Cuffaro, avanti col concorso esterno| Sentenza già in autunno - Live Sicilia

Cuffaro, avanti col concorso esterno| Sentenza già in autunno

MAFIA. Respinta la richiesta della difesa
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Ventisette faldoni di intercettazioni su Totò Cuffaro e sentenza, probabilmente, già in autunno: il processo per concorso esterno all’ex governatore va avanti. Il gup Vittorio Anania si è riservato la decisione sul “ne bis in idem” prospettato dalla difesa solo nella fase finale del processo. “La questione non può essere affrontata nella fase preliminare del processo” dice l’ordinanza del giudice ma “solo alla fine”, per una “valutazione organica”. Quindi con una sentenza. Una decisione giustificata anche dal ricorso al rito abbreviato da parte di Cuffaro che “costa” meno alla macchina della giustizia.

Il processo. Gli avvocati Nino Mormino e Nino Caleca avevano avanzato la richiesta di archiviazione perché i fatti, a loro vedere, sarebbero gli stessi per cui Cuffaro è stato giudicato in primo e secondo grado nel processo per favoreggiamento semplice, aggravato dall’aver agevolato Cosa nostra. L’accusa, rappresentata dai pm della Dda palermitana Nino Di Matteo e Francesco Del Bene, puntualizza che seppur i fatti sono già stati trattati in altri processi, non gli siano mai stati contestati. E mettono a disposizione della difesa 27 faldoni con le trascrizione peritali di tutte le intercettazioni che riguardano l’ex presidente della Regione siciliana.

Concorsi e candidati. Depositata al processo anche la sentenza d’appello del processo “Talpe”, in cui il senatore dell’Udc è stato condannato a 7 anni. Nelle motivazioni si legge che Giuseppe Guttadauro, capomafia di Brancaccio, “aveva fatto forti pressioni per convincere il Cuffaro, candidato alla Presidenza della Regione, ad inserire nelle liste del suo partito una persona di fiducia dell’associato mafioso e cioè l’avvocato dello stesso Salvatore Priola”. Un nome su cui non si sarebbe trovato l’accordo nel “patto” che, sostiene l’accusa, si sarebbe stretto fra Cosa nostra e il senatore che hanno poi virato su Domenico Miceli, “soggetto che assumeva un ruolo chiave e cioè quello di candidato politico espressione dell’associazione mafiosa chiamato a rappresentarne gli interessi”. Perché nel salotto del capomafia “Guttadauro dinanzi allo stesso futuro candidato rappresenta la linea politica da seguire e reclama per lo stesso e per l’organizzazione l’acquisizione di incarichi di sottogoverno nell’ipotesi di una mancata elezione poi puntualmente assegnati al Miceli”. Lo stesso salotto in cui i due, Miceli e Guttadauro, discutevano anche dei “concorsi pubblici nella sanità individuando i concorrenti da segnalare” a Cuffaro per un concorso medico all’ospedale Villa Sofia “nel contesto del quale due dottori, tali Catarcia e Giannone, risultavano segnalati a Cuffaro da Guttadauro con l’intermediazione di Miceli”.

L’ex governatore per tutta l’udienza ha mantenuto il consueto contegno, seguendo con interesse lo svolgimento. Al termine s’è dichiarato “sereno ma fiducioso” ribadendo la “fiducia nelle istituzioni, in tutta la magistratura” dando “per scontato la buona fede dei pubblici ministeri”.


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