La ripresa tra germogli e dubbi - Live Sicilia

La ripresa tra germogli e dubbi

ECONOMIA: germogli verdi L'operazione mediatica che ha campeggiato nelle ultime settimane è stata battezzata "germogli verdi": i dati più recenti suggerirebbero che tali germogli di una primavera economica stiano veramente sbocciando. Nonostante ci si muova sempre all'interno di un quadro di recessione globale, non ci sono dubbi che il ritmo della contrazione ha iniziato a rallentare alla fine del primo trimestre, anche in Europa e Giappone, oltre che negli USA ed in Cina. Globalmente le statistiche mostrano che il manifatturiero è in miglioramento
La Nota sui mercati
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ECONOMIA: germogli verdi
L’operazione mediatica che ha campeggiato nelle ultime settimane è stata battezzata “germogli verdi”: i dati più recenti suggerirebbero che tali germogli di una primavera economica stiano veramente sbocciando.
Nonostante ci si muova sempre all’interno di un quadro di recessione globale, non ci sono dubbi che il ritmo della contrazione ha iniziato a rallentare alla fine del primo trimestre, anche in Europa e Giappone, oltre che negli USA ed in Cina. Globalmente le statistiche mostrano che il manifatturiero è in miglioramento dopo la caduta libera di fine 2008 e inizio 2009. Alcune economie in via di sviluppo come quella cinese stanno in realtà crescendo in valore assoluto, mentre quelle dei paesi sviluppati sono ancora in netta contrazione.  In parte, l’aggiustamento delle scorte che segue alla brusca riduzione delle medesime  nel momento in cui le imprese prendono coscienza della situazione, contribuisce a una ripresa della domanda , ma per avere una ripresa sostenibile è necessario che vi sia un incremento nella domanda degli utenti finali. Un altra condizione necessaria per una ripresa globale è la fine della crisi del mercato immobiliare, non solo negli USA; per ora in molti mercati i prezzi delle case paiono lontani dalla fine della loro discesa, e l’invenduto accumulato resta molto alto. Inoltre c’è il rischio che il recupero dei prezzi delle materie prime soffochi ogni tentativo di ripresa sostenibile, se viene a pesare sulla produzione industriale e sui consumatori. Il recente aumento, guidato in parte dalla domanda cinese per energia , rame, etc., ha contribuito a far risalire l’indice del costo del trasporto navale delle commodities, il Baltic Dry shipping index. Comunque, dato l’eccesso di scorte esistente, i prezzi potrebbero restare sotto controllo, anche perchè – sebbene il finanziamento dei commerci non sia più boccato come all’inizio dell’anno- i traffici commerciali continuano ad essere deboli come evidenziato dagli ultimi dati cinesi ed americani.
Naturalmente l’effetto delle manovre monetarie fiscali senza precedenti si sentirà, ed è stato già recepito dai mercati finanziari che hanno fatto fare un rimbalzo poderoso alle borse, ed hanno rimosso gli impedimenti nel credito interbancario. Il punto è capire se hanno ragione loro, e quindi il peggio è definitivamente passato, oppure se stanno prendendo un altra cantonata, come quella che presero nel settembre-ottobre del 2007. Facciamo dunque questo  punto macroeconomico per aree geografiche, e vediamo dove in realtà ci si trova dal punto di vista dei dati statistici.

USA
I germogli verdi apparsi negli USA da inizio anno, e che stanno dando speranza al resto del mondo, sono i  pagamenti governativi, i salari del settore pubblico  e gli sconti commerciali, che hanno fatto aumentre il reddito personale disponibile, e quindi i consumi e le vendite al dettaglio nel primo trimestre, nonostante la caduta di marzo, perchè l’ottimismo sulla ripresa ed i tagli alle tasse hanno migliorato il sentiment del consumatore. Ma questo miglioramento potrebbe rivelarsi non sostenibile nei prossimi mesi perchè il numero di occupati sta riducendosi vistosamente, i salari sono stagnanti, e l’impatto dello stimolo fiscale nonchè di quello relativo al calo del prezzo della benzina si sono esauriti; soprattutto vi è il bisogno di aumentare i risparmi.
Ne consegue che, se le vendite restando deboli, l’attuale livello delle scorte deve continuare a ridursi nei prossimi mesi, con effetti negativi anche sui partner commerciali esteri.
Europa
Anche se la  Commissione europea, il FMI, e l’ OECD hanno rivisto al ribasso le loro previsioni per la crescita 2009 adesso fissata al -4% ,  nell’eurozona vi sono indicatori economici che ad aprile hanno iniziato a mostrare un miglioramento. In particolare gli ordini manifatturieri tedeschi sono saliti su base mensile, confermando i sondaggi sulla fiducia delle imprese, migliorati anche se persistono in territorio recessivo. Analoghi miglioramenti sono stati citati per Francia ed Italia che potrebbero aver superato il punto di picco negativo maggiore. Ma, ovviamente, quando si parla di miglioramento rispetto ad un -24% nella produzione industriale su base annua, c’è poco da festeggiare, e ancor  meno da illudersi. Ad esempio , in Inghilterra si cercano germogli nel bastonatissimo settore immobiliare, e si è contenti per una riduzione nel ritmo di decremento dei prezzi delle case che hanno perso il 15% negli ultimi 12 mesi. Ma la disoccupazione continua ad aumentare ed è ai livelli più alti dall’ultima crisi britannica del 1996-97.
Russia
Nonostante la ripresa nei prezzi delle materie prime non si vedono germogli verdi  in Russia dove l’economia è stimata in contrazione del -7% nel 2009, e la situazione appare peggiore rispetto a quella dell’ultima crisi russa del 1998. La disoccupazione ha superato il 10% a marzo, e nonostante i sussidi statali non accenna a fermarsi. L’aumento del prezzo del petrolio sopra quota 50 certamente aiuta i russsi, ma  anche a questo livello non è sufficiente a compensare la perdita di reddito in corso, costringendo ad attingere ai risparmi, per cui le vulnerabilità finanziarie possono tornare a pesare sulla crescita futura, anche se la ripresa alla fine iniziasse davvero.
Asia
Le esportazioni sono crollate tra il  20% ed il 40% su base annua, a cavallo del passaggio di anno, a causa dell’eccesso di scorte. Adesso il ritmo di contrazione delle esportazioni si sta riducendo e le tigri asiatiche a cominciare da febbraio hanno registrato dei miglioramenti su base mensile. Le esportazioni verso la Cina, di cui una larga parte viene poi riesportata in Occidente, sono in recupero mentre lo stimolo fiscale cinese ha aumentato la domanda per prodotti asiatici, come si vede chiaramente dalle statistiche sulla produzione industriale e sulle destinazioni della  medesima. Andando avanti, il trend appare dipendere dal ritmo dell’aggiustamento delle scorte e dalla stabilizzazione della domanda occidentale e cinese. In ogni caso l’intensità della crisi attuale è di gran lunga superiore a quella registrata nel 2001  e nella crisi asiatica del 1997-98.
Giappone
Qui c’è chi vede dei germogli verdi, perchè la produzione industriale è salita dell’1,6% a marzo sul mese precedente(ed è il primo incremento da sei mesi) e lo stesso per le esportazioni (+2%). Inoltre ci si aspetta che il mega stimolo fiscale annunciato ad aprile di quasi 150 miliardi di dollari , fornisca una forte spinta nel prossimo futuro. Ma se si va a guardare sotto la superficie si vede che la produzione su base annua resta sotto del 35%, un collasso vero e proprio simile a quello subìto da esportazioni e investimenti. Poichè è proverbiale l’anemicità della domanda interna, appare chiaro che l’eventuale sviluppo di germogli dipenderà come sempre dal futuro corso dell’export e quindi dell’economia mondiale, in particolare quella americana.
Cina
Per ora presenta la situazione migliore, e il massiccio programma di investimenti e crediti governativi paiono portare a una ripresa in valore assoluto dopo la stagnazione degli ultimi due trimestri. Gli indicatori manifatturieri sono già sopra la soglia di 50, quindi in terreno espansivo, e la disoccupazione sembra stia rallentando la sua crescita, anche se sui dati cinesi non ci si può certo fare il minimo affidamento. Comunque anche il mercato immobiliare residenziale sta migliorando almeno nei volumi transati, e dunque nella riduzione dell’invenduto. La produzione industriale a marzo ha avuto un balzo dell’8%, ma la domanda di elettricità ha continuato a ridursi ad aprile, per cui una rondine non fa primavera. Soprattutto rimane incerto se i cinesi possono stimolare la domanda interna in modo sufficiente a sopperire alla contrazione di quella estera, svincolandosi  da un modello interamente basato sulle esportazioni. Se non sarà così, l’aumentata produzione potrebe contribuire solo ad aumentare l’eccesso di scorte.

Tirando le somme, in questa primavera, nel mondo ci sono alcuni germogli verdi che apparentemente indicano ripresa futura, ma il clima economico resta invernale, e una vera ripresa, nonostante tutta la droga monetaria iniettata in dosi senza precedenti, non appare imminente.Mentre è ovvio che il ritmo e la profondità della contrazione vada rallentando, fisiologicamente, dedurre da ciò che si è in presenza di una vera e propria alba della ripresa, è quanto meno azzardato.

MATERIE PRIME: il rapporto tra petrolio ed oro
Tranne i preziosi, sostenuti dalla correlazione inversa con la propensione verso il rischio, il comparto ha risentito dell’andamento negativo delle borse: l’oro conclude con +1,6% (+5,6% da inizio anno), l’argento fermo (+24%), il gas naturale lascia quasi il 5%(-27%),  il petrolio -3,6% (+27%), il rame – 6% (+43%) mentre gli agricoli oscillano intorno al 2% di perdite. L’indice generale CRB -3% (+3%). La Cina comunque continua ad aumentare le sue importazioni di energia (ad aprile +13% rispetto ad un anno prima) e di rame (+7% nel solo ultimo mese).
Dal punto di vista delle correlazioni, è interessante monitorare l’andamento del rapporto tra prezzo dell’oro e  del petrolio, che in sostanza esprime il prezzo della materia prima più importante (il petrolio) per il modello di sviluppo attuale, in termini dell’unica moneta non cartacea, e millenaria: l’oro. Mettendo al numeratore il prezzo dell’oro per oncia in dollari e al denominatore il prezzo di un barile di petrolio anch’esso in dollari, si viene a sapere quanti barili di petrolio si comprano con un oncia d’oro: alla chiusura di venerdì scorso, 31 grammi di oro (un oncia) compravano 16,5 barili. Negli ultimi 40 anni questo rapporto ha fluttuato tra massimi in area 30 e minimi in area 10 con puntate occasionali sotto e sopra questi livelli. La correlazione mostra come un rapporto in salita  indichi un peggioramento nelle attese sulla crescita economica  e una riduzione nella  propensione per il rischio. In tali casi infatti si preferisce comprare oro(bene rifugio) e vendere petrolio, o almeno favorire l’oro in termini relativi (quindi se scendono entrambi, l’oro scende meno del petrolio); e viceversa. Non a caso il valore massimo (da 14 anni), pari ad oltre 26, è stato raggiunto a febbraio di quest’anno ed è interessante osservare come la sua discesa abbia anticipato il minimo delle borse avvenuto il  6 marzo quando questo rapporto era già sceso a 21. L’ottimismo economico degli ultimi due mesi ha consentito al petrolio un rialzo del 60% dai minimi di febbraio, ben superiore al rialzo di appena il 12% registrato dall’oro (dai minimi di gennaio) e questo spiega la caduta da 26 a 16(-37%).
Adesso l’analisi tecnica del rapporto oro-petrolio (nonostante la recente discesa si mantiene sopra la media a 200 giorni) induce a pensare che esso torni a salire, il che vorrebbe dire una nuova fase di pessimismo sulla crescita economica e di avversione per il rischio. Se si verificherà uno scollamento (come a febbraio nella situazione opposta) tra questo rapporto in salita e le borse che continuano a crescere (o a resistere)  anch’esse, allora si avrà un importante indicazione ulteriore per capire che la caduta di queste ultime  è imminente.
Si conclude con : petrolio a 56,3(giugno) gas naturale a 4,11(giugno) oro a 931(maggio) argento a 13,9(maggio) platino a 1109 (luglio) palladio a 227(giugno) rame a 203(maggio) soia a 1130(luglio) oro-petrolio a 16,5.
CAMBI: intervento sul franco svizzero
L’indice del dollaro ha recuperato lo 0,6% questa settimana tornando a quota  83 (+ 2,1% da inizio anno). Il dollaro ha perso contro yen (3,5%) che ha beneficiato ancora di più della correzione su azionario e materie prime, ed ha guadagnato altrettanto con le valute commodities, guadagnando l’1% con l’euro.
I prezzi al consumo americani hanno mostrato la tendenza a salire se depurati da petrolio e alimentari:+0,3% nel mese si aprile, con un incremento annuo dell’1,9%. Nel frattempo i flussi di capitale a marzo hanno mostrato una tenuta della domanda estera per carta americana, portando a 56 miliardi (dai 22 di febbraio), il totale di acquisti netti di azioni e obbligazioni. Invece sul fronte europeo i dati sono stati deludenti; il PIL del primo trimestre è risultato in contrazione più del previsto (-2,5%)con la Germania in caduta libera a -3,8% la peggior performance dal 1970, ed anche l’italietta con il suo -2,4% ha fatto un record negativo da quando è iniziata questa serie storica, cioè dal 1980, ma nessuno se ne deve preoccupare perchè il capo del governo dice che è soprattutto un fatto psicologico:-))). Complessivamente sono salite le probabilità che la BCE tagli ancora i tassi e/o che aumenti l’importo di moneta stampata. L’Euro pertanto ne ha risentito, scendendo per la prima settimana dopo un mese, in correlazione all’inversione delle borse, perdendo soprattutto contro yen, ma i movimenti non sono comunque risultati estremi, perchè la retorica generale è stata improntata a maggior ottimismo per il trimestre in corso. EUR/USD, incapace di superare 1,374 conclude  poco sotto 1,35 e quindi ben sopra 1,334 che è il pavimento del range in essere e che potrà venire messo alla prova nei prossimi giorni se la borsa prosegue nella sua discesa.
Questa settimana nel finale si è distinto il franco svizzero che è crollato venerdì dopo che la Banca Centrale Svizzera ha cercato di intervenire al ribasso, verbalmente. Fin dal primo intervento del 12 marzo, EUR/CHF aveva ritracciato circa il 50% del rialzo intervenuto da 1,46 a 1,54 tra il 10 e il 17, e  nel tentativo di interrompere questo recupero la banca ha detto che avrebbe impedito un ulteriore apprezzamento del franco rimandando al 2010 un possibile punto di svolta per l’economia svizzera. Così EUR/CHF è balzato da 1,5 a 1,515 e la prossima settimana dovrà dimostrare se è capace di proseguire.
OBBLIGAZIONI: il disastro sanità-pensioni
Negli USA  i futures sul tasso a tre mesi scadenza dicembre 2009 quotano 0,95% (-15 cts. rispetto a 7 giorni fa), il libor a tre mesi è    al 0,82%(-12 cts.) e ad un anno al 1,65%(-13 cts.); i bills a 3 mesi   allo 0,08%(-10 cts.). I rendimenti dei bonds  a 2 anni  a 0,79%(-13 cts.); a 5 anni al 1,97%(-15 cts.); il decennale al 3,13% (-16 cts); a 30 anni al 4,08%(-18 cts.). Sostanzialmente stabili il differenziale tra 2 e 10 anni   a 234 (-3 cts.)ed  i tassi sui mutui a tasso fisso trentennali (+0,2 cts.  al 4,8%)   quindicennali(+0,2 cts. al 4,5) mentre scendono quelli a tasso variabile ad un anno (-0,7 cts. al 4,7%). In lieve aumento i differenziali sui bonds aziendali, in parallelo con la correzione della borsa, ed i rendimenti degli obbligazionari dei paesi emergenti, con i bonds brasiliani  al 6%  sul decennale, mentre scende quello del decennale giapponese (1,42) .
Pure in Europa  i  tassi euribor  scendono ancora:  ad un mese  al 0,83% (-4 cts.) a tre mesi al 1,26%(-6 cts.) ad un anno  al 1,65%(-5 cts.). I rendimenti sui bund tedeschi in ribasso sul 2 anni a 1,26%(-5 cts.) e soprattutto  sul decennale a 3,36% (-9 cts.) per cui scende il  differenziale tra 2 e 10 anni a +210 cts. ;  il differenziale con i bonds USA aumenta ancora  (+23 cts.) sia per il bund sul decennale che sulla scadenza a due anni (+47 cts.)  sempre a favore del bund.
La dimensione del bilancio della FED è salita di un altro 5% la scorsa settimana in seguito agli acquisti effettuati di titoli di Stato e di titoli basati su ipoteche, nel tentativo di mantenere artificialmente bassi i tassi d’interesse. Il tesoro USA da parte sua ha sovvenzionato con ben 22 miliardi le compagnie di assicurazione fatte rientrare nell’ambito del salvataggio denominato TARP. Tutta questa massa di sussidi statali sta facendo scendere sempre più in basso il costo dell’indebitamento bancario così come misurato dal libor su tutte le scadenze , ed anche la differenza tra quanto pagato dal tesoro e quanto pagato dalle banche sulla scadenza a tre mesi è tornata a livelli che non si vedevano dal 2007 prima che iniziassero a  emergere i segnali della crisi dei subprime.
Questa settimana ha tenuto banco il discorso di Obama sulla riforma del sistema sanitario americano. I dati del governo mostrano come tale sistema e quello pensionistico siano entrambi su una traiettoria insostenibile: entro il 2016 i soldi saranno finiti. Non ci sono soluzioni alternative: o si aboliscono queste funzioni statali o si aumentano le tasse per finanziarle. Semplice, semplice. Stime realistiche misurano nell’80% l’aumento delle tasse necessarie per poter far fronte alle attuali obbligazioni sanitarie. Questo non succederà. Dunque la situazione resterà insostenibile fino al momento in cui -come sempre accade con le situazioni insostenibili- ci sarà il crack. I media hanno titolato “Obama Says US Long-Term Debt Load is ‘Unsustainable.'” Il probema è che non si capisce cosa voglia fare, visto che al contempo sta aumentando follemente il deficit per far ripartire l’economia. Pensa forse che poi l’economia ripartirà a un ritmo tale da non solo ripagare i nuovi debiti freschi freschi appena fatti, bensì anche da recuperare un deficit sanitario e pensionistico accumulatosi poprio negli anni “ruggenti”? Per ora parla di riduzione dei costi, e di rendere la spesa sanitaria più efficiente, ma pare francamente difficile che ci possano essere margini così elevati dal lato del risparmio dei costi. A meno di non eliminare fasce intere di assistenza , come ad esempio quella degli ultimi anni di vita delle persone che assorbe circa il 30% delle spese totali. Ma è un pò difficile immaginare una società che butti i nonnetti dai dirupi, i tempi di Sparta sono ben lontani. D’altro canto non si dovrebbe poter pensare di ricevere finanziamenti senza limiti, e senza provocare un rialzo dei tassi d’interesse che poi si mangerebbe tutta l’economia. Eppure nelle segrete stanze evidentemente sperano che il rapporto debito/PIl possa salire continuamente. Lo pensavano anche per il debito personale  e aziendale: si è visto quale è stato il risultato. Adesso i governi(non solo quello americano) stanno facendo la stessa cosa , spingendo il rapporto debito/PIL fino al punto di rottura che, sicuramente, verrà raggiunto. Altro che crisi finita, e nel 2010 ripresa, etc.: la verità è che  si sta correndo incontro a una catastrofe senza precedenti.
BORSE:  correzione
Dopo nove settimane di  rally con una sola settimana al ribasso (-0,5%) ed un guadagno complessivo del 39% dal minimo, finalmente la tanto attesa correzione è arrivata, ma ancora una volta – per il momento – è restata nei limiti del 5-6% sugli indici USA, oltretutto  in un contesto di mercati asiatici misti, ed europei in correzione anche minore. I dati macro hanno mostrato debolezza ma ad un ritmo in decelerazione, anche se le vendite al dettaglio (-0.4%) hanno fatto peggio delle attese, a differenza della produzione industriale (-0.5%). Nel frattempo avanza il debito pubblico, con il deficit di bilancio ad aprile (mese in cui si incassano le tasse) pari a -21 miliardi contro i +159 di un anno fa. Ma sui mercati regna il mantra dei “germogli verdi” lanciato da Bernanke qualche settimana fa nel tentativo di sostenere la fiducia dei mercati.Come più volte scritto, con la manovra monetaria e fiscale senza precedenti in atto, è comprensibile che abbia avuto successo questa mossa del ragno per attirare nella sua tela i creduloni.
Tecnicamente gli sviluppi procedono grosso modo in linea con le previsioni. Dopo il massimo di ottobre  2007 a 1576 di sp500, la borsa è scesa in tre ondate principali ( Marzo 2008 a 1257, Maggio 2008 rimbalzo a  1440 e  Marzo 2009 nuovo minimo a 667) che hanno costituito il primo ciclo ribassista (A). Al loro interno ognuna delle citate ondate si è suddivisa in serie da 5, rispettando lo schema classico di Elliott denominato zig-zag: 5-3-5. Adesso si sta sviluppando un ritracciamento(B) di tutto il primo ciclo A, atteso essere (in base anche ai precedenti storici) di circa il 50%. E’ iniziato il 6 marzo scorso a 667 e dovrebbe quindi spingersi fino a 1000-1100 (a secondo se il 50% lo si misura a partire da 667 o da 1576): ha già fatto 263 punti pari al +39% dal minimo, il che significa essere già arrivato a 70 punti dal target più basso a quota mille. Quando questo ritracciamento (B) finirà, inizierà un altro ciclo ribassista (C) della durata di almeno altri 18 mesi, che -nel migliore dei casi- sarà un altro zig-zag con obiettivo a 400 (ma può arrivare anche fino a 100 cioè ai livelli nominali del 1980). E’ evidente che in questo scenario non c’è posto per alcun “germoglio verde” bernankiano, semmai per germogli appassiti velocemente.
Restringendo lo zoom alla B in atto, finora il suo sviluppo non è stato dei più cristallini, avendo assunto la forma di triangoli diagonali: il primo concluso a fine marzo a 833, seguito da una correzione di 53 punti a 780; il secondo a metà aprile a 876, poi corretto di 49 punti a 827; infine, il terzo conclusosi a 930 la scorsa settimana e che ha corretto in questi giorni scendendo venerdì fino a 879, cioè -51 punti. Notare le simmetrie. Per l’immediato futuro  ne derivano due possibilità. La prima è che l’attuale correzione prosegua fino a raggiungere dimensioni di 100-130 punti (quindi fino a 830-800), dando così corpo a una vera e propria onda correttiva intermedia, finita la quale il rialzo riprenderà verso 1000-1100. La seconda è che la correzione di questa settimana sia già finita, configurandosi come una quarta onda all’interno dello sviluppo partito da 780 e che vede la prima a 876, la seconda a 827 , la terza a 930 ed ora appunto la quarta a 879, cui seguirebbe quindi la quinta che in questo caso è più probabile si esaurisca in area mille. Non appena  lo sp500 chiuderà sotto 876 questa seconda possibilità abortirà.
Si conclude con Dow a 8268 -3,6% ( -6% da inizio 2009) SP500 a 883 -5%(-2%) Nasdaq100 a 1355 -2,8%(+12%)Russell -7%(-5%) Trasporti -9%( -14%) utilities -5% (-12%) semiconduttori -3% ( +14%) Broker -9%( +18%) Banche -16%(-17%).Il rapporto tra put e call scende a 0,8 e  l’indice della volatilità VIX sale  a 33.
Il Nikkey giapponese  a 9265 -1,8%(+4,6% da inizio 2009),  il Dax a 4737 -3,6%(-1,5%)  il cac francese a 33169, il footsie inglese a 4348 spmib a 19548 e mibtel a 16082 -3,7% (+3,5%). Tra gli emergenti: Brasile -4,7%(+30%) Russia -0,7% (+48%) India +2,5%(+26%) Cina +0,6%(+45%).
PREVISIONI:  c’è poco
Il calendario si presenta leggero. Lunedì e martedì dati sull’edilizia USA, mercoledì la pubblicazione dei verbali della FED, giovedì indicatori anticipatori e il  Philly FED, venerdì infine Bernanke parlerà al Boston College Law school. Magari dirà qualcosa su cosa ha deciso il gruppo di  Bilderberg (scherzo).
Dopo un periodo pieno di dati fondamentali con eventi come lo Stress Test sulle banche, può sembrare quindi una settimana ideale per la permanenza in range.Dopo tutto il gran parlare di “germogli verdi”, confermato da alcuni dati come ad esempio la fiducia dei consumatori che ha concluso la scorsa settimana, i mercati saranno lasciati a trastullarsi nel loro dubbio amletico: gli USA hanno iniziato a guidare una ripresa economica per quanto graduale?
Nel frattempo però è sempre possibile che i mercati vengano bruscamente turbati da qualche evento che rilanci l’avversione per il rischio.Molti hanno criticato i test sulle banche, il cui esito ha così tanto aiutato le borse a riprendersi, e se arriva qualche notizia che dimostri la fondatezza di queste critiche, si potrebbe precipitare in un altra fuga dal settore con tutto quello che comporta.
Dai verbali della FED si cercherà di capire se l’ottimismo rilanciato nelle ultime dichiarazioni è lì presente (la riunione si è svolta il 28-29 aprile); in fondo nei precedenti verbali campeggiava ancora l’ipotesi che la recessione sarebbe continuata per tutto il 2009 , e che solo nel 2010 ci sarebbe stata la ripresa. Se invece, incoraggiati dagli ultimi dati, gli gnomi di Washington accorciano i tempi della loro previsione, anticipando la ripresa già nel 2009, questo potrebbe rilanciare borsa, rendimenti e materie prime, tornando a deprimere il dollaro.
Tra i pochi dati in arrivo nella settimana, invece, non ce n’è nessuno in grado di muovere realmente le attese, ma quelli sull’edilizia saranno osservati con attenzione per vedere se confermano l’apparente miglioramento della situazione rispetto ai picchi negativi, perchè il settore immobiliare è stato l’epicentro della crisi e quindi viene visto anche come potenziale fonte di ripresa.

http://michelespallino.blogspot.com/


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