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Chi ha sparato sulla Croce rossa

Sanità e debiti
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Mentre l’assessore si vanta del nuovo corso, quello vecchio galleggia nei debiti. La voragine della precedente gestione del 118, quella affidata alla Sise, è una ferita ancora aperta per i conti della Regione: effetto di un contenzioso che si trascina da cinque anni, e che si è tradotto in due ingiunzioni di pagamento per un totale di 64 milioni e 780 mila euro che la Croce rossa ha presentato contro l’assessorato regionale alla Sanità. Che dal canto suo si è opposto ai pagamenti, spingendo la Cri a correre ai ripari: proprio una settimana fa il commissario straordinario Francesco Rocca ha deciso di anticipare 14,6 milioni per mettere una toppa sul baratro, per evitare – è scritto nero su bianco nell’ordinanza di Rocca – che la Sise, a sua volta creditrice nei confronti della Croce rossa, iscriva “ipoteche sugli immobili della Cri”.
Già, perché intanto la voragine rischia di allargarsi. Il 12 novembre il presidente del collegio dei liquidatori della Sise, una società controllata al 100 per cento dalla Croce rossa, ha chiesto 40,4 milioni per fare fronte ai debiti, proprio per evitare l’accumulo di interessi, multe e accordi decaduti. Soprattutto questi ultimi: il 15 marzo dell’anno scorso, quando i tremila dipendenti della Sise sono passati alla Seus, la nuova società mista che si occupa del 118, l’azienda ha firmato un’intesa con i sindacati per dilazionare in quattro mesi il pagamento delle tredicesime arretrate, delle ferie non godute, del Tfr e dei premi di produttività. Il calcolo è facile: i 4 mesi sono scaduti a luglio dell’anno scorso.

Si ciba principalmente di questo, lo scandalo del 118 che fu. All’elefantiaca cifra di tremila dipendenti si è arrivati nel periodo dell’allegra gestione targata Totò Cuffaro. Perché è proprio durante i governi guidati dal politico di Raffadali che il mostro Sise è diventato enorme a spese dei contribuenti: le ultime assunzioni, circa 450, sono arrivate anche dopo il 2006, quando il piano di rientro era già una priorità per la Regione. Allora l’assessore alla Sanità era l’attuale rettore Roberto Lagalla, ma neanche l’Mpa è esente da colpe: quando la creatura mosse i primi passi, con le prime massicce assunzioni, l’assessore alla Sanità era Giovanni Pistorio, oggi uno dei colonnelli del partito autonomista.

Ovviamente i debiti nei confronti dei dipendenti sono rimasti tali. Tanto che il 5 ottobre 2010 Ridolfi ha chiesto alla Croce rossa 14 milioni per pagare il personale ed evitare così “più gravosi oneri a carico della Società a seguito della decadenza delle transazioni”. Il rischio di nuovi contenziosi, il 2 maggio, ha portato la Sise e la Cri a siglare un accordo con Cgil, Cisl, Uil, Fials e Ugl, con il quale la società si impegna a pagare tutto entro un mese: 14 milioni e 233 mila euro di vecchi debiti più un indennizzo per il ritardo nel pagamento. “L’accordo – spiega Caterina Tusa, responsabile Sanità della Fp-Cgil Sicilia – prevede altri 120 mila euro di indennizzo. Così viene premiata la volontà dei sindacati di chiudere in maniera politica e non giudiziaria questa vicenda”.
Ma a portare la vicenda in tribunale ci hanno pensato Sise, Cri e Regione. Il 10 maggio dell’anno scorso, infatti, la Croce rossa si è rivolta al tribunale di Palermo per ottenere il saldo di 42,4 milioni di debiti da parte della Regione: il 21 maggio, solo 11 giorni dopo, il giudice ha dato ragione alla Cri, ma Palazzo d’Orléans ha presentato ricorso. Un anno più tardi, il 19 maggio 2011, l’ente guidato da Francesco Rocca ha rincarato la dose: questa volta la richiesta è stata di 22 milioni e 382 mila euro, che sono confluiti in un secondo decreto ingiuntivo. La Sise, nel frattempo, non è rimasta a guardare: l’8 marzo la società ha ottenuto dal tribunale di Palermo l’esecutività di un decreto ingiuntivo da 49,4 milioni presentato nei confronti della Cri, che ha reagito prima chiedendo la sospensione dell’esecuzione e poi accordandosi con la Sise per pagare 14,6 milioni subito e il resto in un secondo momento.

Perché questa è una storia di crediti circolari. La Sise chiede soldi alla Cri perché di debiti ne ha mica pochi: oltre agli ex dipendenti, al fisco e all’Inps, nel frattempo a bussare alle porte della società si sono presentati anche i fornitori. L’ultima volta il 4 maggio, quando il tribunale civile di Roma ha notificato alla Sise l’istanza di fallimento della Leasys Spa, “che reclama – scrive Rocca in una nota di pochi giorni fa – il mancato pagamento di crediti commerciali per noleggio autoambulanze per un importo pari ad euro 3.789.293,86”. Quando si dice “piove sul bagnato”.
Tanto più che la Regione non sembra intenzionata a pagare. Il meccanismo, che veniva definito “triangolare” dalla Cri, prevedeva che l’assessorato di piazza Ziino pagasse la Croce rossa e che questa versasse i soldi alla Sise, con una partita di giro perfetta. Ma il triangolo, a un certo punto, s’è rotto, e ognuno ha iniziato a dare i propri numeri: la Sise, il 25 novembre, ha quantificato il credito complessivo nei confronti della Cri in 76,7 milioni, mentre la Croce rossa il 7 febbraio ha messo nero su bianco che “il totale delle fatture emesse dalla Sise nei confronti del Comitato regionale Cri Sicilia – ad oggi non ancora saldate – ammonta ad euro 64.464.727,96, pur facendo presente che è in corso un’ulteriore fase di riscontro contabile con gli uffici della Sise Spa in liquidazione poiché il saldo delle fatture a credito dalla Cri verso la Regione Siciliana è pari ad euro 64.275.607,99”. Differenze minime, se si pensa che invece la Regione alla fine dell’anno scorso ha quantificato in “pochissime centinaia di migliaia di euro” il debito, tanto che ai decreti ingiuntivi ha sempre risposto con un controricorso.

La questione, così, è finita sul tavolo di due ministri e un sottosegretario. L’8 ottobre, infatti, Rocca ha chiesto al ministro dell’Economia Giulio Tremonti, al suo omologo della Salute Ferruccio Fazio e al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta un tavolo tecnico per venire fuori dal contenzioso. Il 2 febbraio Rocca ha scritto solo a Fazio, ma l’obiettivo era lo stesso: un tavolo per discutere il problema. Dal ministero, però, non è arrivata ancora nessuna risposta, e a questo punto sembra evidente che la partita si risolverà in tribunale. Ma perché il nuovo corso si possa celebrare a pieno è necessario prima archiviare le ceneri del vecchio. Mettendo in soffitta una partita di sprechi senza precedenti.


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