Era a un passo dai domiciliari, | rischia il programma di protezione - Live Sicilia

Era a un passo dai domiciliari, | rischia il programma di protezione

Ora deciderà il viminale
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Era a un passo dall’ottenere gli arresti domiciliari, ora la sua posizione passerà al vaglio della commissione del Viminale sui pentiti: a Giovanni Brusca potrebbe essere tolto il programma di protezione. E’ la conseguenza delle indagini avviate dalla procura antimafia di Palermo e dai carabinieri del gruppo di Monreale che accusano Brusca, il bioia della strage di Capaci, capo del mandamento di San Giuseppe Jato, per riciclaggio, fittizia intestazione di beni ed estorsione. Dalla sua cella, che è stata perquisita, Giovanni Brusca avrebbe allungato le mani sul territorio tramite gli uomini di Domenico Raccuglia, arrestato lo scorso 15 novembre a Calatafimi, nel Trapanese, che ne rappresenta il continuatore.

Intanto, della vicenda si discute ai massimi livelli. “Ai tempi dell’arresto Brusca non era obbligato a rivelare tutti i beni”. Lo ha detto Pierluigi Vigna, ex procuratore antimafia, che condusse l’interrogatorio dell’ex capo del mandamento mafioso di San Giuseppe Jato, arrestato nel 1996, sostenendo che sarebbe possibile l’esistenza di un tesoro nascosto di Brusca gestito dal carcere. “Nel ’96 – ha detto a Radio 24 – non era entrata ancora in vigore la legge, in vigore solo dal 2001, che disponeva che il collaboratore dovesse indicare tutti quanti i beni che aveva a sua disposizione oppure beni che sapeva a disposizione di altri mafiosi. L’essere ammesso al programma di protezione non esclude che si possano poi fare altre indagini”. “Le carceri – aggiunge Vigna – sono sempre luoghi dai quali si può trasmettere. Nonostante i vari 41 bis si trova sempre da parte del detenuto il modo di lanciare messaggi o durante i colloqui anche se avvengono attraverso un vetro, con la gestualità che è propria dei mafiosi siciliani o addirittura servendosi di qualche detenuto comune, o ancora quando si vedono nel corso delle udienze. E’ vero che c’é l’interrogatorio a distanza, con mezzi telematici, attraverso la tv e così via, attraverso collegamenti tra l’aula di un’udienza e il luogo dove il soggetto è detenuto, ma spesso vi sono più detenuti in coda da sentire, per cui qualche messaggino può derivare”.


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