"Il mio torto? Dire la verità" - Live Sicilia

“Il mio torto? Dire la verità”

Ho appena finito di leggere l’articolo di Felice Cavallaro su ‘I love Sicilia’ e credo sia giusto “riportare la barra dritta”, come dice lo stesso inviato di punta del Corriere della Sera nella sua rubrica ‘L’Infelice’. Mi verrebbe subito da controbattere alla descrizione,totalmente fuorviante, che viene fornita sulla mia persona. Mi viene detto che sono “sbruffone”, “beffardo e canzonatorio”. Ho la netta sensazione che stavolta, il vostro editorialista di punta abbia toppato. E vi spiego perché.
Lungi da me l’idea di volermi giustificare o dare spiegazioni, anche se certamente avrei preferito potere replicare, punto su punto, ad alcune imprecisioni o cattiverie che sono state dette sul mio conto. Evidentemente, siamo alle solite: tutti pronti a puntare il dito su chi parla su, chi racconta le reali collusioni del proprio padre con Cosa nostra – cosa non facile vi assicuro – e non solo.
Vengo criticato come sempre sul mio comportamento progressivo al limite della “paraculaggine” con noti ed illustri esponenti della Procura di Palermo e di Caltanissetta. Niente e nulla su tanti che ancora oggi, pur sapendo tante cose utili alle inchieste dei giudici, tacciono in un confortante e sempre rassicurante silenzio. Io ho il torto di parlare, di raccontare scomode verità. Ma per questo sono uno “sbruffone”, io. Ma che cosa ne sapete voi su che cosa realmente comporta vivere sotto scorta, cambiare casa continuamente, con una richiesta di separazione ( per fortuna superata ) fatta da mia moglie dopo una lettera anonima giunta nella mia abitazione di Bologna dove veniva scritto che mio figlio VitoAndrea, che ha appena cinque anni, avrebbe fatto la fine del piccolo Giuseppe Di Matteo? Per chi non lo ricordasse, è il figlio del pentito Santino Di Matteo che dopo essere stato segregato per anni in diversi casolari, è stato strangolato e poi sciolto nell’acido.

Vi assicuro che la mia vita non è una vita facile, tutt’altro. Ma io continuo a parlare e a raccontare ai giudici ciò che so. A rispondere, puntualmente, alle loro domande. E non a “spizzichi e bocconi”, come mi accusano. Io rispondo a ciò che mi viene chiesto. So di averer intrapreso una strada troppo rischiosa, con il rischio di compromettere anche l’incolumità di mio figlio. No, preferite dire che viene “il mal di pancia” a vedermi uscire da Feltrinelli dopo avere firmato qualche copia del mio libro ‘Don Vito’.
Nulla, invece, sulle tante volte in cui per motivi di sicurezza mi viene consigliato di non andare al mare, di non accompagnare mio figlio a scuola di evitare di passeggiare con lui. Nulla sulle lettere dei condomini che non ti vogliono. Nulla su come continuare a giustificare alla propria famiglia le continue minacce e i proiettili. Nulla sul fatto che tutto quello che sarà il mio guadagno sul libro che considero una mia creatura e a cui sono molto affezionato, andrà speso interamente per la ristrutturazione di una villa liberty a Palermo. Un mio vecchio sogno. Ahimè, se nessun invito mi viene rivolto da potenti circoli e dai giornalisti legati al mondo della cultura della Destra Italiana.
Poi, per amore di verità, per quanto riguarda l’episodio di una ipotetica presentazione del libro a Como, e sul presunto rifiuto mio alla presenza alla manifestazione dell’avvocato Michele Costa, rimango basito, non so nulla. Sarebbe stato per me un onore sedere accanto al figlio di un persona come il giudice Costa, come lo è stato sia per Salvatore Borsellino sia per  Nando  Dalla Chiesa. Non conosco l’avvocato Costa, ho più volte letto di sue dichiarazioni nei miei confronti. Non mi è stata mai data facoltà di replica, anzi posso dire che una volta mi era stato  chiesto da Radio Radicale un confronto, ma è stato l’avvocato Costa che si è sottratto al confronto perché io andavo visto non come persona ma solo come ” il figlio di un mafioso” . Ho rispettato comunque e continuerò a rispettare la posizione dell’avvocato Costa, sperando un domani in un possibile confronto. E’ tutto molto triste, la strada del silenzio non solo paga ma rende tutti innocenti.

Confesso che l’articolo di Felice Cavallaro mi ha lasciato l’amaro in bocca. C’e’ astio nei miei confronti, e non ne percepisco le ragioni. Vengo descritto come una persona che non sono. Non vorrei pensare, cari amici di ‘I love Sicilia’, che per voi sia arrivato il tempo del ‘riposizionamento’,  del ‘contrordine’. Dopo tante copertine su Massimo, dopo la pubblicazione di un ponderoso volume con le mie dichiarazioni ai giudici senza una riga di interpretazione o di critica, siamo arrivati al “Circo Massimo”? Addirittura in copertina, seppure il pezzo non sia una cronaca ma un editoriale. Già era accaduto con il libro ‘Nel nome del padre’, con l’utilizzo di una mia immagine senza neanche chiedere una autorizzazione. Capisco che anche voi ‘tenete famiglia’. Non entro nel merito dell’editoriale perché non posso impedire a chicchessia di criticarmi.
Noto la presenza di alcuni autori,  giornalisti solitamente propensi ad una giusta visione garantista delle vicende giudiziarie, e che in passato si sono sempre contraddistinti per le interviste ad imputati autodefinitisi innocenti perseguitati. Questi stessi per una volta ne hanno trovato uno, Massimo Ciancimino, che non nega i propri addebiti ma -anzi- offre spunti di approfondimento per la magistratura. E che fa, il bravo giornalista? Lo delegittima! Che delusione! Non è che ha dovuto scegliere tra Massimo e qualcuno di quelli da lui tirati in ballo? Grazie ancora per l’ospitalità. Un caro saluto.


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