Da Palermo all'Opéra di Parigi | Eleonora Abbagnato si racconta - Live Sicilia

Da Palermo all’Opéra di Parigi | Eleonora Abbagnato si racconta

(di Irene Maria Scalise*)

Una vita sulle punte. Sudore e fatica. I muscoli guizzanti e i capelli stretti nello chignon che tira all’inverosimile. Allenarsi sempre e comunque. Una corsa continua contro il tempo, che non basta mai: tacco e punta e, ancora, punta e tacco. Sino alla nausea. Dieci ore ogni giorno tra audizioni, provini, scuole di ballo. Piroetta anche nei sogni la danseur Eleonora Abbagnato, prima ballerina all’Opéra di Parigi. E, a forza di arabesque e passé, la magia della danza le è rimasta dentro. Le è penetrata nella pelle. Quando entra in un bar della vecchia Milano, la gente la guarda incantata. E lei sorride a tutti, gentile e seducente come una gatta. Colori nordici e intensità siciliana. In più charme francese. Una miscela esplosiva che lascia senza fiato.
Lei è essenziale, magra al punto giusto. Capelli di seta e occhi turchesi. Un giubbotto di cuoio e jeans morbidi ma, sarà il portamento impeccabile, sembra in abito da sera. La mano sposta il sipario dei capelli e scivola su una tazza di tè fumante. Osserva ridendo una montagna di valigie. “Ogni volta che mi sposto da una città all’altra mi porto dietro la casa, ma ormai ci sono abituata”. Perché è da quando ha dodici anni che Eleonora Abbagnato vive con il bagaglio in mano. A ballare, invece, ha iniziato molto prima. Sotto gli occhi stupiti della mamma – genovese trapiantata in Sicilia per amore – e dei fratelli convocati per mini spettacoli casalinghi. “Avevo appena tre anni e mia madre, che aveva un negozio a Palermo, mi lasciava sola e io invece di giocare spiavo le bambine della scuola di danza di Marisa Benassai”. Per i genitori non c’è scelta. La iscrivono al corso di ballo e, a quattro anni appena compiuti, Eleonora indossa il suo primo paio di mezze punte e affronta leggera il debutto. Una passione ma anche una prova di forza: “Volevo essere davanti a tutti e gli altri bambini restavano allibiti perché, con il mio aspetto da angioletto, non si aspettavano che fossi così determinata a conquistare la prima fila”.
Quindi, ancora piccola, la decisione di lasciare Palermo, di dire addio alla “sua” Sicilia. “Non sentivo niente, nessun dolore per la separazione o nostalgia di casa. Era come una malattia, una febbre che mi rendeva insensibile”. Adesso, invece, è molto meno fanatica. “Quando non ballo per alcuni giorni quello che provo è una mancanza fisica ma quella passione psicologica, fortissima, che avvertivo da bimba resterà irripetibile”. A dodici anni è già a Montecarlo a studiare da Marika Bresobrasova e, tra un concorso e l’altro, conquista il posto per la Bella Addormentata al Teatro Massimo di Palermo con il coreografo Roland Petit. “Dopo sei mesi in tournée con Petit, sono andata a studiare a Cannes dall’insegnante Rosella Hightower e all’Accademia di danza Principessa Grace a Monaco e ho capito che il tempio della danza è la Francia. Sono riuscita a chiedere un’audizione da Claude Bessy, allora direttrice dell’Accademia dell’Opéra, e nel ’92 mi hanno preso alla Ecole de danse dell’Opéra di Parigi. Ci sono rimasta dai quattordici ai diciotto anni”.
È la rivincita dell’italiana. La forza della volontà che annulla ogni altra emozione. “Non sentivo malinconia e se avvertivo qualcosa di doloroso, come una punta di spillo, lo respingevo dicendomi che dovevo continuare, mentre oggi mi pesa molto stare lontana e se non ci fosse l’Opéra non vivrei mai a Parigi. L’Italia è meravigliosa perché è un paese sincero, però purtroppo ha un grande difetto: tanto interesse per le cose inutili”.
La vita di Eleonora non è mai stata quella di una ragazza normale. La sua è un’esistenza estrema. Come quella di certi alpinisti o nuotatori. Al lavoro sei giorni su sette. Sulle punte dalle dieci del mattino alle sette di sera. “In tanti anni non ho mai saltato una lezione”, ribadisce orgogliosa. Solamente due settimane di vacanze in agosto. In più sessanta spettacoli l’anno con coreografi sempre differenti. “Ognuno ci chiede una cosa diversa. Fisicamente la danza è uno dei sacrifici più duri, ma i ballerini non si lamentano mai perché quello che li muove è la passione”. E poi bisogna confrontarsi con il talento. Il fisico. I doni naturali. I difetti che ti rovinano il changement de pieds. “Nel mio caso la conformazione non era il massimo, troppo debole per alcune cose e con le ginocchia in fuori. Nella danza classica devi sempre modellare il tuo corpo e mai compiacerti del risultato. Non esiste la perfezione e se gli ammiratori ti dicono che sei stata magnifica, tu sai benissimo che avresti potuto fare di meglio. Io ho lavorato come una pazza sul collo del piede e sono riuscita a migliorarlo solamente grazie al carattere, che è la mia vera arma. Senza quello non sarei andata avanti e lo considero la mia sola protezione”.
Quando finisce lo spettacolo Eleonora, per il momento, è sola. “Vivo da single nella casa che mi sono comprata a Montmartre quando mi hanno nominata première danseuse nel 2001. Ho avuto un paio di storie importanti tra cui quella con il mio primo fidanzato, Jeremy Belingard, anche lui ballerino dell’Opéra, ma non è il caso di innamorarsi di chi fa il tuo stesso mestiere perché finisci per fare tutto assieme e inevitabilmente nasce una competizione che logora i sentimenti. E poi una passione forte con l’attore americano David Charvet”. Sono stati amori importanti, di quelli che lasciano il segno, ma quando ha dovuto scegliere tra i sentimenti e il lavoro ha vinto il lavoro. “Però non mi vedo da sola nel futuro, vorrei avere dei figli e li avrò. Ma forse sarò ancora più possessiva di mia madre e non lascerò mai
partire i miei figli per andare lontani da casa”.
Perché Eleonora, quando si tratta di amore, è tutt’altro che una donna eterea: “Sono una siciliana vera, più araba che italiana, passionale e con il fuoco dentro”. Per ora sfoga il bisogno di amare con gli amici, che sono quasi tutti fuori dal grande, ma in fondo troppo piccolo, mondo del balletto: “Mi piace cucinare per gli altri, fare le cose con le mani. In casa sono una maniaca della pulizia come la mia nonna paterna che mi faceva lavare i piatti con lei. Ho degli scatti maniacali verso l’ordine della casa, che io considero come terapeutico, un modo per rilassarmi. In piena notte sono capace di sistemare tutti gli armadi”.
Quando non gioca alla massaia ama leggere, soprattutto i libri di Amélie Nothomb, e ascoltare musica. Non è invece molto tecnologica: “Un amico mi ha aperto un profilo su Youtube e uno su Facebook ma non li clicco quasi mai, forse ho paura che diventi una mania. Però quando accendo il computer, e leggo quello che mi scrivono, sono commossa dalle dimostrazioni d’affetto del pubblico”.
Tanti incontri hanno cambiato la sua vita. Prima di tutti quello con Pina Bausch, l’inventrice del teatro-danza, che aveva il dono d’instaurare con le sue creature un rapporto quasi psicologico. “Quando avevo diciotto anni mi ha affidato il ruolo di Elettra ed è stata un’esperienza indimenticabile. Sempre con la Bausch ho ballato in Orfeo e Euridice. Lavorare con lei mi ha insegnato l’umanità del ballo. Ho danzato anche per William Forsythe e con Angelin Preljocaj”. L’Opéra di Parigi ha di magico che permette mille incontri nuovi e, restando fermi, si possono interpretare i personaggi più diversi. “Sono stata sul palco di Notre Dame de Paris e della Carmen ma preferisco le nuove performance ai balletti tradizionali. Non posso ripetere per tutta la vita Il lago dei cigni. Ho invece amato tantissimo La signora delle Camelie, del coreografo statunitense John Neumeier basata sul romanzo di Alexandre Dumas. Mi piace collaborare con un’artista per inventare personaggi nuovi”. Nella danza non ha il mito dei colleghi più grandi ma, casomai, delle interpretazioni che l’hanno stregata e le hanno lasciato un marchio inciso nella memoria: “Carla
Fracci in Giselle, Mikhail Baryshnikov nel Don Chisciotte, e poi naturalmente alcuni passi di Rudolf Nureyev che purtroppo ho incontrato una sola volta a Parigi, poco prima che morisse”.
In trent’anni Eleonora non si è mai fermata e non lo farà a breve: “Ho un fisico resistente, che curo con costanti massaggi e sedute dal podologo e dall’osteopata. Ho firmato all’Opéra il contratto sino alla nostra età della pensione, che coincide con i quarantadue anni, e poi forse vorrei aprire una scuola di ballo in Sicilia. La cosa che mi piace di più
è far sognare le bimbe che vogliono studiare e, quando insegno loro i primi passi, capisco subito chi ha la volontà di farcela”. Prima di allora però desidera una famiglia. Con tanti figli e, naturalmente, un marito italiano: “Voglio un uomo del mio stesso paese come padre dei miei bambini. Se avrò una bimba, so già che le farò studiare danza, perché così avrà il migliore portamento che si può desiderare per una donna”. Per ora, in attesa del principe azzurro, si accontenta dei sogni che sono bilingui: “Sembra assurdo ma appena arrivo a Parigi comincio a sognare in francese e quando torno a casa lo faccio in italiano”.
Tra un balletto e una tournée la Abbagnato ha trovato, in questi anni, il modo si strizzare l’occhio al mondo dello show business. A undici anni, scoperta da Pippo Baudo, ballava in televisione con Raffaele Paganini. Ogni tanto si diverte a fare la modella per fotografie di moda e ha anche posato per Karl Lagerfeld. Poi una piccola parte in un film e,
ultimamente, la partecipazione al Festival di Sanremo. “Quello del cinema e della televisione è uno svago, anche se io faccio tutto con quel senso di responsabilità che mi deriva dall’allenamento continuo. La danza è una realtà di nicchia e mi piacerebbe provare altri impegni, anche se il mio lavoro rimane quello di prima ballerina a Parigi”. Eleonora però ha sfondato il muro della danza. È riuscita a farsi conoscere ed amare anche da quelli che un balletto non lo hanno mai visto. Adesso però ha fretta. La macchina che la porta in aeroporto sta per arrivare. Parigi è vicina e domani è ancora un giorno di allenamenti.

*tratto da Repubblica del 1 marzo 2009


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