Le gioie del giovane Angelino - Live Sicilia

Le gioie del giovane Angelino

La riscossa di Alfano
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Pierferdinando Casini lo ha detto senza girarci troppo attorno. Il leader dell’Udc a Montecitorio ha accusato apertis verbis Angelino Alfano di avere spaccato l’Udc siciliano, facendosi promotore di una ricca campagna acquisti che ha portato cinque centristi, Saverio Romano in testa, a portare soccorso bianco alle armate del Cavaliere, quel Cavaliere contro il quale erano stati eletti nelle liste (bloccatissime) dell’Udc alle ultime elezioni. “Bene, questa è un’operazione che hai fatto tu. Cerca di occuparti più di giustizia e meno di Sicilia, e più di giustizia in Sicilia”, ha detto Casini ad Alfano.

Una ricostruzione ovviamente smentita da Romano, che nel suo intervento ha imputato a Casini la responsabilità dello strappo, per il placet alla nascita del Lombardo quater insieme al Pd. Un ribaltone, a detta di Romano. Lecito è domandarsi se cambiare alleati rispetto agli schieramenti elettorali vale come ribaltone a Palermo e non a Roma, stando alla condotta del trio Romano, Mannino e Cuffaro, che tanto hanno fatto sposando la causa di Silvio e dando vita ai Popolari per l’Italia di domani. Alfano è apparso innervosito ma non ha replicato. Di certo, dopo un annetto e mezzo in il Guardasigilli ha collezionato un inciampo dopo l’altro, l’operazione trasloco dei democristiani siculi sotto i vessilli berlusconiani è una medaglia che il ministro può appuntarsi al petto agli occhi di Silvio.

Dopo gli scivoloni del lodo bocciato dalla Consulta, della legge sulle intercettazioni incagliatasi per strada in mille ostacoli, dopo lo sfascio del Pdl siciliano finito all’opposizione tra scismi e insulti, Alfano ha incassato nelle ultime settimane una soddisfazione dopo l’altra. L’ultima è stato appunto il passaggio in forze di Romano e Cuffaro, da sempre legati a doppio filo ad Alfano e Schifani, “più berlusconiani di Berlusconi” a sentire i casiniani. E questo malgrado gli approcci poco convinti col Pd di quest’estate (“Picciotti, l’Udc babbìa”, insisteva in quei giorni, a taccuini chiusi, un pezzo grosso della corrente più moderata dei democratici). Il ribaltonino dei cinque centristi alla fine non è stato sufficiente a garantire a Berlusconi una maggioranza alternativa senza Fini e Lombardo: il disegno complessivo è fallito, quindi, ma non certo per difetto di Alfano, che ha fatto la sua parte al meglio, dal punto di vista di Silvio. Tanto da far perdere le staffe in Aula a Casini. È andata bene ad Angelino, insomma, meno bene a Mannino & C., il cui passaggio alla maggioranza ha perso parecchio in utilità marginale e non potrà incassare contropartite pesanti in termini di poltrone, anche se Romano e gli altri giurano di non essere interessati a strapuntini di potere e di muoversi solo per ragioni politiche.

Ma per il Guardasigilli, si diceva, questa è stata solo l’ultima buona notizia. Il ritorno a casa di un Gianfranco Miccichè in difficoltà era stata la prima. L’eretico di Sant’Ambrogio non è rientrato nel Pdl ma ha rotto con Lombardo e lavora a un Partito del popolo siciliano ctutto da inventare. E sicuramente è oggi più debole di ieri, anche alla luce dello sfilacciamento delle sue truppe. Così come non addolorerà certo Angelino il cul de sac in cui si è ritrovato l’ex amico Dore Misuraca, rimasto a metà del guado tra Lombardo e Miccichè e oggi ancora senza una precisa collocazione. Tutto grasso per cola per Alfano, che in pochi giorni ha rafforzato la sua leadership e aggiunto smalto alla considerazione del Cavaliere. Un passaggio importante in vista del voto anticipato che tutti, malgrado la fiducia di ieri, si aspettano per la primavera. Quando arriverà il tempo, per un ristretto clud di prescelti, di nominare di fatto i mille futuri parlamentari da inserire nei primi posti delle liste. In Sicilia il ruolo di kingmaker in casa Pdl, per quell’appuntamento, è già prenotato.


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