Mannino battezza il suo progetto: | "Sogno i nuovi popolari europei" - Live Sicilia

Mannino battezza il suo progetto: | “Sogno i nuovi popolari europei”

nasce "iniziativa popolare"
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Davanti alla crisi del Pdl, che ormai rischia di “esplodere”, Silvio Berlusconi può ancora giocare una carta nell’interesse dell’Italia: ricostruire un centro politico d’ispirazione cristiana. Detto in parole più semplici, dare vita a un nuovo Partito popolare italiano. Mettendo dentro, però, non soltanto chi oggi milita nel Pdl, ma anche l’Udc di Pierferdinando Casini. Lasciando le porte aperte ai tanti ex Dc che oggi sono in ‘sofferenza’ nel Pd.

Questa, in estrema sintesi, la proposta lanciata da Calogero ‘Lillo’ Mannino nel corso di un’assemblea che è andata in scena questo pomeriggio, a Palermo, nei saloni dell’hotel Astoria. Sala piena con gente di tutte le età: dai giovani ai meno giovani. Con qualche esponente della vecchia guardia, come gli ex parlamentari Paolo Iacolano, Sergio Mulè, Filippo Misuraca e Maria Grazia Bandara. Quindi tanti ex direttori regionali, da Marco Aurelio Lo Franco a Pasquale Vaiana a Gigi Castellucci, solo per citane alcuni.

Alla formulazione di questa proposta politica, definita “un’avventura difficile e necessaria”, Mannino, democristiano da sempre, più volte ministro della Repubblica arriva attraverso un articolato ragionamento. Che parte dalla citazione di un libro di Vittorio Gasman: “Un grande avvenire dietro le spalle”. Per precisare che la sua non è ambizione personale, ma passione politica allo stato puro: una passione che è, prima di tutto, responsabilità verso le generazioni future del nostro Paese.

Dice Mannino: “Sentiamo spesso dire: manca la politica. Bene. Per capire cosa sta succedendo nella società italiana dobbiamo provare a rispondere a una domanda: oggi si sta meglio o peggio rispetto al 1994?”. La risposta sta anche in alcune “cose evidenti” che l’ex ministro illustra una dopo l’altra: “Il debito pubblico del nostro Paese, rispetto al 1994, è cresciuto. Oggi è pari al centoventi per cento del prodotto interno lordo. Abbiamo perduto interi settori, dalla chimica alla siderurgia. E, sullo sfondo, si profila la crisi dell’automobile. La disoccupazione giovanile è al trenta per cento, un tasso tra i più alti all’interno dell’Unione Europea. Nel ’94 l’Italia era la quarta potenza industriale del mondo. Oggi ‘viaggiamo’ tra l’ottavo e il decimo posto. Con il rischio, tutt’altro che remoto, che il nostro Paese faccia la fine di Portogallo e Grecia. La stessa Unione Europea – aggiunge – non tiene il passo di Paesi emergenti come la Cina e il Brasile. Dobbiamo ammetterlo: dentro una piccola Europa l’Italia è piccolissima. Dobbiamo accettare come ineluttabile una crisi che oggi ci sovrasta? E come fronteggiare la crisi, anzi gli effetti della crisi che oggi investe alcuni Paesi del Mediterraneo?”.

E’ inutile farsi illusioni, lascia capire Mannino: il flusso di migranti disperati verso l’Europa è una realtà con la quale ci dobbiamo confrontare. Con razionalità e intelligenza. “Se nel nostro Paese, dove già vivono cinque milioni di immigrati – afferma – riparte lo sviluppo, possiamo dare risposte a un’altra fetta di migranti. Ma per fronteggiare questa grande sfida del nostro tempo ci vuole un pensiero politico pensato. Occorre quella politica di cui oggi tanti italiani avvertono la mancanza”.

Già, la politica. Che, osserva l’ex ministro, “manca in entrambi i poli”. Al contrario, ad esempio, di quanto avvenuto nell’Europa uscita a pezzi dalla seconda guerra mondiale. Allora la politica c’era. “Basti pensare – aggiunge – a Germania, Italia e Francia ricostruite grazie a una classe dirigente di democratici cristiani”. E oggi? “Oggi non ci sono più ideologie – precisa Mannino -. E questo potrebbe anche essere un fatto positivo. Ma, purtroppo, non ci sono nemmeno idee e grandi valori. Solo la personalizzazione della politica. Da una parte Berlusconi, che ha più volte battuto i suoi avversari. Dall’altra parte i vari Prodi, D’Alema, Rutelli che provano a sbarrare la strada al Cavaliere. Se andate a leggere i programmi politici di questi due schieramenti vi accorgerete che, in molte parti, sono praticamente gli stessi. Questo perché alla base dei due schieramenti politici non c’è un’idea culturale forte. E quindi non c’è una dimensione progettuale, ma solo la personalizzazione della politica. Un ruolo che Berlusconi interpreta meglio degli altri, forse per le sue indubbie capacità di comunicatore”.

“Berlusconi ha un grande merito – aggiunge -, un merito che tutti gli riconoscono: quello di aver fermato, nel 1994, i post comunisti. Ma non si può vivere sempre e solo di fatti che ormai appartengono al passato. Anche perché, se proprio la vogliamo dire tutta, chi ha fermato veramente i comunisti, tra il 1946 e il 1948, è stato Alcide De Gasperi”. Quando cita De Gasperi non manca qualche altra ‘pennellata’ sul passato. In particolare, sulla fine degli anni ’50 del secolo scorso. “Quando l’Italia – ricorda – vinceva l’oscar della lira”. Correva l’anno 1958. Sulla plancia di comando di Palazzo Chigi c’era Amintore Fanfani. “Erano gli anni del pareggio di bilancio – ricorda ancora Mannino -. Con il cambio fisso lira-dollaro: 230 lire per un dollaro. E non avevamo né gas, né petrolio. In compenso all’Eni c’era Enrico Mattei. Altri tempi”.

Il passato. Ma anche il presente. O meglio, la crisi che oggi travaglia il nostro Paese. Che è economica e politica. Da qui un’altra ‘pennellata’ sui ‘dolori’ del Pdl. “Non era difficile pronosticare la crisi di questo partito – osserva ancora Mannino -. E non tanto e non soltanto perché, a un certo punto, Fini avrebbe voluto diventare capo del governo. Certo, nella crisi di questo partito c’è anche questo. Ma c’è anche, anzi soprattutto, un vizio d’origine. Il Pdl, è noto, nasce dalla fusione tra Forza Italia e An. Ebbene, quello di Berlusconi è un partito libertario. Mentre il partito di Fini ha un indirizzo diametralmente opposto, visto che privilegia una certa idea di legalità. Che in politica significa autorità. O autoritarismo. E se durante il fascismo questa idea di autorità si identificava nei militari, oggi questa idea si identifica nella magistratura”.

Insomma, sembra dire Mannino, il ‘divorzio’ tra Berlusconi e Fini era già scritto nel ‘predellino’. Il risultato, oggi, non può che essere la crisi matematica del Pdl. Dalla quale si può uscire con il già citato progetto di un nuovo Partito popolare italiano. “Per dare vita a questo progetto – sottolinea Mannino – non si può prescindere dalle forze in campo. A cominciare dall’Udc di Casini, che in questi anni ha mantenuto viva la fiaccola della Dc”. A questo punto il vecchio leone democristiano si concede una breve pausa, regalando un sorriso sornione alla platea: “In verità – dice – c’è stato un momento in cui Casini ha provato ad abbassare la fiaccola. Poi, però, ci ha ripensato. E ha fatto bene”.

Un passaggio l’ex ministro lo dedica anche a Totò Cuffaro, altro esponente del mondo cattolico che in Sicilia, nel 1996 e nel 2001 ha portato “alta la bandiera della Dc, rifiutando di entrare in Forza Italia”. Non verrà mai citato, invece, Saverio Romano, che ha scelto di diventare ministro del governo Berlusconi previo ‘intruppamento’ tra i ‘responsabili’. Scelta, questa, che Mannino non ha condiviso.

Per l’ex ministro, insomma, bisogna ripartire da “un centro d’ispirazione cristiana”. Un passaggio non facile in un’Italia sempre più “secolarizzata”. Con “la vita religiosa – osserva ancora – costretta in ambiti sempre più ristretti”. Una sfida da accettare rilanciando, anche alla luce di quello che potrebbe succedere in Europa nei prossimi anni. Il discorso ritorna ai migranti del Nord Africa che arrivano in Europa. Ma questa volta le precisazioni di Mannino non sono economiche, ma culturali e identitarie. “La nostra – dice – è un’Europa che ha deciso di fare pochi figli. Normale che, in mancanza di prole, arrivino altri popoli. Il tema vero è come noi ci prepariamo a questa sfida. Per noi cattolici la fede è l’elemento costitutivo della nostra identità. Senza la nostra identità, che ci deriva dal nostro essere cristiani, rischiamo di subire un’invasione che non sarebbe solo di numeri. Insomma: senza una forte identità il rischio che corriamo è che i nostri costumi vengano travolti”.

Resta una domanda: e se il Cavaliere non accetterà di farsi da parte? “Qualche giorno fa – dice sempre Mannino – Berlusconi ha indicato in Angelino Alfano il suo successore. Se il progetto è quello di costituire un nuovo Partito popolare siamo disposti ad appoggiare Alfano. Se, però, Berlusconi continuerà a temporeggiare, ebbene, prepariamoci a resistere. Perché a noi interessa la riorganizzazione della politica all’interno di una certa omogeneità”. Resistere. Come? Pensando a De Gasperi. A un giornale creato dall’ex leader della Dc nel 1942: “Idee e battaglie”. Quasi a dire che l’ex ministro, nonostante l’incedere degli anni, ha ancora tante idee. E tanta voglia di misurarsi con le battaglie politiche.


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