Caro Raffaele, ti scrivo... - Live Sicilia

Caro Raffaele, ti scrivo…

Lettere al presidente
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Caro Raffaele, faccia finta di essere una persona normale. Uno degli sfigati che devono perdere venti minuti per posteggiare, perché non hanno l’autista. Faccia finta di respirare ogni mattina un’aria da posto precario, di dover pensare alla fila per il ticket o per il certificato. E – se ci riesce – faccia finta di guardare il suo governo nascituro con gli occhi di un siciliano medio.
Vedrà un gran mercato di vacche. Vedrà una prostituzione sconfinata. Vedrà, al suo fianco, coloro che scrissero e pronunciarono anatemi violentissimi contro di lei. Gli stessi che raccontano che adesso tutto è cambiato, perché lei ha rotto con Berlusconi. E invece non ha rotto affatto. Al cospetto del premier ha pronunciato parole flautate e condiscendenti. Oltre le Colonne d’Ercole dello stretto di Messina ha improvvisamente riscoperto toni omerici. Non ci sorprende lei è così e sta bene nella stanza dei bottoni di un tempo squallido. I conti le tornano. I politici di questa generazione sono in buona parte dei venduti al mercato. Tanto – ed è spettacolo indecoroso di queste ore – un mercante si trova.

Tuttavia, caro Raffaele. Si sforzi per un secondo di osservare il mondo senza gli additivi del potere, senza i condizionamenti del Palazzo, senza l’ossessione delle percentuali. Sì, faccia uno sforzo e risponda se vuole: è morale lo spettacolo che precede il parto cesareo del suo quarto governo? Una giunta che nasce come una compravendita di cavalli sottobanco quale garanzia potrà mai dare di trasparenza, sobrietà e dignità?

Questa è la breve letterina che noi scriviamo a lei, comunque. Si rassicuri: non siamo pagati dai suoi nemici. Non apparteniamo a nessuna lobby. Sopravviviamo, tentando di racimolare beni di primaria sussistenza come cibo e dignità. Altri siciliani le hanno scritto su Livesicilia per suggerire, deprecare o consigliare.
Le legga le lettere, Raffaele, e perdoni la tracotanza della forma di confidenza. E’ che per una volta vorremmo una politica normale, di persone normali a cui dare del tu. Impossibile, lo sappiamo. Tra noi e lei, tra noi e voi, c’è un Palazzo di troppo.

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