Beata la clochard senza casa nè eroi - Live Sicilia

Beata la clochard senza casa nè eroi

Il furto all\'albero Falcone
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2 min di lettura

Beata la povera clochard. Beata perché povera. E perché ignara di tutto. Di aver portato via messaggi e segni di chi ha creduto e crede nell’esempio di un eroe civile come Giovanni Falcone. Beata la povera clochard. Perché povera. E perché non ha eroi.
Eccola, nel video, mentre sfila su via Notarbartolo. Il passo incerto. Come la sua vita, in fondo. L’andatura confusa. Come i suoi passi. Ed eccola tornare indietro. Le braccia piene di quei messaggi e di quei segnali. Portati via in un incomprensibile impeto di vita, da un “altare” dove si ricorda la morte per un ideale.
Già, la vita e la morte. Che per il siciliano sono chiaramente divisi. Il morto è morto. Bisogna pensare ai vivi. La contraddizione, la contrapposizione a disegnare l’identikit di questa terra. Dove, però, la morte e la vita finiscono per essere sviliti, in quel confronto.
E la morte diventa elemento “utile” (con tutta la buona fede che ciascuno di noi può e vuole trovare) per il moderno marketing mediatico e politico. Dove bisogna esserci. Per forza. Lì, nel luogo delle “profanazione” (e sarebbe interessante chiedere a Giovanni Falcone cosa penserebbe, oggi, dell’uso di quel termine). Nel quale esibire tutti gli stilemi e i gesti della più stucchevole retorica. “Mafia”. O niente. Ed è meglio che sia mafia. Nella terra della contraddizione tra vita e morte, da tanto brucia quella tra Cosa nostra e antimafia. E anche qui, finisce per spandere una patina opaca su entrambe le cose. Mitizzando la prima, anche di fronte all’azione di qualche sanguinario ignorante. E per far entrare la seconda in un “determinismo” che obbliga a esserci. Che suggerisce anche la commossa, contrita, attonita convenienza “pubblica”. Meglio che sia mafia, insomma. Altrimenti…
Altrimenti si corre il rischio, a distanza di qualche giorno, di trovare una povera clochard (che il termine barbona suona già male, ancor più se riferito a una donna) immortalata in un filmato. È lei la “profanatrice”. Quella dal passo incerto come la sua vita. Quella che non profana nulla perché non sa cosa sia la profanazione. E che, se lo sapesse, forse attribuirebbe quel termine alla propria vita. Quella vita esplosa in un impeto incomprensibile. Quella vita che sembra in Sicilia, in fondo, solo una scappatoia dalla morte. Povera clochard. E beata clochard. Perché povera. E perché vive, lei sola, in quel paese beato che non ha bisogno di eroi.


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