Palermo, all'ultimo respiro - Live Sicilia

Palermo, all’ultimo respiro

Con il Lecce finisce 2-2
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Mancano otto minuti alla fine della partita. Di meno, il tabellone segna 82′ 33”. Il “Barbera” è una bolgia. Il Lecce sta vincendo due a uno, mentre cominciamo a scrivere, per due regali della difesa rosanero. Non merita affatto. Il Palermo attacca a corna basse, come una belva ferita nell’intimo. Il portiere salentino, tal Rosati, è un satanasso che para financo le farfalle. Si suda per la tensione. Come arrivammo a tal punto?

Gara non insormontabile sulla carta, dopo il trionfo panormitano a Torino, gara ahinoi sdrucciolevole, complicata subito dal gol dell’ex Giacomazzi: tiro carico d’effetto a beffare Sirigu forse un millisecondo in ritardo. Da lì, il canovaccio di una risalita assurda. Palermo a corna basse, certo, ma non lo stesso Palermo che matò la zebra al Dell Alpi.
 Squadra carica di nervosismo, acuito dallo staffile di Giacomazzi, e smarrita. Squadra senza amalgama, senza costrutto, sola col suo furore e con la sua adolescenza.

Bene Pinilla, eroico Migliaccio, a corrente alternata Pastore, male Ilicic, male il redivivo Liverani. E qui occorre aprire una parentesi: un vero tifoso non fischia una sua maglia all’uscita dal campo, come è capitato a Liverani, nemmeno se ha il cuore sanguinante, nemmeno se ha ragione. Lo dirà Rossi in conferenza stampa: ragazzi, avete toppato.

Palermo stranito, Lecce povero e pieno di voglia, in grado di capitalizzare un fuorigioco assassino, aiutato anche dagli svarioni di una scarsa terna arbitrale. Giallorrossi disposti comunque bene da De Canio, grande tecnico abituato a cucinare tanto con nulla.  Eppure Palermo a suo modo generoso, poco lucido, soffocato dalla  paura di sbagliare, ma sempre pronto alla pugna, col grandissimo Migliaccio in prima linea. Primo tempo con lo zero a uno, Lecce guardingo e pungente in contropiede, team Rossi boccheggiante.
Secondo tempo: cross, Corvia spizza, zero a due.

E’ finita? I ragazzi di Delio cominciano a rimettersi in carreggiata qui. Incornano, combattono, corrono. Creano tanto, con confusione, Rosati si esalta. Migliaccio, il migliore dalla parte del cuore, sradica un palla e la mette dentro. Prodigio di Rosati su Ilicic, Pinilla ribatte ed è vantaggio dimezzato. La gara è annebbiata. L’arbitro non ne azzecca una, manco per sbaglio. Si chiama Bergonzi e viene da Genova. Si comincia a scrivere l’epitaffio con le dolenti note. Ultimo minuto, sinfonia di carambole in area. Maccarone, subentrato a Pinilla, pareggia quando nessuno ci sperava più. Mister De Canio, trainer dal sogno spezzato, si mangia le mani. Ma poi sospira di sollievo, perché Hernandez si divora il più facile dei gol a tu per tu con Rosati che ribatte l’ennesima rasoiata. Sarebbe stato il tre a due della volontà. Forse troppo. R.P.


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