"Qui è morta la speranza" | Così anche Palermo morì - Live Sicilia

“Qui è morta la speranza” | Così anche Palermo morì

L'anniversario del delitto Dalla Chiesa
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Mentre le fauci del potere si contendono a ditate e a morsi i brandelli di memoria e divisa di un uomo onesto, noi abbiamo solo una preghiera da rivolgere a colui che scrisse il buio sul muro. Ora, costituisciti.
Il giorno dopo il massacro di Dalla Chiesa e sua moglie in via Isidoro Carini, a Palermo, una mano vergò il famoso motto: “Qui è morta la speranza dei palermitani onesti”. Aveva ragione, forse più di quanta ne cercasse davvero. Bisogna andarci cauti con le scritte sui muri. Talvolta si avverano e confermano il nostro incubo peggiore.

Insomma, può essere che il vaticinio di via Isidoro Carini abbia portato sfortuna, sicuramente scoraggiamento. Fu l’inizio del lento sgocciolare di un veleno che avrebbe intossicato ogni seme di rivolta negli anni successivi. Perché i palermitani – e non solo loro -alla scritta sul maledetto muro hanno finito per crederci. Abbiamo creduto alle pallottole che freddano la speranza, al tritolo che scava cunicoli e tunnel profondi, depositando una carie nella polpa di ogni fiducia. E la notte di via Isidoro Carini con le sue parole codificate è diventata facile come un alibi, come una scusa, come un comodo argine per la vigliaccheria.
“Qui è morta la speranza dei palermitani onesti”. Un grido comprensibile al cospetto dei cocci di corpi disseminati in una strada elegante della città. Ma anche la madre di tutte le fughe. La speranza avrebbe ancora agonizzato e infine sarebbe morta sul serio, molto dopo, sulle ali rosso sangue dello sconforto di via Carini.

C’è un solo modo per sanare la ferita. Chiunque sia stato a scrivere – se respira – si renda esplicito, si costituisca al cospetto di Palermo. Noi perdoneremo noi stessi per la nostra ignavia. E perdoneremo l’anonimo del tre settembre 1982, il mandante della nostra paura.
Oppure lo costringeremo a una pena simbolica, a scrivere cento volte sullo stesso frammento di parete: “I corpi muoiono, i sogni no”.


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