"Pisapia? E' (anche) merito nostro" - Live Sicilia

“Pisapia? E’ (anche) merito nostro”

il capogruppo pd antonello cracolici
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Le amministrative in diversi capoluoghi del Paese sono stati un monito importante per i big della politica nazionale. Il grande sconfitto è certamente Silvio Berlusconi, candidato capolista al consiglio comunale di Milano. Ma se il premier non esce trionfalmente al primo turno delle amministrative, in molti sono scettici nell’individuare il vincitore nel Partito Democratico, tra l’exploit dei grillini, l’impennata di Idv a Napoli e la breccia del vendoliano Pisapia a Milano. Eppure non sono tutti d’accordo con quest’analisi. Al contrario, per il presidente dei democratici al parlamento siciliano, Antonello Cracolici, “il Pd ne esce bene, fortificato, solido e rafforzato”.

Ne è certo?
“Abbiamo davanti agli occhi un dato straordinario, a Milano il Pd è quasi il primo partito. Sinistra e libertà, invece, registra un dato ridimensionato rispetto alle previsioni. A Milano la formazione di Vendola non arriva ai 5 punti percentuali: se guardiamo a questi dati con la legge elettorale siciliana, il 90% di queste formazioni non entrerebbe nei consigli comunali. Il Pd è l’unica vera forza progressista”.

E a Napoli?
“A Napoli ce la siamo cercata. Napoli era la cronaca di una sconfitta annunciata. Ma anche lì, nonostante tutti i nostri errori, se a Napoli c’è uno sconfitto, quello è il centrodestra. Il candidato del Pdl è sotto il 40%, a fronte di una situazione assurda nel centrosinistra partenopeo. In generale, io non credo che sia corretto, comunque, parlare di un ‘caso Napoli’. C’è, invece, un caso Mezzogiorno, in cui sono diffuse situazioni che vedono il centrosinistra dilaniato che ha aperto un’autostrada al centrodestra”.

Se si parla di Napoli e sinistra non si può non affrontare la questione delle primarie. Vanno riviste?
“Io continuo a pensare che le primarie pongono problemi più che risolverli. Attenzione, detta così può essere interpretata come se Cracolici non volesse le primarie e così non è. Bisogna fare un albo degli elettori. Altrimenti il rischio è quello del modello Napoli. E soprattutto bisogna tenere a mente che le primarie sono un mezzo, non un fine”.

Crede sia il caso di aprire il dialogo coi grillini?
“Io penso che ci sia nell’elettorato di Grillo una carica di delusione nei confronti della politica. L’effetto del berlusconismo non si manifesta solo nello stravolgersi dei valori della politica, ma è passato il messaggio che i politici sono tutti uguali. E certamente non è così. Nel voto a Grillo c’è anche una componente di elettori che all’ultima chiamata alle urne erano rimasti a casa”.

Quindi l’attenzione è da rivolgersi agli elettori di Grillo, più che al movimento.
“In un certo senso. Il punto è che bisogna acquisire credibilità con una fascia sempre maggiore di elettorato. La politica deve saper nuotare in un mare largo, costruire alleanze in uno schieramento inclusivo, verso l’impegno civile, senza chiudersi in se stessi. Purtroppo spesso accade che se si perde, ci si chiude dietro la bandiera identitaria, dall’altro se si vince si pensa di essere autosufficienti. Ecco: guai al Pd se si sentirà adesso autosufficiente, sarebbe un disastro”.

A proposito di alleanze, pare che il Terzo Polo non decolli.
“Io non immaginavo che il Terzo Polo decollasse più di tanto, questa è una fase politica in cui inevitabilmente si tende a bipolarizzare il sistema. Ora, se ai Comuni si va al ballottaggio, lo stesso non si può dire in altre competizioni elettorali. Per le Regioni e il Parlamento Nazionale non c’è il secondo tempo, c’è il tempo unico. E il Terzo Polo deve fare una scelta. Non può pensare di vivere di indefinitezza di alleanze”.

Alla luce di questo primo risultato elettorale, pensa che la strategia del Pd siciliano vada rivista?
“Io credo che non abbiamo nulla da correggere. Al contrario, rivendico con orgoglio che per primi abbiamo avuto la spia che il berlusconismo stava imboccando il viale del tramonto. Prenda con le pinze quello che sto per dirle, perché meriterebbe un’analisi più approfondita, ma io credo che il dato di Milano sia figlio, in piccolo, di quello che è avvenuto in Sicilia, dell’avere – cioè – messo all’angolo Berlusconi”.


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