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Siciliani e bamboccioni

A 30 anni stanno con i genitori. Perché?
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Era l’ottobre 2007 quando l’allora Ministro dell’Economia, Tommaso Padoa Schioppa, coniò un nuovo vocabolo, tutto italiano, per definire i ragazzi di età compresa tra i 20 e i 30 anni che vivono ancora a carico dei genitori. Li chiamò “bamboccioni”, un termine che avrebbe suscitato un notevole scalpore. Sono trascorsi più di due anni e, ai primi passi del 2010, il tema, ancora caldo, si è riacceso sull’ugola del Ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta: “Facciamo una legge per far uscire di casa i ragazzi a 18 anni!” aveva esordito “provocatoriamente”, rispondendo alla sentenza del Tribunale di Bergamo che aveva ritenuto illegittimo il rifiuto di un artigiano trentino a mantenere la figlia 32enne, iscritta all’8º anno fuori corso dell’Università. Uno studio demografico, condotto dall’Istat nel dicembre 2009, riguardo alle difficoltà di transizione dei giovani allo stato adulto, ha dimostrato che, tra il 2003 e il 2007, solo il 20,8% di giovani tra i 18 e i 29 anni, hanno lasciato la casa dei genitori. Ma se al nord i giovani che hanno lasciato casa, lo hanno fatto soprattutto per esigenze di autonomia e indipendenza (38,4%), al sud, dove la maggior parte dei giovani rimane con mamma e papà per fattori culturali, chi ha lasciato casa, lo ha fatto soprattutto perchè prossimo al matrimonio (57,5%).
Forse, guardando ai giovani del resto del mondo, non c’è movente che possa giustificare la colpa di “bamboccionismo”, e forse ancora meno in un certo ambiente palermitano dove, intervistando giovani tra i 20 e i 40 anni, appartenenti a famiglie benestanti, abbiamo raggiunto, udite udite, addirittura il 97% di generici “bamboccioni” tra tutti gli intervistati. Su 100 persone, tra 20 e 40 anni, con cui abbiamo scambiato due chiacchiere, soltanto 3 (uno, due e tre),  vivono da sole, mantenendosi in tutto e per tutto. Certamente ognuno degli intervistati ha le sue buonissime ragioni. Eccoli.
Francesco A., 30 anni, e che dal 2007 lavora all’Assemblea Regionale, non si sente affatto un “bamboccione” perché almeno lui lavora regolarmente: “Non gravo sull’economia di famiglia, sebbene viva ancora a casa. E poi rientrando alle 10 di sera e lasciando casa alle 7.30 di mattina, non do fastidio ai miei e loro non ne danno a me. Anzi mia madre entrerebbe in crisi se decidessi di andare via”.
Nino B. 30 anni, deputato regionale…
Lorenzo M., dopo 4 anni a Londra sono tornato a Palermo da un anno e non essendo riuscito ancora a trovare lavoro, vivo a casa dei miei…
Antonio P. 29 anni, comunica ancora l’orario in cui rientrerà a casa…
Francesco A., 39 anni, ingegnere professionista, dopo un matrimonio fallito è tornato a vivere a casa dei genitori…
Gaetano C., 29 anni, non si è ancora laureato e lavora al consiglio di amministrazione dell’università di Palermo, è mantenuto dai genitori…
Alessandro M. 29 anni, avvocato presso uno studio di Palermo non riesce a conquistare la propria indipendenza perché il suo stipendio non gli permette ancora autonomia…
Francesco e Maria Paola S., 29 e 32 anni, entrambi avvocati vivono ancora a casa con mamma e papà perché “a casa si sta bene e se andassero via i genitori ne soffrirebbero terribilmente…
Massimo A., 35 anni medico all’Ismett, dopo un’intensa giornata di lavoro trova sempre a casa un pasto caldo…
Adriana F., pur lavorando come giornalista a tempo pieno non riesce ad andare via da casa, nonostante non veda l’ora di poter essere indipendente…
Stefania L. medico…
Alessandra, avvocato 31…
Federico C. 30 anni, dottore in Economia vive a casa perché con i soldi che guadagna può viaggiare.
Ugo P.
Floriana G. 28 anni
Gaspare S., 29 anni
Vittorio L., 30 anni  fotografo…
Stefano.
E sono alcuni esempi.
Sarà pure un problema culturale, una distorsione o esagerazione del valore stesso di famiglia, ma a conti fatti viene da chiedersi, a nessuno di questi giovani ragazzi sorge il bisogno di indipendenza, la voglia di mettersi alla prova e di conoscer le proprie capacità lontano dal teatrino familiare?

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