Gianfranco e Raffaele, amici per la pelle - Live Sicilia

Gianfranco e Raffaele, amici per la pelle

Il presidente della Camera in visita
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La nota ufficiale, prima di tutto: “Il Presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, riceverà insieme agli assessori della sua giunta domani, 8 ottobre (oggi, ndr), alle ore 16, a palazzo d’Orleans, il Presidente della Camera dei Deputati, Gianfranco Fini, in visita ufficiale”. Ufficiale la visita, informale, ma dichiarata, la simpatia. L’uomo di Mirabello e l’uomo alla Presidenza si piacciono. Lo stesso Lombardo dichiarò al Corriere lo scorso 17 settembre, cospargendo le parole di zucchero e miele: “Sono pronto ad aderire a qualunque governo che riformi la legge elettorale. Con gli uomini di Fini abbiamo avviato un percorso di leale consultazione e condivisione”. Pare che ci sia di più sul piano umano. Se Lombardo e Miccichè non potevano andare d’accordo – previsione che abbiamo azzeccato – per formidabili divergenze caratteriali, ci sembra di cogliere tra il Bolognese e il Catanese un idem sentire, una percezione, a torto o a ragione, di comunanza. Si piacciono perché sono entrambi trasversali a tutto tranne che a se stessi. In nome della fedeltà all’io Raffaele e Gianfranco – in contesti diversi – hanno spaccato tutto lo spaccabile e acceso una moltitudine di pire funerarie (altrui).

Fini era il pupillo di un fascista galantuomo, Giorgio Almirante. Coraggiosamente liquidò quella ingombrante tradizione e cambò perfino montatura degli occhiali. Poi l’approdo nell’universo berlusconiano, lo scarto da cavallo nervoso, il salto oltre la staccionata verso l’ennesimo orizzonte. Lombardo indossa casacche e governi come orologini da polso. Tutti e due, sicuramente, agiranno per altissimo senso dell’ideale e per il mutamento riformista della bruttura in bellezza. Tuttavia, questa naturale e magnifica irrequietezza non li rende compagni scelti di processione. Insomma, si piacciono, almeno così pare. E se son rose, saranno spine per gli altri. Si sono sempre piaciuti? Forse no, ma mettiamo il punto di domanda perché la storia non ci risulta personalmente.

Ripeschiamo un articolo de “Il Tempo” del 15 settembre scorso. Giovane il pezzo, vecchio l’episodio riferito. Titolo: “Quando Fini accusava Lombardo di collusione con le cosche”. Scrive Lanfranco Palazzolo: “Nel corso del suo comizio a Catania, l’8 settembre del 1992, Gianfranco Fini sferrò un durissimo attacco alla Dc siciliana. All’indomani, il quotidiano La Sicilia riportò l’intervento di Gianfranco Fini affermando che il Governo in carica, si trattava dell’esecutivo guidato da Giuliano Amato, avrebbe dovuto «mettere in condizione di non nuocere: politici collusi con le cosche mafiose».

Lo stesso Fini affermava che vi erano uomini politici «da sorvegliare». Ma chi erano questi uomini politici? Fini li elencava ai militanti del Msi: «Si tratta di esponenti politici regionali al centro di inchieste su scambi di favori e voti con esponenti mafiosi, su compravendite di posti di lavoro pubblici, su finanziamenti pubblici alle proprie campagne elettorali». Nel suo intervento Fini elencò questi nomi: Raffaele Lombardo, Domenico Sodano, Biagio Sisinni, Giuseppe D’Agostino, Salvatore Lenza, Alfio Pulvirenti e Salvo Fleres. Il 10 settembre del 1992, Gianfranco Fini presentò, come primo firmatario, un’interrogazione parlamentare a risposta scritta contro Raffaele Lombardo e gli altri esponenti politici «da sorvegliare»”.

Una ricostruzione esatta al millesimo? Non lo sappiamo. Solo una domanda ci resta adesso: chi dei due sorveglierà l’altro?

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