"Palermo, magnifica ossessione" - Live Sicilia

“Palermo, magnifica ossessione”

A colloquio con Tommaso Dragotto
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3 min di lettura

Tommaso Dragotto è un uomo che non intende risultare per forza simpatico. Per fortuna. Dopo venti minuti di chiacchierata è l’unica valutazione che mi sento di azzardare. Mi è venuta la voglia di conoscerlo, dopo il Forum organizzato dalla sua “Impresa Palermo” al cinema Golden. Pensavo che mi sarei trovato al cospetto della solita squallida marcia di politicanti e portaborse, mimetizzata da palingenesi e rivoluzione. Invece, i ragazzi di “Impresa Palermo” hanno messo insieme, ormai qualche settimana fa, una narrazione coesa e convincente. Un excursus compiuto. Dalle brutture di oggi a un cambiamento, numeri alla mano, verosimile. E c’erano scuole, persone e volti della cosiddetta società civile. Quella vera, non la riproposizione sotto aceto “dei professori dell’altro ieri che stanno affrettandosi a cambiare altare”.

Dunque, corsa veloce fino a Carini. Per saperne di più su questo Dragotto che, di professione, si occupa di auto. E per capire perché un signore con i capelli bianchi, benestante (“non ricco”, dice lui. E ci tiene alla distinzione) abbia deciso di impegnare il suo tempo addirittura per “salvare Palermo”. Insomma, dov’è la magagna? Vocina dell’antico disfattismo panormita in me: attento, o il sor Tommaso è pazzo di catena, o è uno sistemato lì per tirare la volata a un altro, già pronto a balzare fuori dalla naftalina. Due secondi di rapidi convenevoli nello studio del nostro e glielo chiedo. Gli domando cioè perché un tizio ricco (e lui corregge “benestante”) desideri proporsi nei panni scomodi del supereroe, con un movimento tutto suo e l’immancabile decalogo. Risposta: “E’ la questione che affascina tutti. Io tento di spiegare che sono disinteressato e che ormai ho un’età e un lavoro che mi consentono di concentrarmi sul benessere della mia città. Se mi credono, perfetto. Altrimenti, che ci posso fare?”. Il sunto della presunta follia è nella metropoli del futuro immaginata dagli occhi che mi stanno davanti, a un tiro di scrivania. Via Libertà come la Rambla di Barcellona. Mondello lustrata alla stregua di un diadema. Scusi, con quali soldi?, provo a informarmi. E Tommaso, paziente, chiarisce che il denaro si potrebbe trovare. Che basterebbe coinvolgere i privati. Che, con un po’ di buona amministrazione – mica la luna – sarebbe già semplice sistemare le storture e gli inciampi del nostro orribile viatico quotidiano.

D’accordo. Abbozzo e affondo la stoccata. Scusi ancora, lei ritiene che ci sia speranza per i palermitani, che sarebbe agevole condurli verso una meta sicura? Lui ci riflette, rimugina e scuote la capoccia candida in chiave affermativa: “Sì, ma abbiamo bisogno di un leader”. T’ho beccato in castagna, Tommaso: non ci fu già il “Sinnacollanno”? Più leader e capopolo di così… E Dragotto risponde: “Luca è soprattutto un politico”. Poi, non aggiunge altro, con l’aria di chi abbia già esaurito l’argomento. “Palermo è una magnifica ossessione per me – incalza l’oratoria dragottiana -. Non escludiamo un impegno politico diretto, se non ci saranno risposte. Ma non chiudiamo la porta a nessuno. Tutti gli uomini di buona volontà sono invitati a venire con noi”.
Contro-replica scontata: il suo primo atto da sindaco, nell’ipotesi… “Sceglierei le persone giuste. Senza, non si va lontano. La nostra classe politica si distingue per improvvisazione e incapacità”. Saluti, stretta di mano e un sussurro di commiato: “Sa, non ho scheletri nell’armadio. Non ho paura di nulla”.
Chi è Tommaso Dragotto? E’ l’ennesimo Dulcamara con l’abituale pozione magica? E’ uno cui prestare fiducia? Decidano i lettori, se questo disegnino accennato gli basta o se avranno il ghiribizzo di conoscerlo. Di buono – e l’abbiamo già scritto – c’è la magnifica ossessione per Palermo, enunciata o in campo, che dovrebbe abitare nella bisaccia del cuore di ogni cittadino onesto. Diceva Wolfgang Hobleinz, grande autore tedesco: “C’è qualcosa di più pericoloso dei sogni di un bambino: i sogni di un uomo”. Ribatteva a distanza mio nonno: “Le uniche rivoluzioni le fanno i giovani, ma quando hanno già i capelli bianchi”.

(segue)


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