Scompare presunto mafioso|Ricerche a San Cipirello - Live Sicilia

Scompare presunto mafioso|Ricerche a San Cipirello

È Gaspare Di Maggio
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Mercoledì 6 luglio. Quindici minuti dopo le diciassette. Gaspare Di Maggio, 32 anni, si allontana dalla sua abitazione di San Cipirello. Si muove in macchina, una Audi A 3. Non dice dove sta andando, ma il suo comportamento non tradisce segni di nervosismo o paura. Almeno così dicono la madre e la sorella che ne hanno denunciato la scomparsa. Delle due l’una: o si è allontanato per scelta oppure non dubitava di chi gli avrebbe dato appuntamento. Da quel momento di lui non ci sono più notizie. Non c’è traccia della macchina e i suoi telefonini sono spenti. E siccome Di Maggio ha nomi e parentele pesanti non può essere esclusa l’ipotesi della lupara bianca.

I carabinieri del Gruppo di Monreale, guidati dal colonnello Pietro Salsano e dal maggiore Mauro Carrozzo, stanno setacciando il territorio. Ricerche a tappetto. Ma chi è Gaspare Di Maggio? Nel 2008 è stato arrestato nell’operazione Perseo, ma fu assolto per l’inutilizzabilità di alcune intercettazioni. E’ sospettato di avere fatto parte del clan guidato da Giuseppe Caiola, ed è nipote di Giuseppe Agrigento, a sua volta fratello di Gregorio, capo mandamento di San Giuseppe Jato. In realtà lo scettro sarebbe dovuto finire nelle mani di Di Maggio, ma gli fu preferito il più stimato Caiola. Storie di donne, forse. Certamente storie di debiti. Di Maggio aveva il brutto vizio di chiedere soldi in prestito senza più restituirli. Giuseppe D’Anna e Antonino Alamia, vicini a Caiola, di lui dicevano che “si faceva schifare”. Sommerso dai debiti, Di Maggio avrebbe scelto di cambiare aria. Ipotesi plausibile. Altrettanto lo è, però, la pista che porta alla lupara bianca. Debiti su debiti, alla fine qualcuno potrebbe avergliela fatta pagare.

A complicare il quadro ci sono anche le intercettazioni di recenti indagini. Il nome di Di Maggio è saltato fuori anche nell’inchiesta che ha portato in carcere Gaetano Riina. Quando la nuova mafia fu messa in ginocchio dall’operazione Perseo, il fratello di Totò Riiina provò a fare valere il suo cognome. A capo della mafia corleonese c’era Rosario Lo Bue, assolto nel 2010 perché dichiarate nulle le intercettazioni che lo inchiodavano come capo. Riina confidava a Giovanni Durante, anche lui in manette, che Lo Bue non gli piaceva affatto anche, e soprattutto, per la sua vicinanza a Gregorio Agrigento e Gaspare Di Maggio, indicati come capi a San Giuseppe Jato, e imparentati con il pentito Giuseppe Monticciolo: “… ma tu hai a che fare con persone… se tu sa che in questa famiglia c’è un che è a contatto con gli sbirri… che ha fatto condannare i miei nipoti… che cazzo ci incontri?”.


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