Assalto al Palazzo d'inverno - Live Sicilia

Assalto al Palazzo d’inverno

Il caos al Comune
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Chi ha in mano il potere di spegnere la luce a questa legislatura al comune di Palermo? Possibile che trentatré, dei cinquanta inquilini di Palazzo delle Aquile, non sentano un sussulto di dignità, di pietà, non tanto verso la città, ma nei loro confronti, per presentare e votare una mozione di sfiducia al sindaco e fare andate i titoli di coda ad uno dei periodi più incredibili della politica palermitana? Difficile crederci, eppure succede nel quinto comune d’Italia. Ma cosa bisogna vedere ancora, oltre l’assalto al Palazzo d’inverno degli operai della Gesip? Consiglieri comunali costretti a votare un provvedimento e alcuni di loro che pure si vantano di avere salvato la barca di un’azienda gestita con metodi clientelari e che perde un milione di euro l’anno. Questa città, Palermo, è ormai in mano a chiunque voglia prendere qualcosa per sè o la sua tribù. A quando il prossimo assalto? E chi sarà il prossimo, tra quelli che aspirano a rivestire in futuro la carica di primo cittadino, a dire è merito del mio partito?

Ma la domanda è forse un’altra. Chi comanda oggi a Palermo? Chi regge i fili del potere e gestisce quel poco che è rimasto nelle casse? Non è la politica, di certo. Quella ha spento l’interruttore da tempo. La maggioranza che ha vinto le elezioni è scomparsa come neve al sole, quello che ne è rimasto fa a sciabolate per capire chi deve essere il prossimo candidato a sindaco, le giunte incolori si cambiano come le cravatte la mattina, l’opposizione è diventata maggioranza. Già, l’opposizione. Come nelle migliori tradizioni ha cominciato a litigare su come arrivare alla designazione del candidato a sindaco. Il PD afferma, e viene quasi da sorridere se non venisse da piangere, che ancora non è tempo per primarie e candidature. L’Italia dei Valori pone veti al PD, rinverdendo un’azione frontista veteroretina che probabilmente serve a preparare il terreno a chissà cosa.

Per il resto, movimenti che si credono il nuovo, e questa l’abbiamo già sentita, assemblee di anziani che vogliono sentirsi giovani e annacamenti vari. Ma come si fa, dopo dieci anni di buio, a non avere ancora chiaro il percorso a diciassette mesi dalle elezioni? Bene che vada, perché si potrebbe andare al voto anche prima. Ed ecco che, in questo quadro, irrompono gli operai della Gesip a prendere per il bavero gli eletti dal popolo e a metterli dietro la lavagna del ricatto. O votate quella delibera, oppure finisce male. Avranno detto più o meno così? Le parole saranno state più pesanti e risolute. Ma non ce n’era bisogno Bastava anche una classe di scuola materna a far sbriciolare quel muro di marzapane che è oggi la politica palermitana. Sì, quelli che hanno qualche anno in più di noi, ci diranno che forse abbiamo vissuto altri periodi bui somiglianti a questo decennio interminabile. Può essere. Il fatto è che non ne abbiamo più memoria. Né dei momenti belli, né di quelli brutti. Queste due legislature hanno cancellato pure i ricordi. Dobbiamo andarci a rileggere la nostra storia recente per trovare il punto da cui ripartire. Sarà difficile, per chiunque verrà dopo, ricostruire un minimo di cittadinanza condivisa sulle macerie di una politica assente o forse troppo presente nella sua irrisoluta inettitudine. Per far finire al più presto questo strazio, non resta che fare appello a quei trentatrè.

Non trentini, ma consiglieri comunali palermitani che servono per abbassare la saracinesca e consentirci di scegliere con le elezioni. Così almeno, nel centrodestra, la finiranno con le sciabolate e individueranno un nome, uno qualunque, siamo a questo punto gente di poche pretese, da proporre al corpo elettorale per la carica di primo cittadino. Così almeno nel centrosinistra, facciano un po’ come vogliono, pure con la monetina, attraverso una sfida a dadi o con le freccette, vedranno quale galletto dovrà uscire fuori vivo dal pollaio e sfidare lo sciabolatore del centrodestra a singolar tenzone. Insomma, trentatrè consiglieri cari, ridateci un po’ di normalità. Fate a questa città, che almeno un po’ dovrete amare, un bel regalo di Natale.


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