In uno scritto, che sarà pubblicato nel prossimo numero del settimanale L’Espresso, il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza racconta il suo percorso di pentimento e il suo pensiero sulla mafia. ”Mafiosi non si nasce – dice – le circostanze possono essere tante per indurre un soggetto a diventarlo. Mafioso diventa chi ha subito delle vessazioni, cerca di avvicinarsi a qualcuno che lo è, per portare a termine la sua vendetta personale. Ma una volta partita, non lo ferma più nessuno”. Secondo Spatuzza, ”la mafia è il sistema più funzionante che ci sia. Se mi rubano la macchina mi rivolgo a chi di dovere che non è lo Stato gli do gli estremi numero targa, colore ora e giorno e via del furto. Nell’80% dei casi la macchina già la sera è sotto casa”. Alla domanda se Cosa nostra verrà mai sconfitta, il pentito risponde citando il mito della Araba Fenice che ogni cinquecento anni si materializza dai deserti di sabbia e rinasce a una nuova vita, adattandosi alle circostanze odierne. Spatuzza racconta anche la storia del pizzo anche ai piccoli negozi nato negli anni Ottanta nel periodo del maxi processo. ”In quel periodo – racconta – la mafia era in seria difficoltà economiche, cosi’ decidono di chiedere ai piccoli negozianti un pensiero per i carcerati. Poi la cosa è degeneratà’. Per Spatuzza la richiesta del pizzo dovrebbe essere proibita in Cosa nostra come succede per lo sfruttamento della prostituzione. ”Nel chiedere il pizzo – conclude – Cosa nostra scende allo stesso livello di chi fa soldi alle spalle delle donne”.
Spatuzza si racconta: “La mafia
è il sistema più funzionante che ci sia”

Verità che escono dalla bocca di un pluriomicida, d’accordo. Verità “innocue” che non danneggiano nessuno. Vero anche questo. Ininfluenti come testimonianze giudiziarie, e lasciano le cose per come sono. Innegabile. Ma è l’analisi sociale di Spatuzza che deve farci riflettere. Io le mie riflessioni su come “tentare” di bruciare una volta per tutte l’Araba Fenice le ho fatte da tempo, ma non sarebbe facile farle condividere e applicare, nella nostra pietrificata realtà, dove è difficile che attecchiscano altri germogli, se non quelli della sfiducia e del fatalismo.
spatuzza e ciancimino, due nuovi maitre-à-penser. Poveri noi
lee, complimenti per l’accostamento. Effettivamente hanno molto in comune un ex killer e un ex postino/ex centralinista per giunta part-time di suo padre.
invece l accoppiata Dell utri Mangano non vi da alcun fastidio…..in questo caso si,poveri noi!
O.K., davide.
no fanno tutti paura perchè da noi si dice “ca cu nasci tunnu un po muoriri quatrato” spatuzza ciancimino dell’utri etc deliquenti assassini sono e rimarranno. La vergogna è che un pluriomicida reo confesso sia trattato come una star e guadagnare soldi anzi tanti soldi alla faccia di chi onesto è nato e vissuto. Una infamia
Il pizzo è sempre esistito,fin dal tempo dei campieri.
Pagare gli avvocati??Forse,una volta.Le nuove leve,con i soldi del pizzo,fanno la pacchia.Mafiosi si nasce.E’ nel dna della violenza.L’araba fenice..forse felice,dal momento che viene fatta la lotta ai mafiosi e non alla Mafia,cosa ben diversa.
No, per me mafiosi non si nasce. E’ facile essere onesti se si nasce in un ambiente onesto, dove è scontato essere incensurati perché chiunque ti circonda è incensurato. Ma se si nasce e cresce in un ambiente dove tuo padre, tuo zio, i tuoi fratelli, i tuoi cugini come anche i tuoi vicini di casa sono mafiosi diventa scontato il contrario: diventa scontato essere delinquenti. Questo pur ammettendo che tra una persona e un’altra ovviamente cambia il dna, però se si cresce in un ambiente sano i cattivi istinti dovuti al dna vengono mitigati dall’educazione. Se Spatuzza non fosse nato nè a Palermo nè a Brancaccio forse non sarebbe diventato in killer, così come Massimo Ciancimino non saprebbe niente di mafia se non fosse stato figlio di un sindaco mafioso. Per Dell’Utri l’attenuante non l’ho ancora trovato.
L’ansia che pervade Gaspare Spatuzza possiamo capirla , ma avrà tutto il tempo possibile in aula a Firenze durante il processo Tagliavia per raccontare la storia della mafia e quanto ancora manca alla verità sulle stragi del 1993.
I memoriali consegnati alla stampa ci preoccupano, abbiamo dato la nostra fiducia a colui che ha ucciso i nostri figli,solo perchè tre procure lo hanno definito collaboratore di giustizia, vorremmo in aula un collaboratore a tutti gli effetti limpido e cristallino.
Bisogna tutti insieme , chi vuole la verità sulle stragi del 1993, lavorare perchè la norma dei 180 giorni per testimoniare tutto da parte dei collaboratori di giustizia sia by passata con nuova norma.
Solo questo va fatto , gli scoop sono fuori luogo e rischiano di offuscare irrimediabilmente testimonianze future .
O è questo che si vuole? bruciare tutto per aggiustare tutto politicamente parlando?
Insomma ci stiamo domandando chi in queste ore dice fra se e se “Dio ce ne guardi da verità giudiziarie” e tenta una strada che ha già dato “buoni” risultati anni fa, infatti dopo 17 anni siamo ancora qui che aspettiamo la verità.
Cordiali saluti
Giovanna Maggiani Chelli
“Bisogna tutti insieme , chi vuole la verità sulle stragi del 1993, lavorare perchè la norma dei 180 giorni per testimoniare tutto da parte dei collaboratori di giustizia sia by passata con nuova norma.”
Niente in contrario, dal momento che come al solito in Italia siamo sempre estremisti e si passa da un estremo all’altro. Tra il fare le dichiarazioni a rate anche a distanza di anni e fissare un termine temporale inderogabile, per cui se si transige di un solo giorno si buttano nella pattumiera importanti dichiarazioni su avvenimenti come le stragi, ne passa di acqua sotto i ponti.