La maledizione - Live Sicilia

La maledizione

IL COMMENTO
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E’ come se questa maledizione spingesse qualcuno a diventare come gli altri ti immaginano. Ti chiami Riina? E Riina sia! Anzi, Riina sarai in eterno. Vabbé, le indagini a carico di Maria Concetta sono un bruscolino rispetto ai ben altri temi che affliggono i profili giudiziari del padre e dei fratelli. Ma è indubbio che la circostanza porterà l’opinione pubblica a chiudere il cerchio della dannazione. Nessuno, con quel cognome, può aspirare al paradiso di una fedina penale immacolata. Per la verità ci sarebbe Lucia che ancora non risulta legata – fino a prova contraria – a inchieste di sorta. Di riflesso qualcosa avrebbe sfiorato il fresco marito, Vincenzo Bellomo. E siccome la storia della famiglia è intrecciata da strade incredibili e coincidenze pazzesche, è appena il caso di ricordare che “Vincenzo Bellomo” era l’identità utilizzata da Totò Riina durante la sua pluriennale latitanza. Il cerchio si chiuderà comunque, perfino se Maria Concetta e suo marito Toni dovessero uscire immacolati dalla contingenza. E finora sono immacolati, visto che si parla solo di indagini.

Francamente dispiace, perché è sempre lecito sperare che le storie sanguinose e disperate possano svoltare dentro un diverso crocevia del domani. Dispiace perché avevamo lasciato Maria Concetta Riina al suo appello seminato in un’intervista di Attilio Bolzoni a “Repubblica”. “Il problema vero per noi – diceva Maria Concetta – è sempre stato trovare un lavoro -. Tutti hanno paura di essere messi sui giornali, paura magari di essere considerati collusi. Qualche tempo fa ho frequentato i corsi di una cooperativa a Palermo, poi a un certo punto mi è stato detto che dovevo andarmene perché altrimenti quella cooperativa la chiudevano. Non è bello sentirsi dire certe cose. Giustamente tu dici: io non ho fatto niente, mi sono comportata bene con tutti. Mi hanno penalizzato solo perché mi chiamavo Riina. E non è stata l’ ultima volta”. Da un lato un benessere tinto di sangue, vissuto di riflesso per la mostruosa statura criminale di uno che era tenero padre in privato e belva con tutti gli altri. Dall’altro un corvo perennemente sulle spalle, una continua impossibilità di resurrezione, un cognome ricacciato in faccia come un insulto, una condanna. Sei della stirpe di Riina. Sei della razza dannata. E forse sarà vero ciò che disse il prete al matrimonio di Lucia: “Qui ci sono solo bravi ragazzi che vanno giudicati per le loro azioni”. Ma è purtroppo vero un altro inderogabile principio: quando il male è troppo travolge tutto, è un’ipoteca sui secoli. Questo male è l’eredità più tangibile che i figli hanno avuto da un padre amato e mai rinnegato.


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