"La mia lotta per diventare donna | E adesso voglio sposarmi" - Live Sicilia

“La mia lotta per diventare donna | E adesso voglio sposarmi”

Il processo sul pizzo ai trans
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L’ultima battaglia è quella per la carta d’identità. Quando vedrà stampato “Monica” al posto di “Salvatore”, allora si sentirà definitivamente accettata. Un paradosso, perché lei, 25 anni appena, non sa né leggere e né scrivere. Analfabeta. Eppure quei segni che non sa decifrare le sono costati cari. Te lo dicono i suoi grandi occhi chiari: le botte della vita, quelle le ha ben comprese tutte. Una vita da vagabonda fra i 13 ed i 16 anni, prostituta tra i 23 ed i 24. Rifiutata dalla famiglia in un primo momento, derisa ed umiliata dal suo paese, Misilmeri, da quelli che la sfottevano quando batteva. Costretta – come racconta – a pagare il pizzo per occupare un angolo di marciapiede in via Lincoln, picchiata se non rendeva abbastanza. Oggi è una delle testimoni nel processo a carico di Monica Camilla Perez ed Angelo Gargiulo, accusati di aver sfruttato un giro di prostituzione transessuale e di maltrattamenti. Dice di essere felice adesso: convive con Marco (che si è innamorato di lei vedendola proprio su quel marciapiede), vuole prendere la terza media ed aprire un centro estetico.
“Durante l’adolescenza – spiega Salvatore/Monica Alaimo – mi sono accorta che non ero come gli altri. Mi sentivo femmina ed ero attratta dai maschi. A 13 anni l’ho confessato a mia madre…mi hanno buttato fuori”. Ultima di sette figli, padre imbianchino, madre impiegata in uno studio medico, la scuola non le è mai piaciuta (“preferivo restare a casa, è colpa mia se non so leggere”), ma quando si ritrova per strada sono proprio i suoi compagni ad aiutarla. “Dormivo sui gradini di una chiesa, non avevo come lavarmi e per mangiare potevo contare su qualche amico che mi invitava a casa sua”. Fino ai 16 anni è una guerra continua con la famiglia: “Mi facevano tornare – racconta – ma dopo pochi giorni venivano fuori i soliti discorsi ‘tagliati i capelli, comportati da uomo’ e mi ritrovavo di nuovo per strada”. Ad un certo punto, ci ha quasi ripensato: “Per non perdere la mia famiglia – prosegue – mi sono data una sistemata: ho tagliato i capelli e sono partita per Padova con un amico. Avevo deciso di fare il muratore. I miei però mi hanno chiesto di tornare ed ho accettato a patto che mi avessero presa per quello che ero, Monica e non Salvatore”. Tra alti e bassi, funziona. Monica è seguita da alcuni assistenti sociali che riescono a metterla in contatto con l’ospedale San Camillo di Roma. “Ho fatto colloqui con degli psicologi e cure ormonali – dice – in vista dell’intervento definitivo, che ho fatto nel 2007”. I suoi la aiutano per le spese di viaggio, l’operazione è stata a carico del sistema sanitario nazionale. E’ donna ormai, le mancano solo i documenti che non sa leggere, eppure finisce sul marciapiede: “Non riuscivo a trovare un lavoro e non potevo permettermi nulla…C’era anche il seno da rifare”. Qui sarebbe entrata in gioco Perez alla quale Alaimo sostiene di aver versato circa 28 mila euro, come tangente per prostituirsi e come affitto per la stanza di vicolo Mori, che Perez avrebbe messo a disposizione per gli incontri coi clienti. “Mi minacciava, mi ricattava, mi picchiava – dice Monica – voleva regali e compagnia…Io davo le mie carni e alla fine i soldi dovevo consegnarli a lei. Ho sempre avuto paura di denunciarla, ci sono riuscita solo due mesi fa. I miei clienti? Tanti. Uomini sposati, ragazzi, magari gli stessi che passavano per urlarmi che ero un frocio. Alzavo la gonna per mostrare che non era così. Io ero già donna”. Per lasciarla libera, Perez le avrebbe chiesto 3 mila euro. “Le ho dato la metà e poi sono scappata da Palermo con Marco. Siamo andati a Napoli, avevo paura di lei. Quando abbiamo saputo che era ai domiciliari siamo ritornati”. Anche Marco sta pagando per la sua scelta, essersi innamorato di un’ex prostituta, di un uomo che è diventato donna. “La mia famiglia non accetta – spiega con amarezza – ma non importa. Appena Monica avrà le carte ci sposeremo. Non ero un suo cliente, no…la vedevo per strada, mi piaceva e lo ho semplicemente chiesto di seguirmi”.


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