Lombardo, il caso non è chiuso| Ecco l'elenco dei cinquanta arrestati - Live Sicilia

Lombardo, il caso non è chiuso| Ecco l’elenco dei cinquanta arrestati

Arresti, blitz, uno scenario di infiltrazioni tra mafia e politica. E poichè l'operazione del Ros dei carabinieri scaturisce da un filone dell'inchiesta che riguarda il presidente Lombardo, il riflesso è duplice. A riguardo la Procura catanese chiarisce che non ci sono elementi per procedere con un'iniziativa processuale nei confronti del governatore.
Catania, blitz dei carabineri del Ros
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Arresti, blitz, uno scenario di infiltrazioni tra mafia e politica. E poichè l’operazione del Ros dei carabinieri scaturisce dall’inchiesta che riguarda il presidente Lombardo, il riflesso è duplice. A riguardo la Procura catanese chiarisce che non ci sono elementi per procedere con un’iniziativa processuale nei confronti del governatore. Ma si continua a indagare.

Il blitz
Un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 50 indagati
, tra esponenti di spicco di Cosa nostra e amministratori: protagonisti “cacciatori” i carabinieri del Ros tra Sicilia, Lazio, Toscana, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia. Militari dell’Arma hanno anche sequestrato beni per circa 400 milioni di euro. Il provvedimento, emesso dal Gip Luigi Lombardo su richiesta della Dda della Procura di Catania, riguarda esponenti di spicco di Cosa nostra, pubblici amministratori ed imprenditori del capoluogo etneo. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono associazione mafiosa, omicidio, estorsioni e rapine.

Le indagini di carabinieri del Ros hanno ricostruito le recenti dinamiche di Cosa nostra etnea, documentandone gli interessi criminali e le infiltrazioni negli appalti pubblici, mediante una capillare rete collusiva nella pubblica amministrazione. Contemporaneamente agli arresti militari dell’Arma hanno eseguito il sequestrato di beni per almeno 400 milioni di euro, comprendenti l’intero circuito economico di imprese, complessi commerciali, fabbricati e beni mobili dei sodalizi indagati. L’inchiesta, denominata Iblis, è stata coordinata dal procuratore capo Vincenzo D’Agata, e dai magistrati della Dda Giuseppe Gennaro, Agata Santonocito, Antonino Fanara e Iole Boscarino.

I nomi eccellenti dell’inchiesta
Coinvolti nomi eccellenti della politica e non solo. Tra gli arrestati dell’operazione Iblis del Ros
c’è anche il deputato regionale dei Popolari Italia domani (Pid) Fausto Fagone. Provvedimenti restrittivi sono stati emessi anche nei confronti del consigliere della Provincia di Catania dell’Udc, Antonino Sangiorgi, dell’assessore del Comune di Palagonia, Giuseppe Tomasello, e dell’imprenditore e assessore al Comune di Ramacca, Francesco Ilardi. Il Gip Luigi Barone ha rigettato la richiesta di arresto avanzata dalla Procura nei confronti del deputato regionale ex Pdl Sicilia e adesso Gruppo misto Giovanni Cristaudo.

C’é anche l’avvocato civilista Agatino Santagati tra gli arrestati dell’operazione antimafia Iblis dei carabinieri del Ros di Catania. Militare dell’Arma stanno effettuando una perquisizione nel suo studio. Secondo l’accusa, il legale avrebbe avuto un ruolo di collegamento tra alcuni imprenditori ed esponenti di Cosa Nostra nel capoluogo etneo nell’acquisto del parco commerciale La Tenutella. Con lui sono stati arrestati anche due imprenditori: Giovanni D’Urso e Rosario Ragusa. Dalle indagini coordinate dal Dda della Procura di Catania sarebbero emersi contatti tra gli imprenditori, l’avvocato e due esponenti della famiglia Santapaola: Francesco Marsiglione e Mario Ercolano. Nell’ambito dell’inchiesta Iblis, la Procura di Catania ha chiesto anche il sequestro del centro commerciale Le Tenutelle ma il gip Luigi Barone lo ha rigettato perché è di proprietà di persone completamente estranee all’inchiesta.

La Procura e Lombardo
“Non è stata una indagine mirata
esclusivamente o prevalentemente alla politica o verso qualche politico in particolare”, ha detto il procuratore della Repubblica di Catania Vincenzo D’Agata (nella foto), commentando l’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia che ha portato all’emissione di 47 ordini di custodia cautelare. L’inchiesta, che riguarda presunti rapporti tra Cosa nostra esponenti politici, amministratori e imprenditori, è quella in cui è indagato anche il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo; nei suoi confronti la Procura non ha richiesto alcun provvedimento. D’Agata ha precisato che “ogni riferimento riguardante il Presidente Lombardo e risultante dalle indagini è stato oggetto di attenta valutazione, specie con riguardo alla sua valenza sul piano probatorio ed alla sua capacità di resistenza alle critiche difensive, non ritenendone, allo stato, la idoneità per adottare alcuna iniziativa processuale nei suoi confronti”.

Il procuratore, che sulla vicenda ha sempre mantenuto uno stretto riserbo, ha smentito anche presunte divergenze tra i magistrati che si sono occupati dell’inchiesta: “E’ finalmente possibile per l’ufficio – ha puntualizzato – esporre con chiarezza il contesto nel quale il medesimo ha operato, che ha certamente registrato momenti di appassionato confronto, fisiologico nelle dinamiche decisionali, che non ha mai comportato però ‘spaccature’ interne dell’ufficio, sulle quali si è attardata invece certa stampa, per ragioni che non appartengono al mondo della giustizia ed al corretto esercizio della sua funzione”. A questo proposito D’Agata ha sottolineato che “le decisioni sono state adottate con l’unanime adesione ed accordo di tutti i magistrati impegnati nella valutazione, che è rimasta sempre rigorosamente confinata entro i limiti fissati dalle norme e dalla giurisprudenza, non appartenendo alla funzione giudiziaria i giudizi sul valore etico, sociale e politico di determinate condotte”.

Mafia, politica e affari
L’inchiesta
svela sia lo stretto rapporto di alcuni imprenditori con Cosa Nostra che le “perverse collusioni con la politica”, come spiegano i magistrati che sottolineano il comportamento di alcuni imprenditori “non più vittime ma compiacenti, strumento per la operatività della mafia nel mondo degli affari”. E’ quanto emerge dall’indagine Iblis. Tra i beni colpiti dal provvedimento di sequestro figurano, fra l’altro, 105 imprese, numerosi immobili, auto e motoveicoli, ed attrezzature industriali. Obiettivo dell’indagine è stato “l’individuazione delle infiltrazioni mafiose verso il mondo dell’imprenditoria e della politica”. Secondo la procura etnea, ad esempio, il deputato regionale del Pid Fausto Fagone, ex sindaco del comune di Palagonia, arrestato oggi, avrebbe “intrattenuto strettissimi rapporti con Rosario Di Dio scarcerato nel 2003 dopo una detenzione per mafia”. I magistrati sostengono che “Di Dio ha curato la campagna elettorale di Fagone e si è attivamente adoperato nella individuazione delle più opportune alleanze, curando anche i rapporti tra il politico e gli imprenditori per consentirgli all’epoca della sua sindacatura di ottenere una rendita costante nel tempo”. Incontri tra Fagone e Di Dio sono documentati anche in un video girato dagli investigatori in un distributore di carburante.

Gli affari della mafia, secondo quanto emerge dall’indagine, erano indirizzati in specifici settori economici che vanno dall’eolico-fotovoltaico al commercio. Le cosche avrebbero avuto interessi anche nella metanizzazione oltre a taglieggiare coop edili e supermercati anche nell’agrigentino. Gli imprenditori si sarebbero aggiudicati appalti o subappalti attraverso un circuito di ‘ditte amiche”. I boss chiedevano una percentuale del 2/3 per cento sull’importo dei lavori. Ai vertici dell’organizzazione vi erano, per i magistrati, Giuseppe Ercolano, Vincenzo Aiello e Vincenzo Santapaola. E ancora Francesco Arcidiacono, detto “U salaru”, attuale reggente anche lui della famiglia Santapaola, che ha preso il posto di Santo La Causa. Sarebbe lui, in stretto collegamento con la famiglia Ercolano, a gestire la “cassa delle imprese”, incarico che “gli attribuisce grande potere, per il suo compito di sovvenzionare famiglie detenuti e spese di esercizio delle attività criminale”. Poi c’é anche Rosario Di Dio che avrebbe avuto rapporti con il deputato regionale del Pid, Fausto Fagone. Tra gli arrestati anche Pasquale Pasquale di Ramacca e Francesco Costanzo di Palagonia.

Nell’inchiesta sono anche emersi contatti tra i boss catanesi e i capimafia palermitani Salvatore e Sandro Lo Piccolo per la riscossione del pizzo. Gli investigatori hanno registrato le dichiarazione del collaboratore di giustizia palermitano Gaspare Pulizzi che avrebbe parlato di specifici affari per la “messa a posto” nel territorio palermitano come ad esempio nella discarica di Bellolampo, ovvero per avviare l’apertura di un supermercato Eurospin ad Agrigento”.

Le indagini continuano
Negli atti d’indagine
si farebbe riferimento a un presunto appoggio elettorale dato all’Mpa e a Raffaele Lombardo da parte delle cosche catanesi. Si tratta di indescrezioni che trapelano dalla procura che ha confermato come sul governatore siciliano si continui a indagare. Il versante su cui gli inquirenti cercano riscontri riguarda l’attualità del presunto sostegno dei clan.

L’elenco degli arrestati
Vincenzo Aiello, Alfio Aiello, Salvatore Alma, Francesco Arcidiacono, Giuseppe Arena, Giovanni Barbagallo, Antonio Bergamo, Giovanni Buscemi, Giovanni Calcaterra, Bernardo Cammarata, Rocco Caniglia, Angelo Carbonaro, Salvatore Conti, Franco Costanzo, Salvatore Di Bennardo, Rosario Di Dio, Giovanni D’Urso, Giuseppe Ercolano, Mario Ercolano, Fausto Fagone, Alfonso Fiammetta, Natale Filloramo, Carmelo Finocchiaro, Pietro Guglielmino, Francesco Ilardi, Mariano Incarbone, Francesco La Rocca, Graziano Lo Votrico, Francesco Marsiglione, Girolamo Marsiglione, Michele Marsiglione, Santo Massimino, Sandro Monaco, Felice Naselli, Massimo Oliva, Pasquale Oliva, Liborio Oieni, Francesco Pesce, Giacomo Polizzi, Rosario Ragusa, Sebastiano Rampulla, Vito Roccella, Antonino Sangiorgi, Agatino Santagati, Vincenzo Santapaola, Mario Scinardo, Tommaso Somma, Antonino Sorbera, Giuseppe Tomasello, Agatino Verdone


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