Ignazio vuole tornare in Africa | (e restarci per tutta la vita) - Live Sicilia

Ignazio vuole tornare in Africa | (e restarci per tutta la vita)

Storia di solidarietà da Sciacca
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Ha il volto di un Gesù , la barba incolta e gli occhi di un delicatissimo azzurro cielo. Si chiama Ignazio D’Asaro  questo saccense di venticinque anni che ha in mente solo l’Africa.
Un incontro con l’antico continente avvenuto nel 2007 quando in occasione di uno stage universitario in convezione con una ONG locale, organizzato dalla facoltà di Agraria di Palermo, è partito alla volta del Burundi e vi ha trascorso un periodo di quattro mesi. Tanto basta da non riuscire più ad immaginare un’altra vita lontana da quella terra così povera e sfortunata dove la maggior parte della popolazione combatte ogni giorno contro la fame e la guerra.
Ritornato in Italia Ignazio non dimentica quello che ha visto e il mal d’Africa lo assale così decide di fondare insieme ad un gruppo di amici la T.U. ONLUS dove l’acronimo T.U. sta per “Twunge Ubumwe” , nome scelto da una ragazza burundese e che significa “facciamo l’unione” alludendo all’unione tra le diverse etnie che da sempre in uno degli angoli più poveri del nostro pianeta si flagellano in una continua lotta civile.
“Il mio ritorno dopo quel viaggio, è stato un periodo difficilissimo. Per più di un anno non riuscivo ad aprire alcun libro – racconta Ignazio –  non riuscivo più a studiare e ho capito che l’essenza della vita umana non poteva stare solo in quella conoscenza, un sapere sempre limitato …  mentre in Burundi ero felice, mi sentivo appagato”.

Il tempo di rifare le valigie, aiutato anche dal professor Giuseppe Provenzano, docente della Facoltà di Agraria e da Franco Bosticco, responsabile della C.T.B. in Burundi e per la seconda volta Ignazio giunge nella provincia di Ruyigi nell’Africa sub- sahariana per gettare le basi per il progetto “I Na Nye Yiri” in swahili “Avrai una casa”.
Un “cammino” che si prefigge di migliorare le condizioni dei bambini orfani e ragazzi di strada attraverso la costruzione di una struttura di accoglienza e il reinserimento nelle famiglie garantendo loro un’alimentazione sana ed equilibrata, l’istruzione scolastica e la copertura sanitaria.  Ignazio ha in mente di acquistare capi ovini della razza locale che nel tempo verranno sottoposti a piani semplificati di selezione e miglioramento delle prestazioni produttive e destinare alcuni piccoli appezzamenti  presenti nella collina burundese alla coltura di jatropha curcas, i cui semi possono essere utilizzati nella produzione di olio attraverso il quale si può ottenere biodisel.

Il Burundi per Ignazio, che ci parla del suo progetto di vita in una calda sera d’agosto davanti alle saracinesche chiuse dei negozi in ferie in una delle strade di Sciacca, non è solo una terra d’aiutare  ma anche il suo “habitat naturale” e da bravo agronomo dice: “Come ogni pianta per dare i suoi frutti migliori ha bisogno del suo habitat naturale, così  solo laggiù mi sento a posto con me stesso”.
Una scelta quella del  giovane laureato magari destinato a una vita da agiato che può apparire come un azzardo. Mentre la maggior parte dei suoi coetanei  fantastica su lavoro, carriera e ricchezza, Ignazio è alla ricerca della felicità  vicino ai bambini del Burundi. Secondo le stime, più di 230.000 siano rimasti orfani a causa della guerra e dell’Aids.

Non appena saranno raccolti i fondi necessari, il ragazzo di Sciacca  volerà nuovamente in Burundi per sempre.   Lui però non si sente coraggioso nel voler ritornare a vivere laggiù, piuttosto si definisce “un grande egoista”,  perché il Burundi rappresenta un bisogno e non un sacrificio.
In questi giorni in Burundi si avvicina il periodo delle elezioni presidenziali e si registrano gravi  episodi di  violenza. Centinaia le notizie di cronaca che con molta fatica arrivano talvolta nelle prime pagine dei giornali europei e del resto del mondo. Chi ha letto e saputo, ad esempio, che il tre maggio scorso una donna e il suo figlioletto di quattro anni sono stati sgozzati nel cuore della notte in Burundi solo perché erano albini?

Neppure  il rischio per l’incolumità  scoraggia Ignazio dall’intraprendere una scelta di vita tanto radicale ed estrema e al riguardo racconta: “Il Burundi è un Paese con una grande instabilità politica e nello Stato sono in azione squadre di guerriglia talvolta guidate da ragazzini armati, mi è successo di assistere a delle sparatorie non lontane dal posto dove alloggiavo o di trovarmi vicino al luogo di esplosione di una granata …”.
Nonostante l’orrore,  gli occhi di Ignazio si illuminano quando al ricordo più bello dell’Africa associa la magia di una notte della vigilia di Natale di qualche anno fa in Burundi: “ Dopo aver trascorso qualche ora in chiesa  – racconta –  nella strada di ritorno per il mio alloggio mi si è presenta davanti  un’ immensa collina piena di migliaia di lucciole che creavano uno spettacolo meraviglioso. Sono rimasto esterrefatto, mai viste tante lucciole tutte insieme” .
Altro che lampadine accese su finti alberi di Natale ecologici  nelle milioni di case del mondo civilizzato…

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