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LiveSicilia.it / Cronaca / Napolitano: “Si faccia piena luce”

Napolitano: “Si faccia piena luce”

Il presidente della Repubblica
di Redazione
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 Un ”golpe” pensato per accelerare la fine della prima Repubblica, garantito da un ”colossale depistaggio”. Che la strage di via D’Amelio fosse frutto di una convergenza di interessi politico-mafiosi è ormai analisi condivisa: dalla politica, ma anche dalla magistratura, che sulla stagione che insanguinò la Sicilia è tornata a indagare. Barlumi di verità di cui, nel giorno dell’anniversario dell’eccidio di Paolo Borsellino e della sua scorta, parlano pm e parlamentari. E sui quali il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, chiede di fare ”piena luce”. In un messaggio il Presidente della Repubblica ha lanciato un appello affinché ”i risultati conseguiti grazie all’impegno di magistrati e forze dell’ordine” siano ”integrati da uno sforzo costante e coerente della società civile”, così come ”indispensabile è il convinto e forte sostegno alle nuove indagini in corso sulla terribile stagione delle stragi”. 

 Gli inquietanti scenari della trattativa tra Stato e Cosa nostra, i sospetti, ormai piùche concreti, di una responsabilitàdi pezzi delle istituzioni nella morte del magistrato e l’esigenza che presto si arrivi alla veritàhanno accompagnato la giornata dedicata alla memoria. Che anche quest’anno non èstata priva di polemiche, con l’ormai consueta conta di presenti e assenti a cerimonie e manifestazioni. E’ vero, gli anni in cui i palermitani scendevano in strada spontaneamente, gli anni dei lenzuoli appesi, delle piazze piene sembrano un ricordo lontano. Alle 8, col sole già alto, via D’Amelio, sventrata 18 anni fa da un’autobomba, è quasi deserta. Dieci persone che diventano un centinaio con l’arrivo dei ragazzini delle scuole. Nessun politico, nessun uomo del Governo. Il premier Berlusconi affida a una lettera il suo ricordo del giudice; mentre il ministro della Giustizia Alfano fa celebrare una messa in via Arenula. Va meglio nel pomeriggio. Al corteo che, al coro di ”Resistenza”, unisce due luoghi della memoria, via D’Amelio e l’albero Falcone, partecipano circa alcune centinaia di persone e i deputati Beppe Lumia e Fabio Granata. ”I rappresentanti delle istituzioni si vanno a chiudere in caserma perché hanno paura delle contestazioni, ma è qui che sono morte sei persone”, commenta, amara, Rita Borsellino, sorella del magistrato. Dall’altra parte della città, nell’ufficialità della caserma Lungaro, il presidente del Senato Renato Schifani, una delegazione della commissione Antimafia, guidata dal presidente Beppe Pisanu, e il capo della Dna Piero Grasso depongono corone di fiori in ricordo delle vittime. Il riferimento alla verità negata su via D’Amelio e sulla stagione terroristico-mafiosa culminata negli attentati a Roma, Firenze e Milano del ’93 è inevitabile. E se Grasso ribadisce che ”è ormai un dato certo che quella di via D’Amelio, non fu solo strage di mafia”; Fabio Granata, deputato del Pdl, componente dell’Antimafia, va oltre e fa sue le parole del procuratore aggiunto di Caltanissetta Nico Gozzo. ”Il 19 luglio del 1992 – dice – ci fu un vero e proprio golpe che aveva l’obiettivo di accelerare la fine della prima Repubblica”. Un’opinione condivisa dal parlamentare del Pd Walter Veltroni, che parla di ”strage dell’antistato e di convergenza di interessi tra Cosa nostra e pezzi delle istituzioni”, e dal leader di Idv Antonio Di Pietro. Preferisce non utilizzare il termine ”golpe”, invece, Pisanu, che punta però il dito contro ”i troppi silenzi e le parole dette per confondere e ostacolare la ricerca della verita”’. In serata il popolo delle ”agende rosse” torna a ”presidiare” via D’Amelio per impedire l’arrivo, peraltro non previsto, del presidente del Senato Schifani, e salutare con un applauso le parole di Fini su Mangano, dopo un accenno iniziale di contestazione.

Pubblicato il 19 Luglio 2010, 22:28
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Commenti
  1. honhil 11 anni fa

    Dal Presidente Napolitano in giù è un fiorire di dichiarazioni accorate. Tutti chiedono indagini suppletive più approfondite. Tutti chiedono di sapere chi c’è dietro le morti di Falcone e Borsellino. Se non fosse per la drammaticità degli eventi, verrebbe da dire che se non si è alle comiche, poco ci manca. Perché la magistratura, anche se ci sono state sentenze che hanno già stabilito il come, il quando e il perché, non ha mai finito di indagare. Sempre la magistratura di teoremi al riguardo ne ha elaborato in gran quantità. Tutte le procure d’Italia, o quasi tutte, sembrano delle vere fucine di operosità e di inventiva. Si arruolano pentiti e semi pentiti, collaboratori e semi collaboratori, killer con sulla coscienza, forse sarebbe meglio dire con sul groppone, dato il poco spessore umano di quegli esseri, diecine di omicidi. E tutti vengono vezzeggiati e coccolati per meglio indirizzare l’indice accusatore verso l’obiettivo prefigurato. Essendo diventati dettagli inutili i riscontri e oro colato tutto quello che esce dalle loro bocche. Eppure, tutto questo sembra non bastare. E invece di chiedere indagini a 360 gradi, senza guardare in faccia nessuno, senza pensare di azzerare governi né facilitare parti politiche, tutti a puntare il dito contro Berlusconi. Messa la taglia politica, continuando a salire la temperatura istituzionale, non passerà molto tempo che sul Premier spunterà una vera e propria taglia. Ovviamente, un wanted che preveda soltanto un’unica soluzione: Morto.

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