"Figlio mio, eri un fratello per me" - Live Sicilia

“Figlio mio, eri un fratello per me”

Il padre è l’uomo appoggiato al muro. Suo figlio morto è qui a pochi metri, in linea d’aria. Ma non c’è stato nemmeno il tempo di dirsi addio. Il padre di Noureddine non piange. L’orologio segna tre quarti dopo le undici. Il comunicato dell’ospedale ha fissato le undici, l’ora del decesso. Noureddine non c’è più da tre quarti d’ora. Suo padre non piange. Sostiene una figura che si è abbandonata fra le sue braccia. Non si capisce nemmeno se sia uomo o donna, l’ospite del lutto paterno. Solo il singhiozzo si sente, attutito dall’abbraccio e dai vestiti. Il padre ha una lunga tunica. Consola qualcuno che lo sta stringendo fra le braccia, per fargli forza, per consolarlo a sua volta della morte di un figlio.

Se c’è una continenza quieta e composta da cui Palermo può imparare è questo silenzio davanti alla porta dell’ospedale Civico, colmo di rispetto e amore. Il silenzio dei disperati.  Ancora non c’è rabbia. Le lacrime sono dignitose. Qui sono convenuti amici e parenti. La moglie non arriverà più. Ha saputo e resterà a casa.  Ci sono i colleghi di strada che condividevano con Noureddine il pane salato della bancarella e del disprezzo. L’arroganza di certe divise che, ogni tanto, si credono superiori per grado e colore. L’indifferenza della gente. Nessuno accusa. Nessuno polemizza. Ma le cose si sanno, a prescindere dalla vicenda di Noureddine che sarà vagliata da chi di dovere. E si sa come vanno. Si sa che le pattuglie in servizio non usano mai troppi convenevoli durante i controlli agli extracomunitari. L’approccio è un “tu” che pretende confidenza senza mai darla. Quasi tutti, a Palermo, siamo stati testimoni oculari della prepotenza di alcuni. Uno sputo in faccia alla legge.

Il padre ora piange. Mormora qualcosa nella sua lingua. Traducono: “Figlio mio, eri un fratello per me. Figlio mio, eri un amico per me”. Una cantilena dolcissima.  Fissa il muro con gli occhi un po’ più aperti del normale. Dentro, si vede un doloroso stupore, il riflesso dell’anima spezzata di una persona buona, il cuore in una pozzanghera, in un giorno di pioggia. La storia di suo figlio si è compiuta dietro l’ingresso del reparto Grandi Ustioni.  Noureddine, vita da bestia, morte da martire, da bonzo, nella terra degli uomini civili, è un fantasma che brucia.

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