"Ascoltiamo gli ultimi" - Live Sicilia

“Ascoltiamo gli ultimi”

Se io fossi sindaco, Gregorio Porcaro
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Anche se solo per ipotesi, pensare di fare il sindaco a Palermo mette a disagio. Sarà la difficoltà del compito, o le nubi che ristagnano da tempo su Palazzo delle Aquile. Fatto sta che Gregorio Porcaro, braccio destro di padre Pino Puglisi in tutte le lotte per la legalità affrontate dai due nella frontiera di Brancaccio fino al 1993, alla domanda “cosa farebbe lei se amministrasse questa città”, risponde con un’esclamazione a dir poco di sorpresa. Gli ci vuole qualche secondo per scandire il pensiero chiaro di un uomo che per i palermitani ha già fatto tanto.

“Farei tutto il contrario di quello che è stato fatto fino ad oggi, essendo più presente e visibile – è sicuro Porcaro –  Per fare il sindaco c’è bisogno di instaurare un dialogo diretto con i cittadini. Io prima di tutto ascolterei la voce di tutti, dal vivo, soprattutto gli ultimi. Bisogna conoscere le persone, parlare la loro lingua. Chi amministra Palermo deve conoscere il linguaggio di chi ci vive, andare nei quartieri più disastrati e ascoltare i motivi del disagio. Mi piacerebbe avere un sindaco libero”.

Libero da cosa?
“Dai compromessi politici, dai giochi di partito, da tutto quello che impedisce di essere propositivi. Se non sei libero non sei credibile”.

Se una china negativa c’è, quando sarebbe iniziata?
“Noi ai tempi della Primavera siciliana c’abbiamo provato a cambiare le cose. Adesso la città è abbandonata a se stessa, sporca e poco accogliente. Altro che ‘cool’. Da un decennio a questa parte abbiamo dovuto assistere ad un progressivo lassismo e menefreghismo amministrativo”.

Si riferisce all’era Cammarata?
“Esattamente. Bene o male, fino all’amministrazione precedente, siamo riusciti a intravedere il barlume di una Palermo splendente. Ora ci scontriamo puntualmente con un muro di gomma”.

Il vento che ha spazzato la Primavera di cui parlava prima, ha lasciato qualche buon seme per le strade della città?
“La voglia di partecipazione che molti palermitani hanno, giovani e meno giovani. Quella del dialogo sarebbe l’arma vincente per il riscatto”.

Assieme a padre Puglisi avete tirato su tanti ragazzi che ora avrebbero l’età giusta per fare qualcosa di buono per Palermo, sui quali potrebbe contare se fosse lei il sindaco.
“Ciò che è stato piantato allora sta iniziando a dare i suoi frutti. Ci troviamo di fronte a risultati che potevano sembrare impensabili. Abbiamo visto ragazzi entrare in polizia, altri che si stanno laureando in giurisprudenza con il sogno di diventare magistrati. C’è stato chi dai furti è passato, andando a vivere fuori, ad un posto in banca. Questi sono i frutti silenziosi, che nessuno conosce, di cui non si parla, le risorse umane che servono per ripartire”.

Il Papa sarà a Palermo tra poche settimane. È un appuntamento simbolico?
“Io ricordo quando nel 1992 Giovanni Paolo II venne in Sicilia, e dalla Valle dei Templi di Agrigento esplose il suo anatema contro la mafia. Spero che Benedetto XVI acquisti una visione chiara di questa città, e metta tutti di fronte alle loro responsabilità, con nomi e cognomi; facendo appello allo spirito dei cattolici, e di chi cattolico non è. Sarebbe bello se con le parole del Papa, dal Foro Italico, potesse rinascere Palermo. Io ci spero”.


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