally -tanto isterici quanto momentanei- ulteriori cadute.E’ dunque più probabile che anche questa volta sia lo stesso, nonostante le misure estreme per durata ed intensità già raggiunte. Tecnicamente, alla chiusura di venerdì molti indicatori danno segni negativi: il rapporto tra titoli in aumento e titoli in calo che ha fatto nuovi minimi, la volatilità che sta di nuovo risalendo ed è sempre a livelli record, il livello estremamente basso raggiunto dai rendimenti sui titoli di stato, con il riespandersi del differenziale tra questi ultimi e il libor, mentre si sta impenanndo il differenziale con le obbligazioni delle aziende.Di giorno in giorno, tutto può succedere, essendoci una volatilità senza precedenti, ma con il ponte festivo di fine settimana prossima in vista, appare improbabile che eventuali ottimisti decidano di mettersi a comprare prima di tale data. Il supporto immediato è adesso il minimo di 741 rotto il quale si dovrebbe vedere area 700, con alcune proiezioni che danno come livelli di sostegno la fascia da 696 a 717.
Si conclude con Dow a 8046 -5% ( -39% da inizio anno) SP500 a 800 -8%(-46%) Nasdaq100 a 1085 -8%(-48%)Russell -11%(-47%) Trasporti -10,7%( -32%) utilities -0% (-32%) semiconduttori -10% ( -56%) Broker -22%( -73%) Banche -23%( -58%).
Il rapporto tra put e call sale sopra a 1,1 ma fa peggio  l’indice della volatilità VIX che salta a 73.
Il Nikkey giapponese  a 7910 -6,5%(-48% da inizio anno),  il Dax a 4127 -12,6%(-49%)  il cac francese a 2881, il footsie inglese a 3777 spmib a 18659 e mibtel a 14513 (-50% da inizio anno, lancette dell’orologio borsistico nostrano – in termini nominali-  indietro di 11 anni: chi lo avesse comprato nel 1997 e se lo fosse tenuto sperando nel “lungo termine”, oggi si ritrova con lo stesso nominale e con un valore reale che è circa un quarto). Tra gli emergenti: Brasile -13,3%(-51%) Russia -10% (-75%) India -5%(-56%) Cina -1%(-63%).

PREVISIONI: il ringraziamento
Il dollaro è a un bivio. Da un lato è in piena congestione; dall’altro i fondamentali e la volatilità sottostante fanno pensare che tale congestione possa finire di colpo. Le probabilità per una rottura del recente range sono elevate se si considerano la concentrazione di dati, le crescenti minacce ai mercati fiannziari e le condizioni inusuali di trading che si associano a un lungo ponte festivo. Infatti la festa USA del ringraziamento, cadendo di giovedì, spezza la settimana prematuramente ed è certo che la liquidità dei mercati ne risentirà; inoltre anche l’interesse speculativo è probabile diminuisca, per cui delle due l’una: o la contrazione dei volumi manterrà in essere la congestione rimandando alla settimana successiva (che è poi anche l’inizio di dicembre) ogni eventuale movimento; oppure moltiplicherà i già straordinari livelli di volatilità, attizzando la rottura della congestione. Quale che sia l’esito, dipenderà dall’influenza del grado di avversione per il rischio e dunque in definitiva dalla borsa. Questa settimana la nuova caduta di quest’ultima, unita  all’aumento del rischio di fallimento sui bond aziendali, ha generato  un nuovo massimo per l’indice generale del dollaro e per lo yen; ed anche se vi sono stati ritracciamenti nel finale, ed una  ingessatura sull’eurodollaro, l’evento simbolico è avvenuto. Per cui se dalla vicenda dei salvataggi di citibank o dei 3 dell’automobile, dovesse venire il  segnale di una perdita di controllo generale con nuovi massicci licenziamenti, l’intensità del disastro accelererebbe nuovamente.
I dati macro USA saranno concentrati nei primi tre giorni, e tra questi spicca martedì la prima revisione del PIL nel terzo trimestre: anche se è una seconda lettura, eventuali cambiamenti significativi nelle voci chiave, come i consumi,  possono innescare reazioni marcate. Il mercato cerca di farsi un idea circa il deterioramento già intercorso su redditi e spese delle famiglie per aggiustare le aspettative sul futuro (se più o  meno peggiore del previsto), e mercoledì sarà una giornata pienissima. In Europa lunedì uscirà l’indice di fiducia tedesco IFO a Novembre importante per lo stesso motivo, e sarà seguito martedì dai dati finali sul PIL tedesco nel terzo trimestre; nel finale di settimana usciranno anche i dati sull’inflazione tedesca e la disoccupazione , e tutto l’insieme servirà ad orientare le attese sull’entità del taglio ai tassi d’interesse che la BCE farà il 4 dicembre (attualmente si va dal mezzo punto al punto intero).

http://michelespallino.blogspot.com/


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