Compagni, un successone - Live Sicilia

Compagni, un successone

Lombardo e il fallimento del Pd
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“Il governatore abbia il coraggio di dare una svolta riformista al suo esecutivo, rompendo con i berlusconiani nell’interesse dei siciliani”. Davanti alle ultime righe del comunicato del segretario del Pd, Giuseppe Lupo, dopo lo schiticchio di Palazzo Grazioli, viene voglia di chiamare un esorcista. Ma quale diabolico miraggio si è impadronito dei dirigenti democratici in Sicilia? Ma cosa deve fare ancora Raffaele Lombardo – perfettamente coerente nel suo zig zag – affinché capiscano che quella è una strada che non spunta? Deve appuntarsi sui baffetti un fiorellino della tenuta di Arcore? Deve duettare con Apicella alla festa di Sant’Agata? Deve imbandierare i balconi di Palazzo d’Orleans con i vessilli del Milan? Il Pd ha messo la sua credibilità, la sua faccia, il suo onore, al servizio di un progetto politico ondivago e di compagni di strada “innaturali” per la sua storia. All’inizio una colpa, alla fine un peccato mortale. C’è da smarrirci l’identità, peggio che perdere le elezioni.

E, per carità, non stiano più a raccontare la balla della stagione riformista dall’opposizione. Per un elettorato di sinistra ancora lucido e moralmente voglioso di svolte, quel disco rotto è stato l’insulto più feroce, l’espediente del gatto e della volpe che pensano che Pinocchio sia oltretutto uno stupido. C’è stata la scelta precisa del fiancheggiamento di un’esperienza politica, di per sé tatticamente rispettabile. Piccolo dettaglio: qualche ora fa l’oggetto dei desideri di Antonello Cracolici e Giuseppe Lupo, il San Pietro con le chiavi del paradiso del potere – maestro di ribaltamenti e  sentieri tortuosi – ha ribadito la sua fedeltà a Berlusconi. E il Pd che fa, invece di scaricarlo con fermezza una volta e per sempre? Gli chiede di ripensarci. Chiede, cioè, a Raffaele Lombardo, che ha già dato ampie prove di saper volere soltanto dove soffia il vento e di non amare convivenze definitive, se non c’è la cinica convenienza del calcolo, di rompere il legame che lui stesso ha celebrato.  Compagni, un successone.

I mali del Pd sono antichi. Risalgono alle stagioni terribili del Pds e dei Ds. Un partito a vocazione e a trazione popolare ha via via rinunciato al territorio. Si è ritirato sul bagnasciuga. Si è chiuso a doppia mandata nel suo Palazzaccio. Ha massacrato intelligenze, passioni e progetti. Ha sconsigliato la permanenza ai volenterosi viandanti che portavano in dono un sorso d’acqua fresca. Meglio imperare su quattro cocci che correre il rischio di dovere condividere i bottoni del comando con qualcuno davvero bravo e venuto pure da fuori.

E se Giuseppe Lupo è l’inquilino dello sfacelo, Antonello Cracolici è il padrone della casa che crolla. E’ stato ed è lui il volto che ha governato la rotta della speranza di molti. Il problema di Cracolici è che è bravo a fare politica. Tuttavia, siccome è troppo bravo, spesso si dimentica del resto, dell’indispensabile. 
Nella culla del Pd, sono stati allevati giovani cresciuti all’inumana disciplina di un partito gonfio di odi, rancori e allucinazioni. Con un bel risultato: oggi, questi giovani sono già vecchi. C’è chi, malgrado tutto, possiede sogni e idealità. Tutti somigliano a mini-ispettori generali di Mosca. Parlano con lo stesso deposto linguaggio da Frattocchie impazzite.

E il problema non sta solo nella disastrosa condotta dell’epico periodo delle riforme dall’opposizione. Il Pd siciliano è afono sugli argomenti essenziali, come il suo fratello maggiore romano. Non sa parlare. Non esiste. Dovrebbe essere il serbatoio di una classe politica alternativa, di un’altra proposta. Nei fatti riproduce stinte fotocopie dei personaggi e dei destini che afferma di volere combattere.


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