"Se non c'è la volontà politica..." - Live Sicilia

“Se non c’è la volontà politica…”

Mimma Tamburello, docente di Diritto della Famiglia a Palermo, avvocato di parte civile nei processi per le stragi di via D’Amelio e di Capaci, nonché parte civile come sostituto di Alfredo Galasso nel processo per l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, ed in altri processi di mafia.
Mimma Tamburello
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Mimma Tamburello, docente di Diritto della Famiglia a Palermo, avvocato di parte civile nei processi per le stragi di via D’Amelio e di Capaci, nonché parte civile come sostituto di Alfredo Galasso nel processo per l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, ed in altri processi di mafia. Un’esperienza specifica quasi ventennale nelle aule giudiziarie, che riversa nel suo ultimo libro, pubblicato nel 2010 per i tipi Seb, e scritto assieme al giornalista Riccardo Castagneri, “Oltre le Stragi. Mafia e Istituzioni: i rapporti dopo il 1992.”. Un libro che ripercorre quegli anni e mostra come la mafia abbia agito in un contesto di gravi e complesse complicità politiche ed istituzionali. Ne abbiamo parlato assieme.

Avvocato Tamburello, il suo nuovo libro evidenzia il nesso mafia-istituzioni, un legame episodico o con caratteri di strutturalità?
“C’è un collegamento indubbiamente forte tra mafia e istituzioni. Tale alle volte da sovrapporle e farne un tutt’uno. Credo che si tratti purtroppo di un legame strutturale”.

1992-2010. Dopo ben diciotto anni a che distanza siamo dalla verità sulle stragi?
“E’ una storia giudiziaria lunghissima, in cui mi sono impegnata in prima persona. Posso affermare che in questi anni si sono ottenuti successi insperati nella lotta alla mafia, ed i passi avanti sono stati notevoli. Si sono moltiplicati non solo gli arresti, ma anche le confische di beni ai mafiosi, specie da quando è procuratore generale di Palermo Francesco Messineo. Si tratta di patrimoni ingentissimi, frutto di estorsioni, di traffico di droga, di omicidi. Costituiscono la linfa vitale dell’associazione criminale. Colpirli significa fiaccare l’organizzazione. Ma si è arrivati solo agli esecutori materiali delle stragi. Certo, si sono scovati i vari Riina e Bagarella, coloro che hanno agito materialmente ed organizzato le stragi. I mandanti però restano ancora a volto coperto”.

Lei pensa che in questo contesto storico ci sia la volontà politica di fare luce fino in fondo sulle stragi?
“Indubbiamente oggi è la volontà politica a mancare. Non mi sento però di generalizzare. Esiste una parte della politica che vuole autenticamente combattere la mafia. Una sponda c’è ed io sono fiduciosa. Falcone diceva che la mafia è un fatto umano, e come tale è destinato ad avere un inizio ed una fine. Io mi voglio augurare questo. Perciò il primo titolo del mio libro voleva essere Dopo le stragi la speranza”.

Nelle sue conclusioni ai processi riuniti per le stragi di via D’Amelio e di Capaci lei evidenziava il risveglio dell’opinione pubblica, in una società vischiosa come quella siciliana, a seguito dell’orrore generato dagli attentati. Oggi qual è lo stato di salute dell’antimafia civile?
“Furono attentati di una violenza inaudita. Ma produssero nella società civile una reazione uguale e contraria. A distanza di anni noto ancora entusiasmo e voglia di cambiamento, soprattutto nei giovani. Molti anziani invece sembrano aver gettato la spugna. E’ importante in questo direzione l’attività di Rita Borsellino, che fa un’opera continua di risveglio coscienze nelle scuole”.

Cosa voleva ottenere la mafia con tanto clamore?
“Due stragi terribili a distanza di 57 giorni l’una dall’altra. Centinaia di chili di tritolo che hanno disegnato uno scenario apocalittico. Eppure sarebbe bastato un colpo di pistola per liberarsi dei magistrati. Paolo, ad esempio, andava a messa da solo.  E invece c’era chiaramente il desiderio di dare un senso annientamento totale, l’impressione che niente doveva restare. Era un messaggio di potenza, forse un delirio di onnipotenza. Ricordo bene il ghigno di soddisfazione nei volti di Riina e Bagarella, nelle gabbie, come a dire: “Abbiamo fatto un buon lavoro”. E le immagini indimenticabili di quelle stragi, le riprese dei vigili del fuoco, ben più forti di quello che è stato mostrato in televisione. Io ed il procuratore scoppiammo in lacrime”.

Cosa pensa delle recenti dichiarazioni di Ciancimino Junior in merito alla trattativa Stato-mafia?
“La trattativa indubbiamente c’è stata. Ciancimino, al di là di alcune inesattezze che riporta, parla di eventi reali”.

Ha in mente qualche altro lavoro dopo questo?
“A questo primo volume farà seguito un secondo, che è già quasi pronto. Il titolo provvisorio è Sicilia terra di Mafia. Conterrà un elenco dei morti per mafia, dall’omicidio di Joe Petrosino ad oggi. Esseri umani di ogni età, sesso e professione. Io mi auguro che la mafia si possa debellare. E’ tremendo che io debba scrivere un libro che si chiama Sicilia terra di mafia”.

“Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste nell’amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare”. Sono parole di Paolo Borsellino. E’ forse questo il senso dei suoi libri e del suo impegno?
“ Sì. Sono un atto d’amore. Verso la Sicilia e verso quelle persone che sono morte per quello in cui credevano. Ero personalmente amica di Giovanni Falcone e Francesca Morvillo. Ho parlato con Francesca Giovedì, li hanno uccisi Sabato. E’ stato il più grande dolore della mai vita”.

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