"Questa favola è solo per te" - Live Sicilia

“Questa favola è solo per te”

Quando mamma non c'era...
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Tatà non ha mai visto il mare, ma lo conosceva benissimo. Aveva inventato per me la storia di una gatta bianca, che saltellava tra le onde e che a un certo punto si trasformava nella più bella tra le pricipesse. “Questa favola è solo per te”, mi diceva Tatà. Sapeva bene che non esiste al mondo un bimbo, che non desideri qualcosa che sia solo per lui e per nessun altro.
Tatà, con le sue mani grandi, mi portava a passeggio per le strade di una città che, a noi gente di provincia, pareva senza fine. Io frignavo sconsolata: “Quando torna la mamma, quando?”.
La mamma era dietro lo sportello delle Poste e Tatà, nel frattempo, aveva la missione di prendersi cura di me, in quel posto nuovo dove ci eravamo trasferiti senza preavviso. Tatà mi accudiva con la dovizia di chi non ha bisogno di chiedere nulla in cambio. Lo faceva utilizzando l’arte rara di chi ama per amare.

Passava giornate intere a raccontarmi le favole più belle, quelle in cui il bene vince sempre e il male è solo un antipatico contrattempo, da mandare al confino. Poi la mamma tornava, Tatà si faceva da parte e lasciava che ci scambiassimo una collezione di effusioni, che solo l’intimità di una madre e di una figlia conoscono. Tatà c’è stata sempre ed è rimasta uguale a sè stessa.
Lei era come le sue favole, le stesse che mi regalarono il sogno del voler raccontare. Lei con i suoi capelli di panna montata e il sole dentro gli occhi. C’è stata il primo giorno di scuola e anche l’ultimo. C’è stata all’università, quando mi trasferii a Palermo e, a una sera sì e una no, mi chiamava al telefono: “Un abbraccio grande grande, comu sa fussimu di presenza. E ca u’ Signuruzzu ti binidici tutti li passi”.

C’è stata quando firmavo i miei primi articoli sul giornale e lei me li leggeva al telefono e mi raccomandava :”Non ti fermare mai. Ma sempre a testa alta e sempre onesta. Sempre”. C’è stata il giorno dei confetti rossi, quando organizzai una festa a sorpresa a casa sua, e brindammo sul suo letto, sporcandoci a vicenda il naso con la crema della torta. C’è stata quando ho sofferto e lei ha saputo accarezzarmi e tacere. C’è stata quando ha deciso di regalarmi il suo ultimo respiro. Io mi trovavo accanto al suo letto per caso o forse perchè la vita aveva voluto così. Le ho stretto la mano – io che non avevo mai visto nessuno morire, io che rifiutavo l’idea della morte – e ho cercato di consegnarle tutto il bene che lei aveva distribuito nella mia vita.

Tatà non ha mai visto il mare. Se è vero, però, che la vita a un certo punto rimedia alle sue colpe, risarcendoci di inaspettato, mi piace pensare che ora Tatà si trovi su un bel terrazzo, con di fronte il mare più bello dell’umanità.
Tatà era mia nonna, ma io non me ne sono mai accorta.

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