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LiveSicilia.it / Province / Caltanissetta / “Via D’Amelio, le indagini in dirittura d’arrivo”

“Via D’Amelio, le indagini
in dirittura d’arrivo”

caltanissetta, il pm Gozzo
di Redazione
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Le indagini della procura della Repubblica di Caltanissetta per la revisione dei processi sulla strage di Via D’Amelio sono ormai in dirittura d’arrivo. L’ha detto ai giornalisti uno dei pm impegnati nell’inchiesta, Domenico Gozzo, intervistato sul fermo di polizia giudiziaria eseguito ieri dalla Dia a Palermo nei confronti del mafioso Fabio Tranchina, fedelissimo del boss Graviano; ma è su Gaspare Spatuzza che fanno affidamento i magistrati della Dda nissena. “Le dichiarazioni di Spatuzza – ha detto Gozzo – sono fondamentali perché ci aiutano a fare luce sul segmento esecutivo della strage di via D’Amelio e su quella di Capaci”.

“Contrastano – ha aggiunto – con quelle rese da alcuni collaboratori di giustizia, da definire collaboratori fra virgolette, come Scarantino, ma ci stanno aiutando a sgomberare il campo da alcune leggende metropolitane sulle stragi. Il fermo di Tranchina è importante – dice il pm nisseno – perché si tratta dell’autista dei Graviano e di Bagarella, cioé del Gotha della mafia palermitana”.

Pubblicato il 20 Aprile 2011, 13:56
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Commenti
  1. Anello (al naso) 10 anni fa

    Credo utile rileggere un vecchio articolo pubblicato da S

    “AL MANDANTE DEGLI OMICIDI FALCONE, BORSELLINO E CONSEGUENTI –
    di Aldo Sarullo
    Scrivo all’uomo (forse più d’uno) più allarmato d’Italia, all’uomo che da qualche tempo sente possibile l’apertura del sipario sulla verità relativa alle stragi del ’92 e a quelle conseguenti del ’93 e sente, quindi, possibile la propria rovina.
    Scrivo al mandante-stratega che, in quanto tale, ha vissuto a lungo in un’ombra rassicurante, ma sul quale, probabilmente, gli inquirenti riusciranno ad accendere un “bruto”, che nel gergo cinematografico è un enorme riflettore che non lascia scampo alle zone d’ombra.
    Me lo immagino, oggi, incredulo e terrorizzato e mi figuro che, per avere avuto il potere di quei misfatti, sia stato un uomo di potere. M’immagino che, annusato qualche tempo addietro il pericolo, da maestro di strategia quale non può non essere, abbia scelto di coltivare ancora quell’autorevolezza che ne potesse rafforzare lo status di cittadino al di sopra di ogni sospetto.
    Si tratta di un uomo tanto geniale quanto, va da sé, miserabile. Ed anche fortunato. Infatti, oltre che dell’aiuto inevitabile di complici fedeli, silenziosi e settorialmente potenti, ha beneficiato di un’ inerzia di fantasia collettiva che ha limitato la curiosità sui possibili scenari, sui possibili interessi, sui possibili obiettivi, origine della Grande Decisione, cioè delle stragi.
    Certo, soltanto lui (o loro) sa se, per uccidere Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e la Scorta, fu tenuto nel debito conto il “rischio moscerino” e cioè il rischio che, proprio nell’unica frazione di secondo utile a pigiare il tasto del telecomando assassino, un ostacolo anche minimo potesse, come un moscerino nell’occhio del killer, far fallire tutto. E soltanto lui sa se l’esplosione, per cautela contro il rischio di un impedimento imprevedibile, fu telecomandata con altro mezzo più sicuro.
    Fortunato il mandante-stratega, poiché la rivoluzione delle coscienze che seguì a quelle morti ed il nuovo, possente clima antimafioso finirono con il tornargli utili perché, ribadisco, limitarono la fantasia sugli scenari possibili, su altre possibili risposte alla domanda: cui prodest? a chi giova?
    E’ su questa domanda che occorre mettere freddamente in moto l’intelletto, accantonando le viscere.
    Fortunato il mandante-stratega, perché dopo la cacciata del ministro di Giustizia Filippo Mancuso a causa dei suoi annunziati propositi di approfondimento, nessuno, per quanto se ne sappia, li condivise operativamente, neanche per potergliene rinfacciare la infondatezza.
    Fortunato, perché dopo il “suicidio” del maresciallo Antonino Lombardo, accusato ingiustamente di collusione mafiosa, nessuno scattò in piedi per esigere che si andasse sino in fondo, ma proprio in fondo, per svelare le ragioni di quella morte. “Lombardo era un carabiniere eccellente e onesto, ma il sindaco di Palermo che in tv lo accusò di collusione, era in buona fede quando lo ritenne e lo dichiarò colpevole”, pressappoco così fu motivata l’archiviazione della denuncia per calunnia presentata dai familiari di Lombardo. Peccato, dalle ragioni della sua morte immagino che forse si sarebbe potuto comprendere di più e quindi risalire a qualche verità.
    Fortunato, perché dopo il fallito piano di morte contro Piero Grasso, nessuno scattò in piedi per invocare la ragionevole certezza che vi fosse “qualcuno”, oltre a Cosa nostra, a cui interessava che scomparissero quei magistrati “inaffidabili” ( come Falcone dopo il caso Pellegriti etc…) perché non condizionati dal desiderio collettivo di giustizia prevedibile, cioè secondo schemi preordinati dal sentire popolare. Invece silenzio, ha agito da sola la mafia, l’unica con la meritata patente ufficiale di criminalità. Condita, però, da una sola voce di indagini ripetitiva: un imprenditore milanese… . Ma se non fosse lui il mandante…, ci abbiamo pensato? Se non fosse lui, chi allora? Nessun altro nome s’è sentito echeggiare e invece questa domanda dovrebbe accompagnare sempre tutti coloro che mirano alla verità, che è imprendibile come il mercurio di un termometro rotto, ma irrinunciabile per la crescita sana della società.
    Da qualche tempo l’idea dell’esistenza di un mandante è condivisa da tutti e la Giustizia àlita sul collo dei colpevoli. Sembrano però scattate anche le contromisure: i depistaggi, i ricordi che riaffiorano, vecchi documenti che compaiono in frammenti. Insomma, sembra che si sia messo in moto uno scenario tanto confuso e spesso contraddittorio da sembrare preordinato, come frutto di una disarmonia prestabilita.
    Il mandante-stratega, quindi, sta forse godendo degli ultimi aiuti, ma è improbabile che se la cavi per sempre. Certo, la sua fantasia criminale autoprotettiva, secondo una strategia che è un classico nelle vicende umane, potrebbe concepire un nuovo polo d’attrazione. Egli potrebbe attuare (mandare ad attuare) un nuovo delitto eccellente da consumarsi in Sicilia, così da impegnare su altri fronti gli operatori di giustizia e distrarre l’opinione pubblica. Speriamo di no anche perché confidiamo nello Stato, ma anche perché come “non dimenticherai” disse la sirena Lighea all’umano innamorato (e fu una sentenza definitiva), “non dimenticheremo” mi permetto di dire al mandante-stratega, con il consenso presunto di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Ormai il sipario s’è mosso, il punto di non ritorno è maturato. Quindi si consideri, prima o poi, fottuto. In nome del popolo italiano, di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino e dei magistrati che non si sono ancora arresi.”.

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