La fatwa di Centorrino - Live Sicilia

La fatwa di Centorrino

La polemica
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E va bene, la battuta sugli scrittori siciliani che portano sfiga poteva essere financo simpatica, un bonario rutto a tavola, una cosuccia per togliere dall’augusta fronte assessoriale le rughe e la preoccupazione del suo ufficio. Poteva, perché quando si mette in mezzo Sciascia, gli si dà del portasfiga e infine si cerca di riderci su, al sottoscritto spuntano le zanne e peli da licantropi. Fiat lux – come traduceva liberamente un latinista de’ noantri – insomma, faccia lui. L’assessore si diverte? E lasciamolo divertire.

Ma con la fatwa nei confronti di ‘Agrodolce’ (“Produzioni cinematografiche come Agrodolce, che esportano modelli di una Sicilia negativa andrebbero fermate”),  l’assessore Centorrino rischia di esagerare. Soprattutto non capiamo perché ‘Agrodolce’ fornisca un quadro tanto deleterio. Che fu, l’ultimo carretto siciliano non era forse pittato bene? O sarà colpa del citatissimo punteruolo rosso?  Insomma, dentro questa storia dell’immagine in saldo negativo rilucono i bagliori di un rogo santo contro l’infedele. Minoli tra le fiamme? E perché, appunto, non tutto Sciascia? E perché – estendendo il criterio di “produzione eretica” – non bruciare anche i giornali, i libri e i film che parlano di mafia? In cambio – come la corazzata fantozziana – una sola scena cinematografica da proiettare nelle scuole: il celebre pezzetto di  ‘Johnny Stecchino, quello in cui lo zio parla con simpatia del “ciaffico”. In fondo fa ridere e se uno ride è ottimista. Ma ci viene il dubbio che sia troppo pure quello.


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