Se l'economia è appesa a un filo - Live Sicilia

Se l’economia è appesa a un filo

La nota sui mercati
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18 min di lettura

ECONOMIA: appesi a un filo
Negli USA sono usciti i dati sui flussi finanziari nel primo trimestre 2009. Tra tutte le statistiche è quella che mi interessa di più, perchè rappresenta dati contabili nominali non alterati da stime ed  indici di inflazione più o meno fasulli. Ne vengono fuori tre verità cristalline: 1) non c’è alcun collasso creditizio 2) la crisi è pagata dalle famiglie 3) il futuro è appeso al sottile filo della fiducia nei titoli di Stato. Vediamo perchè.
Il credito totale (finanziario e non finanziario) è aumentato di 372 miliardi nei prime tre mesi dell’anno, pari a un incremento del 3% annuo, e comunque superiore di oltre il 4% rispetto a 12 mesi prima. Parlare di “collasso” credtizio è quindi sbagliato e non vero. L’unico settore che vede una riduzione del credito è quello delle FAMIGLIE (-1%) anche se la componente ipotecaria  resta costante, ed in miglioramento rispetto agli ultimi trimestri del 2008 in cui si era contratto, restando sostanzialmente sui livelli di un anno fa. Il credito alle IMPRESE nel complesso è stazionario nel trimestre, ma  cresce del 3% rispetto a 12 mesi prima.  A fronte di questa tenuta del credito alle imprese e della lieve contrazione di quello alle famiglie, emerge un impennata del credito STATALE: +22% su base annua. Lo stock di debito del tesoro sale di 466 miliardi nel trimestre, ma non c’è solo lui: lo stock di debiti di Fannie e Freddie, ormai nazionalizzate, si è espanso di altri 260 miliardi, e si ritrova a +7% rispetto a un anno fa. Se si aggiungono ai debiti del Tesoro e a quelli delle agenzie, anche quelli del comparto ipotecario garantiti dallo Stato, su base annua si arriva (al ritmo tenuto nel primo trimestre) ad avere una crescita pari a ben oltre  2 trilioni di dollari: stiamo infatti parlando di oltre 600 miliardi nel trimestre pari al +16% annuo, che portano lo stock a oltre 15 trilioni e cioè ben oltre il PIL. Già nel 2008 la crescita era stata di oltre 2 trilioni, e cioè quasi il 100% della crescita del credito totale, mettendo così in evidenza il principale aspetto di questa nuova grande Bolla della finanza pubblica: senza di lei il paese implode.
Coloro che parlano di collasso creditizio guardano solo ai dati stagnanti del credito bancario, alla contrazione del giro di affari delle grandi di  Wall Street, all’inaridimento del mercato delle commercial paper; ma ignorano la sopraillustrata massiccia espansione del debito statale e parastatale, cui va aggiunto anche il boom dei debiti a livello municipale. Il +4% complessivo di tutto il credito non finanziario del primo trimestre sarà inoltre certamente superato nel secondo trimestre.

Qual’è stato l’effetto sull’economia reale di tutto ciò? che il reddito nazionale nel primo trimestre è sceso di appena 48 miliardi su base annua, restando a quota 12,2 trilioni; una contrazione  nettamente inferiore a quella registrata nel quarto del 2008 (189 miliardi) . Il totale dei salari e stipendi è rimasto sui livelli nominali di 12 mesi prima. Ergo: i 2 trilioni e passa di nuovo indebitamento statale sono riusciti a stabilizzare il reddito nazionale. Vittoria….. di Pirro, perchè la sostenibilità e le conseguenze di questa nuova bolla creano le basi per una futura crisi ben superiore. Ed in ogni caso è certo che per tenere l’economia a galla sono ormai necessari almeno due trilioni di nuovo indebitamento, anno dopo anno. Ma ciò porta con sè una serie di  problemi a cominciare dall’ amplificazione delle distorsioni globali finanziarie ed economiche.
Naturalmente, l’inflazionamento comportato dalla Bolla della finanza pubblica sarà di natura diversa rispetto all’inflazionamento indotto dalla bolla di Wall Street, orchestrata negli anni scorsi dalla FED, perchè il principale meccanismo di inflazione monetaria si è spostato dai bilanci di Wally ( cartolarizzazioni, pronti termine,  hedge funds, etc.) ai vari comparti della finanza pubblica. Pertanto c’è da aspettarsi uno spostamento duraturo nel flusso finanziario che si allontana dai mercati dei cespiti patrimoniali (case, azioni) con importanti conseguenze per la ricchezza delle famiglie e quindi per la loro capacità di spesa e di risparmio. Non a caso sono state le famiglie che hanno già pagato il conto della crisi, come si evince dal fatto che, nonostante lo stimolo senza precedenti del governo, le loro attività patrimoniali  sono  scese di 1,4 trilioni nel primo trimestre del 2009, facendo salire la perdita degli ultimi 12 mesi alla cifra record di 10 trilioni di ricchezza persa (-13,5%), il che porta l’ammontare totale delle attività indietro a quota 64,5 trilioni,  livello di fine 2005. Questa perdita di 10 trilioni è dovuta per quasi 8 agli assets finanziari (-16%, azioni in primis) e per oltre 2 agli assets immobiliari(-10% il prezzo delle case). Poichè le passività delle famiglie si sono ridotte di appena il 2% rispetto a 12 mesi prima, la ricchezza netta ammontante a 50 trilioni, è scesa di quasi 10 trilioni (-16%) rispetto a un anno fa, ed ha continuato a scendere nel primo trimestre 2009 al ritmo del 10% annuo.
Nel frattempo, sul fronte internazionale, i dati relativi ai flussi con il resto del mondo, mostrano che quest’ultimo ha ridotto i suoi crediti a  tutti i settori tranne che a quello statale: nel primo trimestre ha assorbito titoli del tesoro per oltre 600 miliardi portandone lo stock detenuto a 3,3 trilioni. Quindi i creditori esteri  hanno chiuso il rubinetto  a famiglie ed imprese, ma non allo Stato americano, e ciò diviene un fattore chiave, che contribuisce ad un alterazione dei flussi finanzari nell’economia USA, perchè lo Stato deve sostituirsi a loro, riciclandone i fondi. Il che dovrebbe essere letto come un forte segnale di pericolo:  il processo cruciale di riciclaggio si potrà continuare a fare solo fin quando la percezione dei creditori esteri sull’affidabilità dei titoli di stato americani resterà positiva. Et après le deluge.

Mentre i dati parlano forte e chiaro, Obamone fa un pò di “ammoìno” ed esegue gli ordini rimpinzando di poteri sempre maggiori la disastrosa Fed, per regolare il meccanismo creditizio di Wall Street. Sarebbe carino se facesse sapere a quale regolatore nel nuovo regime verrà affidato il compito di proteggere il sistema dagli eccessi della finanza pubblica governativa. Naturalmente già si sa la risposta: a nessuno. Stesso problema di sempre: non solo nessuno interverrà per bloccare la Bolla, bensì per giunta un coro di voci si leverà trovando sempre una scusa, una giustificazione, una razionalizzazione, per negarne l’esistenza e per dire che non è assolutamente opportuno nè il momento adatto per frenare l’indebitamento pubblico. Così un bel giorno (si fa per dire) sarà il vecchio mercato, per quanto malmesso,  a innescare la Crisi. Ma, questa volta, non si potrà più ricorrere all’intervento salvifico dei governi, perchè saranno loro ad essere scoppiati insieme alle loro finanze.
MATERIE PRIME: sale solo il gas
In perfetta correlazione con le borse, scendono le materie prime e si ferma il rialzo del petrolio anche nei confronti dell’oro, il cui rapporto risale a 13,5 mentre il differenziale oro-platino scende a 276 punti. L’oro per il momento ha tenuto il supporto qui indicato di area 920, e potrebbe aver finito la fase correttiva iniziata dopo il rialzo arrivato fino a 989; se parte la terza della terza rialzista l’obiettivo minimo è 1055. Ricordo infatti che per l’oro si può fare il seguente conteggio a partire dai minimi a 680 dell’ottobre 2008: una prima onda al rialzo di 326 punti che lo portò a superare quota mille a febbraio, una seconda al ribasso che ha ritracciato poco meno del 50% arrivando a 860 a metà aprile, ed ora una terza al rialzo che finora ha a sua volta presentato una prima onda minore al rialzo arrivata fino a 990 (+130) seguita dalla seconda minore di correzione che è stata esattamente il 50% (-65); questo naturalmente se 925 tiene, in tal caso la terza onda minore dovrebbe essere di ampiezza almeno pari alla prima e quindi portare fino a 1055(+130) per agosto. E’ uno scenario che sarebbe coerente sia con una ripresa della paura verso il rischio e quindi con borse in calo, sia con una nuova caduta del dollaro, e nel primo caso potrebbe riportare il rapporto oro-petrolio verso 18-20.
Per la settimana però l’oro scende dello 0,4% (+6% da inizio anno),molto meno dell’argento -4,5%(+26%). Scendono anche gli industriali: il rame – 5,7%(+60%), il petrolio -3,5% (+56%); l’unica eccezione a+5% (-28%) è  il gas naturale che si è mosso con correlazione inversa alle borse e quindi alle altre materie prime, incluso il petrolio:  il rapporto petrolio-gas scende così a 17,2. Tutti gli agricoli in calo. L’indice generale CRB perde 3,6% (+10%).
Si conclude con : petrolio a 69,5(luglio) gas naturale a 4,04(luglio) oro a 935(giugno) argento a 14,2(giugno) platino a 1211 (luglio) palladio a 245(giugno) rame a 225(giugno) soia a 1179(luglio) oro-petrolio a 13,5.
CAMBI: il dibattito europeo
L’indice del dollaro è rimasto poco mosso con +0,2% concludendo a 80,3 (-1,5% da inizio anno).Rispettando il copione che vede scattare acquisti di yen quando scendono le borse, il biglietto verde ha perduto con la valuta giapponese oltre il 2% ma ha recuperato sulle valute commodities e sull’euro (+0,5%). Nel complesso si è trattato di un consolidamento, come si evince dall’indice generale che resta appena sopra al supporto transitante per quota 80; d’altro canto la resistenza è in area 81,5 per cui questo periodo di stallo  finirà con la rottura in un senso o nell’altro che darà la direzione ad un movimento più ampio.
Questa settimana non  ci sono stati segni di crescita nella zona euro tali da giustificare la fine degli stimoli governativi , eppure le dichiarazioni rilasciate dai ministri finanziari riuniti a consesso sono andate in questa direzione.L’euro quindi si trova anche lui immerso nell’incertezza che ne deriva, con gli operatori che cercano di determinare se si procederà dando per scontato una ripresa imminente, e nel dubbio se poi ciò non si rivelerà un errore. Nel frattempo,  se le autorità europee sono più orientate a restringere appena possibile  rispetto alla media mondiale, c’è una notevole diversità al loro interno tra le opinoni della BCE e quelle dei politici. Nei mesi passati la banca ha assunto un atteggiamento più neutrale e non  ha fermato la discesa dei tassi se non all’1%. Il punto di maggior contenzioso al suo interno è stato quello relativo al programma di stampa di moneta con acquisto di covered bond, che Trichet ha detto partirà a Luglio, usando inoltre un linguaggio che lascia aperta la porta ad ulteriori allentamenti monetari se ce ne dovesse essere bisogno. Per contro, i governi si presentano più fiduciosi circa l’imminente ripresa, ed hanno detto che i primi segni sono già visibili, anche se le previsioni ufficiali parlano di una contrazione del PIL del -4% nel 2009 e di un -0,3% nel 2010.
Il dibattito tra Europa e resto del mondo, verte invece su quanto, e per quanto ancora, dovrà essere il supporto extra dei governi all’economia. Nel G8 dello scorso weekend, gli anglosassoni si sono schierati per una difesa ad oltranza delle manovre di spinta e per ritardare il più possibile il rientro nei deficit pubblici fino a quando non vi sarà proprio un evidenza schiacciante di ripresa economica. Invece l’asse franco-tedesco spinge in senso opposto, preoccupato che deficit ormai proiettati al 6% del PIl per quest’anno, diventino un problema fuori controllo.A complicare le cose ci sono nuove stime di ulteriori perdite per il sistema bancario europeo che la BCE stima in altri 283 miliardi (e il FMI ancora di più) cui si aggiunge  la paura di default nei paesi dell’est europeo, e ciò mentre nessun paese europeo vuole comunicare i risultati degli stress test cui hanno sottoposto i propri sistemi bancari, il che autorizza i peggiori pensieri in materia.
OBBLIGAZIONI: quando la curva cambia
 Negli USA  i futures sul tasso a tre mesi scadenza dicembre 2009 quotano 1,06% (-5 cts. rispetto a 7 giorni fa), il libor a tre mesi è    al 0,61%(-1 cts.); i bills a 3 mesi   allo 0,18%(-0 cts.). I rendimenti dei bonds  a 2 anni  a 1,19%(-7 cts.); a 5 anni al 2,78%(-0 cts.); il decennale al 3,78% (-1 cts); a 30 anni al 4,5%(-14 cts.). Sale il differenziale tra 2 e 10 anni   a 259 (+6 cts.), fermo tra 5 e 10 (1%). I saldi settimanali non mostrano però che nella prima parte della settimana, coevamente alla discesa della borsa, le ricoperture si erano intensificate portando i rendimenti fino a 3,6% sul decennale; nel finale, il recupero della borsa e l’avvicinarsi delle nuove pesanti nuove emissioni della prossima settimana,  hanno risospinto al rialzo i rendimenti. Parziale rientro anche della recente impennata dei tassi sui mutui a tasso fisso trentennali (-21 cts.  al 5,38%)   quindicennali(-17 cts. al 4,89) e a tasso variabile ad un anno (-9 cts. al 4,95%). In rialzo  i differenziali sui bonds aziendali,   in rialzo i rendimenti degli obbligazionari dei paesi emergenti, con i bonds brasiliani saliti al 6,3%  sul decennale, in ribasso il rendimento del decennale giapponese (1,44) in coerenza con il recupero dello yen.
Scendono in Europa i  tassi euribor:  ad un mese  al 0,94% (-3 cts.) a tre mesi al 1,22%(-6 cts.) ad un anno  al 1,60%(-8 cts.). I rendimenti sui bund tedeschi  sul 2 anni crollano a 1,45%(-23 cts.) e  sul decennale flettono a 3,50% (-13 cts.) per cui sale il  differenziale tra 2 e 10 anni a +205 cts. ;  il differenziale con i bonds USA  sul due anni scende nettamente a +26 , mentre  sul decennale l’inversione prosegue  a +28 cts. a favore del bond. C’è dunque movimento sulle curve, che significa?

Le grandi manìe sono state metodiche nel loro ciclo di euforia e successiva depressione. La prima ben documentata risale al 1720, ed ora siamo giunti alla sesta, ed è affascinante osservarne la regolarità del cammino attraverso il tipico post-scoppio bolla: adesso a 20 mesi dallo scoppio, siamo nell’imminenza di un altra fase di stress sul mercato creditizio globale. Il segnale dell’inizio della crisi è dato proprio dall’inversione nella curva dei rendimenti. Di solito, il  boom può durare anche 12-16 mesi da quando inizia tale inversione che è causata dalla domanda di fondi degli speculatori, la quale spinge al rialzo i tassi a breve termine più velocemente di quanto non accada a quelli a lungo termine. Il pensiero ortodosso si preoccupa quando vede salire i tassi a breve, ma La Storia mostra che i problemi iniziano quando la curva comincia a irripidirsi con  i tassi a breve che iniziano a scendere più velocemente di quelli a lunga.Vuol dire infatti che la speculazione sta battendo in ritirata, restituisce i fondi, e si chiude in difesa: lo schiacciamento dei tassi sui bot(bills, negli USA) verso lo zero ha inequivocabilmente preavvisato che la fase di manìa speculativa era finita e arrivava il suo inevitabile collasso.
L’ultima crisi è stata preceduta dall’inversione della curva ad inizio 2006, ed è arrivata 16 mesi dopo; il passo successivo è stata la decelerazione del credito durante l’estate del 2008, ed ha anticipato il  crash autunnale come era successo nel 1929 e nel 1873.Anche in quelle occasioni era poi seguito un forte ritorno dello spirito speculativo nella primavera seguente, così come è successo nel 2009 da marzo fino ad ora, coinvolgendo titoli spazzatura, materie prime e mercati azionari, soprattutto gli  emergenti.
Cosa ci indica la Storia per il prosieguo?  Giugno è il mese del destino, e il segnale chiave è un altro cambiamento della curva dei rendimenti, questa volta verso l’appiattimento, che viene poi seguito da un ampliamento dei differenziali sui titoli aziendali. Quando l’irripidimento partì nel 2007, l’opinione della massa nei confronti del settore bancario era positiva perchè si ritiene che le banche guadagnino di più in una situazione in cui vi è un differenziale più elevato tra breve e lungo termine; in realtà -per il motivo sopramenzionato – era il segnale della bufera in arrivo che avrebbe travolto proprio le banche. Adesso la tendenza all’appiattimento emersa durante giugno  ha anticipato questa prima discesa delle borse osservata questa settimana, ed  il settore bancario è di nuovo il più vulnerabile. Soprattutto quello europeo.
BORSE:  ribasso iniziato?
“L’allinearsi di tutte queste simmetrie, e l’evidenziarsi di significative divergenze dell’ RSI su varie scale temporali, sono altri elementi che fanno propendere per una prossima uscita al ribasso dall’attuale range. Ma serve la sopramenzionata conferma, perchè un mercato inflazionato può sempre sorprendere per durata e resistenza”. Così ragionavo sette giorni fa e così è stato: lo sp500 ha rotto il supporto a 925 ed è sceso fino a quasi 900. Adesso la domanda è se siamo di fronte all’inizio della seconda grande caduta delle borse, oppure se si tratta di un semplice ritracciamento del recente rialzo correttivo, cui seguirà quindi una prosecuzione del rialzo medesimo verso area 1000-1100. Dirò subito che non c’è modo per dirlo, ma sono chiari i parametri per identificare  l’ipotesi giusta dal comportamento successivo. Nel frattempo ho iniziato a prendere una posizione al ribasso sotto forma di opzioni con largo respiro temporale che mi consente di avere un piede dentro all’ipotesi di ribasso, ma al contempo non mi crea grossi problemi se questo scenario va rimandato. Quando ci saranno conferme ulteriori la posizione ribassista verrà resa più consistente.
Ma ricapitoliamo.
Innanzitutto resta molto forte la convinzione che le borse torneranno a scendere, come minimo fino a ritestare i livelli di inizio marzo, ma più probabilmente fino a un altro -50% dai livelli attuali se non peggio. Storicamente, analoghe cadute della borsa sono durate da un minimo di 2 anni a un massimo di 5 anni; quella in corso ha impiegato 17 mesi per raggiungere il primo minimo intermedio e si trova adesso ad aver compiuto un rimbalzo di tre mesi pieni. Sempre storicamente questo tipo di rimbalzi ha una durata media di 5 mesi e una ampiezza del 50% o di recupero dai minimi o di ritracciamento della precedente caduta. Applicando questi parametri si arriva a determinare un estensione massima al rimbalzo in corso che va da 1000 a 1120 per lo sp500. E’ dunque possibile che la discesa di questa settimana (restata tra l’altro nelle dimensioni medie delle altre discese avvvenute in questi tre mesi, cioè 55 punti) sia solo una correzione , e che il rimbalzo riprenda e duri fino ai primi di agosto toccando uno dei due livelli sopracitati. Però i 3 mesi e mezzo già passati, e il +43% già toccato a quota 956, si avvicinano alla media storica, e non si può certo pretendere che ci sia una precisione millimetrica. Pertanto è anche possibile che il rimbalzo sia finito, e che questa settimana si sia assistito al primo gradino della lunga discesa che attende la borsa, seppur attraverso il consueto procedere sinusoidale , composto da zig-zag e da fasi di oscillazioni laterali.
Analizzando la discesa dal massimo di 956 durata una settimana, si osserva un impulsività contenuta ma uno sviluppo elliottiano da manuale a 5 movimenti: discesa fino a 936(-20) rimbalzino a 946(+10) discesa a 920 (-26) altro rimbalzino a 928(+8) e caduta finale  a 904(-24). Dopodichè si è verificato un classico ABC correttivo così articolato: rimbalzo fino a 918(+14) ritracciamento a 909(-9) e allungo fino a 927(+18); nel complesso 23 punti, il 44% dei 52 della discesa.  La chiusura a 921  potrebbe segnalare l’inizio della terza onda al ribasso che si concretizzerà con la perforazione di 904 e il raggiungimento dell’ obiettivo minimo a 876 qui identificato da tempo come un supporto chiave, la cui rottura confermerebbe lo scenario ribassista. Viceversa , la capacità di risalire sopra 936 , darebbe credito all’ipotesi opposta sopracitata e rimanderebbe l’appuntamento con il ribasso, ma fin quando lo sp500 si tiene sotto 936 lo scenario più probabile resta quello del ribasso.

Si conclude con Dow a 8539 -3% ( -3% da inizio 2009) SP500 a 921 -2,7%(+2%) Nasdaq100 a 1471 -1,2%(+21%)Russell -2,7%(+2,5%) Trasporti -4,3%( -9%) utilities -1,4% (-6,5%) semiconduttori -3,8% ( +25%) Broker -5%( +27%) Banche -3,4%(-16%).
Il rapporto tra put e call fermo a 0,86 e  l’indice della volatilità VIX fermo  a 28.
 Il Nikkey giapponese  a 9786 -3,4%(+10,5% da inizio 2009),  il Dax a 4839 -4,5%(+0,4%)  il cac francese a 3221, il footsie inglese a 4344, ftsemib italia a 19347. Tra gli emergenti: Brasile -4%(+37%) Russia -10% (+60%) India -5%(+50%) Cina +5%(+58%).
PREVISIONI: arriva la FED
L’evento della settimana arriva alle ns. 20,15 di mercoledì quando il Federal Open Market Committee (FOMC) farà il suo comunicato. La riunione di giugno è particolarmente importante perchè precede un vuoto di 7 settimane (la prossima è ad agosto), e perchè esprime le previsioni su crescita del PIL, disoccupazione e inflazione. Le attese sono ovviamente per tassi fermi nel range  0-0,25  e la conferma che lì resteranno per tutto il 2009, così come era stato anunciato già fin da gennaio e poi ribadito nelle riunioni successive. Inoltre ci si aspetta la conferma del programma di stampa di moneta in corso. Se così sarà, come molto probabile, non dovrebbero esserci scossoni sui mercati. Se però ci fosse l’annuncio di un incremento della quantità di nuova moneta stampata, il dollaro potrebbe prendere una legnata, mentre borsa e materie prime potrebbero benficiarne in prima battuta anche se poi è da vedere come sopporteranno l’impennata dei rendimenti sui titoli di stato che ne conseguirebbe. Sequenza inversa invece se la Fed dovesse ridurre il programma di stampa di moneta o non esprimere incoraggiamento circa il miglioramento dell’economia : sarebbe la borsa a prendere la tosata, mentre il dollaro rimbalzerebbe, ma i rendimenti salirebbero lo stesso. L’obiettivo della Fed  è invece tenere bassi i rendimenti, nonostante ciò contrasti con l’esigenza di piazzare la valanga di nuova carta debitoria del Tesoro, non far crollare il dollaro e sostenere la borsa. Per cui è probabile che il comunicato tenda innanzitutto a estirpare ogni aspettativa di fine della politica espansiva (già gli inglesi questa settimana si sono distinti nel confermare l’inflazionamento a mezzo presse di stampa, in reazione al gran parlare di exit strategy che si è fatto al G8), reiterando al contempo previsioni positive sull’inflazione che saranno usate per contrastare ogni potenziale rialzo dei rendimenti  dovesse seguire a una previsione di miglioramento della situazione economica prossima ventura. Bernanke parlerà il giorno dopo e questo potrebbe consentirgli di correggere il tiro se vede reazioni non gradite, anche se Bernanke sarà davanti al Congresso in veste di imputato per lo scandalo merril lynch-bank of america in cui è sospettato avere imposto l’operazione.
Il menù dei dati macro presenta l’andamento delle vendite di case esistenti, martedì, atteso in lieve miglioramento; non è un indicatore molto affidabile, essendo volatile, ma il mercato cercherà di trovarvi segni che la situazione del mercato immobiliare sta migliorando facendo seguito ai dati positivi di maggio su nuovi cantieri e licenze edili. Mercoledì anche le vendite di  nuove case e sarà il turno degli ordini di beni durevoli, attesi in calo dopo il balzo di aprile; a parte il dato complessivo, andrà guardato l’andamento degli ordini dei beni di investimento escludendo il settore aereo e la difesa, perchè è questo che rappresenta meglio l’andamento degli investimenti delle imprese: finora tale componente è restata sempre in rosso, e se sarà ancora così non darà sostegno ai facili ottimismi sui “germogli verdi” della ripresa. Giovedì ci sarà il dato finale sul PIL del primo trimestre, che potrebbe avere effetti solo in caso di sensibili scostamenti rispetto al -5,7% comunicato nella seconda stima. Infine venerdì si chiude con l’andamento dei redditi e dei consumi delle famiglie nel mese di maggio, che usciranno insieme al dato finale dell’indice di fiducia del Michigan.
http://michelespallino.blogspot.com/

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