Messineo: "La mafia non cambia"| Ecco come sono andate le indagini - Live Sicilia

Messineo: “La mafia non cambia”| Ecco come sono andate le indagini

L'arresto di Gaetano Riina
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La mafia è vecchia. Dopo quasi due decenni, i fantasmi del passato tornano a manifestarsi negli stessi luoghi, negli stessi nomi, nelle medesime logiche. Quasi che i clamorosi avvenimenti che negli ultimi anni hanno visto catture e pesanti condanne per i reggenti mafiosi, la tecnica dell’ “inabissamento” di Provenzano, la successione dei Lo Piccolo, i giovani rampanti Nicchi e Co. e le disperate ricerche del nuovo capo dei capi Matteo Messina Denaro, non fossero mai accaduti, spazzati via dal paradosso temporale di ciclo storico che si ripete all’infinito. L’Operazione Apice eseguita dai Carabinieri del Gruppo di Monreale e Ros, che questa mattina ha portato all’arresto di Gaetano Riina, dei suoi pronipoti Giuseppe Grizzaffi e Alessandro Correnti e di un altro soggetto estraneo al nucleo familiare, chiarisce un punto: e cioè che il passaggio del testimone dai vecchi ai giovani è fallito o non c’è mai stato, perché i nuovi padroni sarebbero ancora quelli di una volta: i corleonesi, Riina.

Ne è convinto il Procuratore di Palermo Francesco Messineo, intervenuto questa mattina in conferenza stampa : “Questo denota che la mafia continua a essere uguale a se stessa e non ha intenzione di cambiare i suoi comportamenti, ancora profondamente legati alla logica del territorio. Il mio pensiero corre subito a Corleone, che però intendiamoci, non è più quella di tanti anni fa e i suoi cittadini hanno dimostrato una grande apertura nei confronti delle istituzioni”. “Un’operazione non facile”,  aggiunge il procuratore aggiunto della Dda, Ignazio De Francisci coordinatore delle indagini, durate circa tre anni, che hanno permesso di menomare lo storico mandamento mafioso di Corleone, azzerare la capacità operativa della famiglia dei Riina attraverso l’arresto del fratello del più noto Salvatore Riina, e di acquisire alcuni elementi sulla capillare attività estorsiva ai danni degli imprenditori presenti nel territorio di Corleone e Mazara del Vallo, dove da tempo Gaetano Riina viveva.

“Gran parte del materiale probatorio però deriva dalle intercettazioni ambientali. Adesso temiamo che i tagli disposti dal governo – dice De Francisci – possano investire anche queste spese, fondamentali per permettere al Paese di progredire”. L’interesse di delineare il nuovo assetto del mandamento mafioso di Corleone e delle sue famiglie, inizia nel 2008, dopo l’omicidio di Nicolò Romeo avvenuto tra Corleone e San Cipirello l’11 maggio 2010, e continua contestualmente con l’operazione Perseo. E’ questo che ha fatto intuire agli investigatori che qualcosa stava cambiando e che Il territorio di Monreale nonostante la sua riconducibilità al mandamento di San Giuseppe Jato, rimaneva sotto il controllo dei corleonesi. Significa che vi era una continuità di gestione della famiglia Riina sul mandamento centrale, resa possibile grazie a Gaetano, un uomo di 78 anni, che sebbene soggetto non istituzionale all’interno di Cosa Nostra, nell’ultimo periodo avrebbe iniziato a frequentare le riunioni di “quelli che contano”. Serviva da un lato, qualcuno che assicurasse il dominio assoluto della famiglia, e dall’altro una guida che ovviasse all’inesperienza dei giovani rampolli, guidandoli nella rifondazione della Cupola. Lo dice anche Messineo: “Nel sentire mafioso il capo assoluto è sempre rimasto Totò Riina. Bernardo Provenzano era più che altro un autorevole mediatore”.


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