"Chiude anche l'ultima speranza" - Live Sicilia

“Chiude anche l’ultima speranza”

Il caso Maiorana, lo sfogo di Rossella Accardo
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4 min di lettura

Non bastavano la scomparsa di un figlio e la morte dell’altro, l’indifferenza di alcuni parenti e il dolore che scava dentro, ogni  giorno, senza sosta. Rossella Accardo, madre di Stefano e Marco Maiorana, il primo scomparso col padre, il secondo vittima del suo suicidio, deve  subire un’altra umiliazione, un altro fallimento, una delusione inaspettata.
“Architettura e Arte”, lo studio in via Quattro Aprile 7, da lei  ristrutturato e inaugurato solo pochi anni fa, chiude i battenti. Ed è con le  lacrime agli occhi che questa donna dai capelli ramati e il viso dolce racconta  di come sia difficile separarsi da un posto considerato parte di sé: “Ho  aperto nel novembre del 2006. Esattamente tre anni fa. Questo studio mi ha dato  la forza per andare avanti, dopo la scomparsa di Stefano. È stato uno stimolo  anche produttivo. Ho cercato di dare vita a quella rivoluzione culturale che  dovrebbe scuotere le coscienze di tutti”. Si riferisce a mostre fotografiche,  sulla storia di Palermo. A esposizioni di minerali e di fossili, a raduni  educativi, capaci di attirare anche i più diffidenti. Gente semplice, della  Kalsa o di piazza Marina, ragazzi abituati alla violenza, in famiglia e per  strada.
“Bisogna lavorare sui bambini, parte tutto da loro. Quando ho aperto lo  studio i ragazzini del quartiere venivano, sputavano, davano calci alle  vetrine. Oggi chiedono il permesso per entrare”. Rossella Accardo piange.  Ricorda quel fatidico 3 agosto, data indelebile nel suo cuore. La scomparsa.  E poi il 6  gennaio 2008. La morte di Marco, il figlio minore, ha segnato l’inizio di una
discesa sfociata oggi nella chiusura dello studio. Una tragica vicenda che l’ha
inglobata al punto da dedicarsi solo a manifestazioni e scioperi contro l’omertà, il silenzio, la paura. Digiuni, lotte continue, nelle piazze di Palermo  e nei paesi limitrofi insieme ai membri dell’associazione che presiede, Sicilia  Anno Uno. Un’organizzazione non lucrativa per il sostegno delle fasce deboli,  che ha lo scopo di promuovere la solidarietà tra i cittadini. E così, mese dopo  mese, Rossella dimenticava di pagare l’affitto, i clienti diminuivano e nessuno  organizzava più mostre ed esposizioni. Oggi l’ufficio è vuoto, solo qualche
scatolone e una gigantografia di un ragazzo sorridente, dagli occhi marroni e i
capelli rasati. Marco.
Rossella Accardo tiene il vangelo in mano, lo sfoglia e tra una pagina e l’altra spunta fuori un biglietto. Poche parole scritte col pennarello rosso: “Sei  una mamma molto speciale, sono fiero di te”. Era Marco. E lei non si trattiene: “Io mi  infervoro quando dicono che mio figlio si è suicidato. È stato ucciso dal
silenzio di tutti. Del padre, del fratello, e di chi sa ma non parla”. Non ha
dubbi, Rossella. Secondo lei Stefano e l’imprenditore Antonio Maiorana sono vivi. Forse  entrati in un vortice più grande di loro, fatto di intrighi e reati, minacciati  da qualcuno che li tiene in pugno.  “Io ho sempre lottato  per il bene – dice Rossella -. Ho educato Stefano e Marco con valori sani”.
Una tragedia entrata nelle case dei siciliani, nei cuori di tutti.
Stringendo tra le dita il rosario che porta al collo, Rossella lancia un appello allo Stato,  chiede un sostegno psicologico per tutte quelle famiglie vittime di storie
atroci come la sua: “Quando si è diffusa la notizia della scomparsa di Antonio
e Stefano nessuno, e dico nessuno, si è preoccupato di chiedermi se avessi un
lavoro, come campavo. Lo Stato non c’è. Otto mesi fa ho proposto un progetto a Raffaele  Lombardo. Un orologio digitale posizionato in trenta postazioni strategiche,  tra porti, aeroporti, caselli autostradali, per identificare immediatamente  persone scomparse. Mi ha stretto la mano e io, persona all’antica, ho pensato  che fosse una vera promessa. Non l’ho più sentito”.
Madre senza figli, architetto senza studio. Ma lei non si abbatte, guarda
avanti e investe le sue forze su un altro progetto, pensato col figlio minore,
in un momento di apparente serenità. Sì, perché a soli 23 anni Marco aveva una
gran voglia di dare al prossimo, di regalare amore e dedizione a chi stava
peggio. Un sogno infranto da un raptus fatale. In sua memoria Rossella aprirà
un centro di accoglienza auto sostenibile a Casteldaccia, che ospiterà ragazze
madri, barboni e diseredati. Verranno creati impianti fotovoltaici, si  coltiverà la terra per produrre cibi di agricoltura biologica. “Il nostro  slogan è ‘Coltiviamo uomini’. Tutto questo allo scopo di far capire come persone
di buona volontà possano vivere in pace senza essere corrotti, né ladri, né
assassini”.
Le brillano gli occhi mentre conclude con un aneddoto che ha dell’incredibile: “Ero in giro per sbrigare seccature burocratiche, anche abbastanza  nervosa e indaffarata. Squilla il telefono. Il notaio mi stava dando una  notizia fantastica. Avevo ottenuto l’atto d’acquisto per il terreno di  Casteldaccia. Me l’avrebbero consegnato il 24 Giugno. Il giorno del compleanno  di Marco”.

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