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LiveSicilia.it / Cronaca / “Sono l’uomo invisibile di Favignana”

“Sono l’uomo invisibile di Favignana”

La testimonianza
di Redazione
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(Questa lettera è stata pubblicata dal sito www.Radiocarcere.com il 12 aprile 2007, è una testimonianza sulle condizioni dei detenuti nel carcere di Favignana).

La mia pena?  Tre anni in una cella messa a dieci metri sotto il livello del mare.  Così si sconta, ancora oggi, una condanna nel carcere dell’Isola di Favignana.  Una vecchia nave mi ha portato da Trapani a Favignana. La Pietro Novelli della Siremar.
Dovevo capire dalla traversata, cosa sarebbe stata la mia detenzione. Ammanettato mi hanno chiuso sotto, ovvero dentro un piccolo magazzino messo in un lato della stiva, dove ci sono le automobili. Un incidente e avrei fatto la fine del topo.
Il viaggio: chiuso in quel magazzino e seduto su corde, bidoni ed altri attrezzi. Come una bestia. Arrivati a destinazione, c’è voluto poco a raggiungere il carcere. Ad andare di nuovo sotto.A Favignana, infatti, a pochi metri dalla piazzetta dove d’estate si prende l’aperitivo, c’è il carcere. Superato il portone del carcere: silenzio. Mi turbava quel silenzio. Sembrava di stare in un monastero. Si chiude il portone dietro di me. Davanti: solo una discesa che porta sotto. Il carcere di Favignana è tutto sotto terra. Gli uffici, l’infermeria, le celle.
Scendo all’ufficio matricola, scendo in infermeria e alla fine scendo in cella. Dieci metri sotto il livello del mare. Quando si dice toccare il fondo. Entrato in cella, capisco quel silenzio. Una vera e propria caverna. Sotto terra e senza finestre. Lì sotto, solo pareti intorno a noi.Lì sotto un muretto separava la cella dal cesso. Cesso con un piccolo fornello da campo per farci la pasta.
Lì sotto altri 3 detenuti pallidi e muti interrompevano un sonno sedato per darmi un’occhiata. Lì sotto c’era la muffa, l’umidità, gli intonaci che si staccavano.Vado al cesso, apro il rubinetto per bere.Qualcuno sulla branda ride, mentre mi sente sputare.
Lì sotto l’acqua non si può bere, perché è salata. È quella del mare.Così è iniziata la mia detenzione a Favignana. E così è continuata. Una vita da sepolti vivi. Una vita sempre uguale e degradata, a cui non riesci ad abituarti. Ti senti una merda e non ti abitui a stare chiuso in cella (senza finestre) per 22 ore al giorno. Ti senti una merda e non ti abitui ai topi che stanno in cella con te. Non c’è mai abitudine alla perdita di dignità.Ti senti solo sgretolare piano, piano. Ti abitui a capire se il mare è mosso, perché le onde sbattono sui muri delle celle. Ti abitui a capire quando arriva l’aliscafo, perché un altro tipo di onda sbatte sui muri della cella. Ma non ti abitui a fare l’ora d’aria in un cortile che sta a 10 metri sotto terra. Cielo a quadretti anche di giorno e la fine del muro di cinta al livello del mare. Ogni tanto qualcuno di noi provava a saltare per riuscire a vedere qualcosa che non fosse muro. Una mano sulla spalla di un compagno era il punto di appoggio per conquistare un po’ panorama.
“Hai visto qualcosa?” “No, niente è troppo alto il muro”. In un angolo un vecchio detenuto si godeva la scena e scuoteva la testa. Non capiva l’inutile tentativo. L’orizzonte, lui, l’aveva dimenticato. Poi di nuovo in cella. In quella cella. Alcuni detenuti fortunati potevano andare ogni tanto nella “saletta artigianato”. C’è un tavolo e qualche attrezzo. Per noi detenuti a Favignana quella pena non aveva domande o alternative, né misure alternative. Se uno di noi chiedeva di parlare con l’educatore, rischiava di prendere rapporto. Io sono uscito con l’indulto, se no stavo ancora il quella topaia. In un carcere così tu detenuto sei un numero. E come numero non puoi chiedere più di tanto. Succede che qualche detenuto non ce la fa più e protesta. Allora loro lo mettono nella cella di isolamento. La colpa: essersi ricordato di esser un uomo. Lo lasciano nudo, in mutande, al freddo. Senza neanche il materasso, ma solo la rete di ferro per dormire. Io l’ho visto un ragazzo messo all’isolamento. Dovevo pulire lui e la cella.
C’era uno schifo che non ti dico…poveraccio.  Un paio d’anni fa un ragazzo si è impiccato in quella cella. Non ce l’ha fatta a resistere.  Il carcere di Favignana sembra fatto a posta per farti sentire una merda. Anche il solo mangiare è occasione per avvilirti. 19 euro a settimana, questo è quanto il carcere spende per far mangiare un detenuto.  Mò, con 19 euro a settimana, che manco un cane, cosa potevamo mangiare? Sbobba. Sbobba condita. E sì perché il carrello col vitto ce lo portavano in cella passando dal cortile esterno del carcere.  E qui sta il bello! Quando pioveva ci arrivava la pasta piena di pioggia, e quando c’era il sole i piccioni ci facevano i bisogni dentro. Nel carcere di Favignana non ti puoi lamentare col direttore perché non c’è.
Lì c’è solo, come lo chiamiamo noi, Barbabianca. Io da poco sono uscito, ma nel carcere di Favignana ho conosciuto l’ansia.
Oggi, a pochi mesi dalla libertà, sembro un reduce di guerra. Di notte ho gli incubi.  Spesso sono depresso. Mi aiuta lavorare, vado avanti con 309 euro al mese.  Ma la cosa più difficile per me non è andare avanti. È dimenticare. Dimenticare quella pena.
Dimenticare il carcere dell’isola di Favignana, e gli occhi di chi sta ancora lì sotto.
Claudio 35 anni

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Tags: carcere · favignana · isolamento · radio · sbarre

Pubblicato il 24 Marzo 2009, 07:32
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Commenti
  1. laura 12 anni fa

    Ricorda il Conte di Montecristo. Nonostante i secoli di differenza.

    Rispondi
  2. Rox 12 anni fa

    Il nonno di mio nonno era un patriota del Risorgimento italiano, e nell’ottocento è stato un detenuto politico nel carcere di Favignana. Nella mia famiglia si sono tramandati i racconti di questa prigionia, il nonno stava in una cella con l’acqua che arrivava sempre a metà gamba, dormiva su un tavolaccio.. un inferno. Ogni tanto ci capita di andare a Favignana e diciamo sempre la stessa cosa: i tempi per fortuna sono cambiati, il nuovo carcere dall’esterno sembra un edificio pulito ed efficiente, nessuno – qualunque cosa abbia fatto – può al giorno d’oggi essere rinchiuso in simili condizioni. E invece no, a quanto pare. Il racconto di questo detenuto è agghiacciante, non trovo altri termini. Mi chiedo come si può mangiare con 19 euro.. cosa gli danno? un litro di latte a settimana, un paio di chili di pasta, qualche scatola di pomodoro.. niente verdura, frutta e carne, immagino. Soli, abbandonati senza neanche la possibilità di chiedere un sostegno psicologico.. la pena dententiva dovrebbe svolgere tre funzioni: allontanare la persona pericolosa dalla società per impedirgli di causare altri danni, punire la persona per il reato commesso e, soprattutto quando si è condannati a pene di pochi anni, cercare di recuperare il cittadino che ha sbagliato. Mi vergogno, perché da noi funziona così: chi ha commesso delitti efferati esce dopo pochi anni, chi invece viene condannato per reati minori, deve subire tutto questo.

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  3. annunci gratuiti 12 anni fa

    mai piangere sul latte versato

    Rispondi
  4. Elio 9 anni fa

    Sembra incredibile. Non ho parole

    Rispondi
  5. Cetty 5 anni fa

    Fammi capire….volevo divano e play station?

    Rispondi
  6. ciro 3 anni fa

    io ci sono stato non voglio ricordare

    Rispondi

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