Il giallo dell'Airbus 319 - Live Sicilia

Il giallo dell’Airbus 319

L'incidente di Palermo
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Chi atterra a Palermo se lo ritrova ancora sul prato al lato della pista, monito sinistro di una strage sfiorata. Sull’Airbus 319 della Windjet che, il 24 settembre, sbandò, rischiando di finire in mare, i consulenti della Procura stanno ancora lavorando. Per accertare se a fare perdere il controllo al comandante fu l’indicazione errata di uno strumento guasto o se si trattò di errore umano. Sono queste le ipotesi principali su cui lavorano i magistrati che stanno tentando di accertare le cause dell’incidente in cui rimasero ferite una ventina di persone. I due esperti incaricati dalla Procura – gli ingegneri Luigi La Franca e Caterina Gullo – attendono i dati dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo per completare il loro lavoro e depositare la consulenza. Una relazione molto complessa che riguarda la trascrizione e l’interpretazione delle conversazioni registrate dalle scatole nere e l’analisi della strumentazione di bordo.

Dalle prime indiscrezioni emerge che tra il comandante Enrico Simoneschi e il suo vice ci fu una discussione, probabilmente legata alle manovre da effettuare, mentre il velivolo era ancora ad alta quota. In quel momento l’Airbus era guidato dal copilota. Successivamente i comandi, come prevedono le procedure di volo, furono assunti dal comandante, unico a potere effettuare decollo e atterraggio. “Parlare di lite tra i piloti – ha commentato il procuratore aggiunto Maurizio Scalia, il pm che coordina l’inchiesta – è un’esagerazione. Peraltro la cosa sarebbe avvenuta quando il velivolo non era ancora in fase di atterraggio: circostanza che farebbe escludere un nesso tra l’evento e l’uscita di pista del velivolo”. Simoneschi e il suo vice sono stati interrogati due volte: dalla polizia giudiziaria, subito dopo l’incidente, e da uno dei sostituti titolari del fascicolo di indagine, Carlo Lenzi, nelle scorse settimane. A pilota e copilota, che hanno ricostruito le fasi della vicenda, è stato chiesto se, come risulterebbe dalla strumentazione di terra, l’angolo di atterraggio del velivolo fosse troppo basso. Ma entrambi non hanno avuto dubbi nel negare che possa essere stata questa la causa dell’uscita di pista del velivolo. Proprio per questo diventa fondamentale l’esame degli strumenti di bordo che dovrebbero consentire agli investigatori di capire se, effettivamente, le manovre di atterraggio siano state scorrette o se a indurre in errore il pilota, nella discesa, sia stato un guasto nel computer dell’aereo.

Alle indiscrezioni sull’inchiesta la compagnia low cost reagisce con una dichiarazione che annuncia “un’azione a tutela dell’immagine e alle possibili violazioni della segretezza delle indagini in corso”. Sembra, invece, ridimensionarsi la pista del wind-shear – una folata di vento anomala che avrebbe improvvisamente schiacciato a terra l’Airbus -: tesi inizialmente seguita dagli inquirenti e suggerita dai due piloti. I passeggeri, sentiti dai pm, hanno sostenuto di non avere percepito alcuna anomalia dovuta al vento. Peraltro gli anemometri di terra hanno registrato, quella sera, un vento di circa 16 nodi assolutamente compatibile con un atterraggio regolare. Ma il wind-shear resta comunque al centro delle polemiche: continua, infatti, il braccio di ferro tra l’Enac, che sollecita l’installazione dell’antenna per il rilevamento del vento anomalo, e il sindaco di Isola delle Femmine, comune in cui l’apparecchiatura dovrebbe essere piazzata. Il primo cittadino, da tempo, si oppone all’installazione sostenendo che l’antenna sia dannosa per la salute degli abitanti della zona.


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