C’era una volta il Pdl, la corazzata che in Sicilia acchiappava quasi un voto su due, forte della guida carismatica di Silvio, che ai fedelissimi berluscones, dopo il predellino, aveva affiancato i referenti locali di Fini. C’era una volta il Pdl, ma poi fu Raffaele Lombardo. L’infaticabile distruttore di partiti altrui ha fatto a pezzi la fragile creatura berlusconiana in Sicilia. E l’alleato di ferro Gianfranco Fini ha proseguito a Roma, su scala più ampia, quanto Raffaele aveva intrapreso con tanta efficacia a Palermo.
Oggi quel che resta del Pdl all’Ars si frammenta in due, forse tre o addirittura quattro gruppi: una babele. Da una parte i lealisti di Schifani e Alfano, fatti fuori da quel dì da Lombardo e rimasti a bocca asciutta. Poi i miccicheiani, tornati a casa in mezzo al trambusto degli improperi rivolti a Lombardo, alleato di ferro fino a cinque minuti prima. Poi i finiani, che malgrado le incomprensioni, resteranno al fianco di Lombardo. E infine un quarto gruppo, di risulta, dove potrebbero finire i tre deputati catanesi fin qui legati a Dore Misuraca, che non seguiranno il parlamentare palermitano e resteranno con la maggioranza, e forse un paio di miccicheiani non intenzionati a seguire il sottosegretario, ossia Greco e Giulia Adamo.
Un bel papocchio, che fa fregare le mani a Lombardo. Il governatore aveva provato a fare lo stesso col Pd. Anche lì le divisioni e le faide tra correnti hanno tenuto banco per un pezzo. Ma alla fine, la tradizionale disciplina di partito degli ex Ds e l’innata vocazione alla mediazione degli ex democristiani ha prevalso, mantenendo una parvenza d’unità di un partito e di un gruppo che sa bene che, in caso di elezioni domani, finirebbe dimezzato. Il mastice che tiene uniti i democratici, ad ogni modo, s’è dimostrato più robusto di quello improvvisato che teneva insieme il partito del predellino. Lombardo, tattico spietato e spregiudicato, lo ha capito e ne ha approfittato.
Ora però il Pd, entrato dalla finestra al governo nel quale dalla porta non sarebbe entrato mai, si gioca tutto. Buona parte del suo elettorato non apprezza il patto con Lombardo ed è pronta a punirlo, se è vero che i sondaggi danno i democratici in caduta libera. A questo punto, il Pd ha una sola chance: diventare, in forza dei propri 27 deputati (mezza maggioranza) il motore riformista di un governo che finalmente governi, dopo il sostanziale immobilismo amministrativo degli ultimi due anni. Se ci riusciranno, i democratici guadagneranno la sopravvivenza e la Sicilia un governo decente. Se falliranno, gli uni e l’altra coleranno a picco, finendo a pezzi come già è finito il partito del predellino. E lasciando Raffaele, solo e saldo sulla poltrona, in un deserto di macerie.
e adesso se veramente porta avanti le riforme via subito le provincie così elimina definitivamente il serbatoio di voti del pdl e udc, vai e dimostra che lavori per i siciliani e non per i politici
L’analisi è attenta, puntuale, lucida. Chi si avvicina troppo a Lombardo muore e perde pezzi. Miccichè aveva sotto gli occhi il suo futuro e non è riuscito a capirlo per arroganza e miopia politica. Non solo esce sconfitto dal confronto con il governatore ma gli ha regalato due, tre, quattro deputati dimenticando quanto è avvenuto nelle precedenti giunte locali guidate da Lombardo e sempre a danni del Pdl oggi di FI ieri. Evidentemente oltre che miope Miccichè ha anche memoria corta. Cero fa pensare che Lombardo sia riuscito a sedurre anche la donna di ferro, Giulia Adamo, ma tre tre anni messa in un angolino, all’opposizione, e la possibilità di raccattare qualche
contentino non è che ci volgia molto per decidere. Il discorso vale, naturalmente, anche per i fedelissimi, ex, di Misuraca, un altro che ha recitato la parte di servo sciocco. Se i due ribelli avessero semplicemente fatto dietro front una settimana prima avrebbero creato qualche difficoltà al governatore, invece anche la loro uscita di scena è stata tatticamente utile per il presunto onnipoteente che sta già lavorando alla disgregazione del Pd.
Non può permettersi, infatti, di farsi influenzare da un gruppo di 27 e se ha accettato le condizioni su Strano e Ortisi e perchè non li valutava degni neanche di un pensiero supplementare. Cracolici e Lupo stiano attenti: non abbiano fiducia illimitata nei loro portacqua. Tutti tengono famiglia e gli incentivi quando si tratta di amnare in rottamazione un partito scomodo sono molto alti.
Possibile risultato finale: Lombardo trionfante su un cumulo di macerie. Poveri siciliani.
magari indicando qualche altro consulente per crearsi il consenso.
L;ombardo sei alla frutta.
Abbi un barlume di dignità e dimettiti.
Ho sempre affermato che il Pd doveva entrare in gioco anche con il naso tappato. Ora faccia cambiare l’aria nelle stanze per il suo ed il nostro futuro.
Lucido come sempre.
Lombardo vai a casa
Abolire le provincie?Pia illusione.Un carrozzone utile a tutti non si puo’ abolire.Di abolizione delle attuali provincie se ne e’ parlato sempre,ma solo parlato.L’on.Cracolici appena eletto per la prima volta a deputato ebbe consegnata una proposta di abolizione delle provincie dalla Lega delle Autonomie Locali.Sono passati quasi 10 anni e la proposta e’ stata buttata al vento.
Eppoi se vengono abolite che ne sara’ della sig.ra Luisa Capitummino e della figlia dell’ex assessore provinciakle Scancarello,attualmente consulenti del Presidente Avanti?
Lasciamole le provincie,almeno fin quando non sara’ istituita la cassa integrazione per la nuova e folta categoria dei consulenti!!!!
la nota di Salvo Toscano è adeguatamente attrezzata del sano realismo necessario per chi vuole operare per realizzare un proprio sogno accettando le modifiche imposte dal contingente, senza mortificarlo.
Foza Lupo e Cracolici, siamo nella strada giusta!
Ricordiamoci che il buon marinaio prende quasi tutto il vento che viene, quello buono e quello meno buono, non dimentica mai che la meta da perseguire ed è solo in tal senso che riesce a fare bilanci sepre attivi.
saluti.
salvo pulvirenti