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Stiamo male (checché ne dica Mediaset)

La Nota sui mercati
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La Nota  sui mercati (22.3). MATERIE PRIME: partono al rialzo
“Sta di fatto che se, come discuterò più avanti,  la borsa ha realmente iniziato un ciclo rialzista destinato a durare almeno un paio di mesi, esattamente come avvenne un anno fa, è molto probabile che anche le materie prime chi più chi meno dovrebbero  andarle dietro, a maggior ragione se il dollaro al contempo sviluppa invece un movimento discendente”. Così scrivevo sette giorni fa e così è stato, con un movimento di straordinaria potenza dovuto all’annuncio di grande inflazionamento del dollaro fatto dalla Federal Reserve mercoledì, che per la prima volta da quando esiste(1913)  ha promesso di stampare nuovi dollari in una misura – per ora- superiore al trilione (mille miliardi). La risposta è stata immediata e da manuale su tutti i mercati; tra le materie prime,  l’oro (che aveva inziato la settimana perdendo e andando a testare il supportone in area 880) ha fatto un balzo di oltre il 5% in poche ore, ed il petrolio ha superato quota 50 dollari al barile per la prima volta da due mesi.
La settimana si chiude pertanto con  +2,5% per l’oro (+8% da inizio anno), +4% per  l’argento(+22%) +5% per il platino(+18%);schizza soprattutto l’ipervenduto settore energetico con  il petrolio + 10%(+17%)  e con il gas naturale +8% aiutato anche dalla riduzione delle scorte che giovedì ne hanno provocato un impennata del 25% (e che resta  -26% da inizio anno) mentre  il  rame continua la recente ascesa con +8% (+28%) . L’indice generale CRB sale del 7% ritornando quasi ai livelli di inizio anno(-1%).
Interessante il gas naturale. Come il petrolio, il gas naturale è stato travolto dalle vendite crollando da quasi 14 dello scorso luglio al minimo della scorsa settimana di 3,67 un crollo del 73% in 9 mesi.Movimenti di questo genere sono non proprio normali, ma sono successi nel passato anche se in misura inferiore, perchè il gas naturale è difficile da conservare e trasportare; poichè la gran parte del gas usato negli USA è prodotto all’interno e non può essere facilmente importato, produttori e consumatori sono soggetti a questo tipo di volatilità nei prezzi a seconda dell’andamento della domanda.Vi è però una ciclicità perchè la caduta dei prezzi provoca tagli nell’esplorazione e nella produzione, per cui alla fine si genera una carenza di gas e i prezzi tornano a salire. Viceversa quando i prezzi salgono, la produzione aumenta fino a provocare un calo dei prezzi.A seguito del recente crollo, la produzione americana  e le spese di ricerca di nuove fonti si sono dimezzate. Dunque adesso dal lato dell’offerta vi sono tutte le condizioni per un recupero dei prezzi,anche se solo la domanda si stabilizza (invece che scendere come ha fatto finora a causa della recessione dilagante). Inoltre nel programma di Obama c’è l’introduzione della carbon tax che rende il gas naturale (energia pulita) avvantaggiato e da questo lato quindi è prevedibile un futuro aumento di domanda a prescindere dalla recessione. Intuile dire che se il mercato percepisce qualcosa di simile, il rialzo può essere notevole, a causa delle ricoperture dei ribassisti.
Si conclude con : petrolio a 52(maggio) gas naturale a 4,23(aprile) oro a 955(aprile) argento a 13,8(maggio) platino a 1114 (aprile) palladio a 209(marzo) rame a 180(maggio).

CAMBI: il dollaro sbriciolato e il caso Italia
L’indice del dollaro ha finito la settimana con una perdita del 4,1% a  83,8 (+ 3% dall’inizio dell’anno). Ha perso contro tutti, soprattutto con le valute più legate alle commodities come la corona norvegese(+7%) e i dollari neozelandese ed australiano(+6 %) ma ha anche perso molto con l’euro che ha recuperato il 5% concludendo sopra 1,35; le perdite minori sono state con lo yen (+2%) e con la sterlina (+3%) vale a dire con le altre due che hanno annunciato la stampa di moneta (e quindi la diluzione del potere d’acquisto della propria valuta), e che restano quindi perdenti nei confronti delle altre valute che finora non l’hanno fatto. Adesso manca solo la BCE all’appuntamento, e se – come sembra di capire dalle dichiarazioni- è probabile che qualcosa faccia anche lei, è certo che in quel momento l’euro sarà venduto, e toccherà solo vedere come si andrà a classificare tra le perdenti. Viceversa se la Bce tenesse duro,  a parte un altro mezzo punto di taglio dei tassi,  astenendosi dalla sciagurata manovra di stampare nuova moneta per comprare titoli pubblici (le cose sono complicate dal fatto che vi sono più paesi) o titoli privati, allora l’euro potrebbe proseguire nel suo rialzo ben oltre 1,40 (sempre che i paesi dell’est resistano anch’essi), livello ormai a portata di mano dopo la puntata a 1,38 di questa settimana.
Sull’euro incombe però l’incognita dei debiti dei paesi più deboli, e qui spicca il caso Italia. Non a caso la propaganda Mediaset(cioè del governo) si sforza di dire tutti i giorni che “noi siamo messi meglio degli altri” che “dalla crisi ne usciremo meglio degli altri” e altre balle del genere. A prescindere dalle voci che circolano sui primi di giugno quando l’Italia potrebbe trovarsi in crisi di liquidità a fronte della mega scadenza di titoli pubblici che si potrà onorare solo se si trova chi li rinnova, la situazione italiana è resa drammatica (e lo testimonia il tasso richiesto dal mercato  sui nostri titoli decennali , non solo superiore del 50% a quello tedesco, ma anche superiore a quello della Spagna e solo di poco inferiore alla Polonia) proprio dall’esplodere dei debiti pubblici altrui. L’Italia con il suo debito pubblico, non solo enorme in rapporto al PIL ma anche in assoluto(il terzo al mondo),e collocato per oltre la metà all’estero,  finora aveva beneficiato della mancanza di concorrenza di altri debiti pubblici e della rete di protezione data dall’euro ( infatti nel 1992 quando c’era la lira  si rischiò il default, pur con un debito inferiore). Adesso con l’esplosione dei debiti pubblici nel mondo, la concorrenza aumenta e la monetizzazione della BCE potrebbe rappresentare una momentanea ancora di salvezza, ma ciò indebolirà l’euro, e in prospettiva il rischio di tassi più alti aumenta, con i ben noti problemi di avvitamento della spirale debitoria per un paese come il nostro che già paga ogni anno 70 miliardi solo di interessi(di cui la metà all’estero).

OBBLIGAZIONI:   la montagna e il topolino
 Negli USA  i futures sul tasso a tre mesi scadenza dicembre 2009 quotano 1,4% (-20 cts. rispetto a 7 giorni fa), il libor a tre mesi è    al 1,22%(-10 cts.) e ad un anno al 2,01%(-22 cts.); i bot a 3 mesi   allo 0,21%(-0 cts.). I rendimenti dei bonds  a 2 anni  a 0,84%(-7 cts.); a 5 anni al 1,6%(-22 cts.); il decennale al 2,65% (-23 cts); a 30 anni al 3,71%(+4 cts.). Scende   il differenziale tra 2 e 10 anni  a 181 (-16 cts.).Scendono  i tassi sui mutui a tasso fisso trentennali (-5 cts.  al 4,98%)  e quindicennali(-3 cts. al 4,61) ma salgono quelli a tasso variabile ad un anno (+11 cts. al 4,91%). In calo i differenziali sui bonds aziendali, in parallelo con il rimbalzo della borsa, ed i rendimenti degli obbligazionari dei paesi emergenti, con i bonds brasiliani  al 6,56%  sul decennale (i messicani  al 6,2%), e quello del decennale giapponese (1,26).
  In Europa  i  tassi euribor  scendono ancora:  ad un mese  al 1,19% (-7 cts.) a tre mesi al 1,59%(-6 cts.) ad un anno  al 1,9%(-6 cts.). I rendimenti sui bund tedeschi  fermi sul 2 anni al 1,32%(-1 cts.) e  in calo sul decennale al 2,97% (-9 cts.) per cui lieve flessione del  differenziale tra 2 e 10 anni (+165 cts.) meno di  quella americana, perchè il differenziale con i bonds USA sale  a +32 cts. per il bund sul decennale in misura maggiore di quanto non faccia sulla scadenza a due anni (+48 cts.)  sempre a favore del bund: è l’effetto della monetizzazione annunciata dalla Fed che trascina un pò solo i bund lunghi, frenati dalla positività dell’azionario.
La montagna ha dunque partorito il topolino in termini di tassi d’interesse. A parte infatti la sparata inizale dei bonds che sul decennale sono arrivati fino al 2,45% subito dopo l’annuncio della FED, alla fine dei conti la settimana si chiude con cali modesti tra i 10 e i 20 cts. per la maggior parte dei tassi, con quelli sui mutui che sono l’obiettivo prioritario in questa fase, restati quasi fermi; da notare inoltre che il trentennale ha invece perso qualcosa, segno che un minimo di razionalità esiste, perchè è chiaro che l’inflazione aumenterà e andarsi a prendere oggi un tasso fisso bloccato al 3,7% per i prossimi 30 anni è un atto irrazionale, comunque lo si voglia vedere. Per ottenere questo topolino  la Fed ha annunciato un inondazione monetaria di ulteriori 1,25 trilioni di dollari  che raddoppia di colpo quanto fin qui fatto portando a 3 trilioni il totale . Di questi 1,25 trilioni, 300 miliardi andranno a comprare titoli di Stato (a 2 e a 10 anni nei prossimi 6 mesi); 750 miliardi andranno a comprare carta ipotecaria  e 200 miliardi altri debiti emessi da Fannie Mae e Freddie Mac. A questo ritmo la FED avrà stampato moneta a fronte del 60-70% di tutti i  mutui emessi quest’anno. Quindi, monetizzazione del debito pubblico e di quello ipotecario privato. Che ne diranno i loro principali creditori , i cinesi, che la scorsa settimana avevano lanciato un “avviso”? questa settimana si è saputo che le riserve valutarie cinesi sono scese di 30 miliardi a gennaio, ed è la prima volta che succede. Questo significa non solo che la Cina non può comprare nuovo debito americano, ma anche che deve iniziare a vendere qualcosa dell’esistente; e la FED la sostituisce, così trasformando geneticamente il sistema: non più uso di risparmi esistenti(quelli dei cinesi), bensì inflazionamento “tout court”. Dunque se anche gli acquisti della Fed possono sembrare una protezione nei confronti del prezzo dei bonds americani detenuti dai cinesi (ammesso e non concesso che riescano a sostenerli), certamente vi è però un deprezzamento della valuta e un contemporaneo aumento delle materie prime, per cui i sudati risparmi dei cinesini parcheggiati in titoli americani in realtà perdono valore.

BORSE:  storno iniziato
La seconda onda correttiva sullo sp500 che si attendeva questa settimana è arrivata  giovedì pomeriggio, da un livello un pò più alto rispetto al previsto. Dunque tutto pare procedere senza sorprese. Riepilogando: dopo il minimo a 667 del 6 marzo, lunedì 9 la chiusura avveniva  a 677 ed il giorno successivo in scia al discorso tenuto da Bernanke e all’annuncio di risultati positivi per le banche salvate, iniziava un rally del 6% che sarebbe poi andato avanti nei giorni successivi, fino a ricevere l’ultima spinta questo mercoledì 18 con l’annuncio della monetizzazione della  FED , arrivando fino a 803, +20% dal minimo del 6 marzo. Questa prima gamba del rimbalzo è dunque finita  dopo 8 giorni lavorativi, e da giovedì 19 è inziata la correzione, che si è già spinta fino al secondo livello di supporto a 768, chudendo appena sopra. La discesa da 803 a 768 (35 punti) costituisce già il 25% di ritracciamento dei 136 del rialzo da 667 a 803: in teoria dunque potrebbe anche essere già finita. E’ più probabile però che si arrivi almeno al 38% (750) se non al 50% (735), e che la durata sia di almeno 3-4 giorni; quindi lo sp500 dovrebbe scendere ancora per i prossimi due-tre giorni, se non per  tutta la settimana considerando che l’estensione del ritracciamento può anche arrivare al 62-75% cioè fino 720-700, prima di riprendere a salire nella terza onda , la più corposa del ciclo attesa arrivare verso 900.  A parte i dati ed eventuali notizie impreviste, i due catalizzatori più logici per questi movimenti sono il piano Geithenr che verrà reso noto lunedì (e che potrebbe quindi deludere facendo scendere il mercato azionario), e poi il tanto strombazzato meeting del g20 del 2 aprile, in vista del quale la borsa speranzosa potrebbe tornare  a salire.
Si conclude con Dow a 7278 +0,9% ( -17% da inizio 2009) SP500 a 768 +1,7%(-15%) Nasdaq100 a 1187 +1,6%(-2%)Russell +1,8%(-20%) Trasporti +4%( -29%) utilities +8,3% (-13%) semiconduttori -0,6% ( +3%) Broker +0,5%( -7%) Banche +1,7%( -41%).Il rapporto tra put e call sale a 0,9 e  l’indice della volatilità VIX sale  a 46.
 Il Nikkey giapponese  a 7946 +5,5%(-10% da inizio 2009),  il Dax a 4069 +3%(-15%)  il cac francese a 2791, il footsie inglese a 3843 spmib a 14948 e mibtel a 11368 +6% (-13%). Tra gli emergenti: Brasile +3%(+7%) Russia +7% (+10%) India +2,4%(-7%) Cina +7%(+25%).

PREVISIONI:  l’ennesimo piano sui titoli tossici
La settimana inizierà con l’annuncio del Tesoro americano di un nuovo piano da 1 trilione di dollari per eliminare i titoli tossici dai bilanci delle banche. Lunedì usciranno inoltre le vendite di case esistenti negli USA e la bilancia commerciale europea. Martedì ci sarà una sfilza di interventi davanti al parlamento americano, da Bernanke al ministro del tesoro Geithner. Mercoledì arrivano le vendite di nuove case e l’andamento degli ordini di beni durevoli americani, mentre in Europa uscirà l’IFO (indice di fiducia delle imprese tedesche). Giovedì i dati monetari europei, e dall’altra sponda dell’atlantico : disoccupati settimanali, la stima finale del PIl nel quarto trimestre, ed un altra sfilza di interventi di fed boys. Infine venerdì gli indici dei prezzi al consumo tedeschi, gli ordini industriali europei, redditi e consumi americani a febbraio.
Inutile dire che l’evento principale almeno nella prima parte della settimana sarà l’accoglienza del piano. La scorsa volta vi fu un crollo della borsa causato dalla mancana di dettagli e dalla nebuosità del medesimo. Geithner è stato molto criticato, e già si è parlato di sue dimissioni (con Obama che ha dovuto dire che lui le respingerà). Si sa già che si vuole creare una nuova entità gestita dall’ente federale che garantisce i depositi bancari (FDIC) il quale dovrebbe con soldi stampati per la bisogna prendersi in carico i famosi titoli tossici, lasciando così spazio nei bilanci delle banche per nuovi prestiti all’economia.Insomma l’ennesimo salvataggio-regalo alle banche.  L’altra volta si parlava però di partecipazione dei privati per una gran parte, e questo ovviamente fece partire i fischi del mercato perchè è chiaro che in questa fase non ci possono essere capitali privati disponibili a una simile regalìa. Questa volta i privati dovrebbero sparire dal piano che ricadrebbe quindi interamente sulle spalle dei contribuenti (è così anche se viene monetizzato dalla Fed). L’accoglienza sarà determinante per l’andamento dello sp500 nei prossimi giorni. Se sarà negativa, si avrà il completamento della fase ribassista già inizata, come sopra illustrato(e potrà essere più o meno profonda); se viceversa dovesse essere positiva,la correzione potrebbe essere già finita.
 http://michelespallino.blogspot.com/


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