Uno straniero a Palermo - Live Sicilia

Uno straniero a Palermo

Una domenica di fine estate, trascorsa a scrivere e parlare di un argomento scandaloso: la felicità in una terra infelice. C'è chi vorrebbe andare via da Palermo. Chi si arrabbia perché fuggire sarebbe viltà. Ma intanto il sasso è lanciato. Si gonfia qualcosa che somiglia al dibattito. Il nostro Adriano Frinchi ci ha pensato su. Ecco la sua proposta.

“È cosa ben triste, per quanti passano per questa grande città vedere in che stato si trova”. Se fosse vivo e se vedesse Palermo il mordace scrittore irlandese Jonathan Swift probabilmente inizierebbe nuovamente così il suo celebre pamphlet satirico “A modest proposal”, dedicandolo però alla nostra città e non alla sua Dublino che ora se la passa molto meglio. E ci sarebbe veramente bisogno di una “modesta proposta” per risollevare o almeno scuotere dal torpore la municipalità. Swift nel suo scritto satirico proponeva di risolvere i problemi sociali di Dublino, mangiando i bambini poveri. Certo un’idea di questo tipo scandalizzerebbe molti, forse troverebbe d’accordo Philippe Daverio che a suo tempo definì con durezza una signora palermitana povera ma molto fertile, ma non volendo riproporre una pensata abusata e anche un po’ troppo cruenta, si potrebbe pensare ad una “modesta proposta” diversa per Palermo. Personalmente dopo attenta riflessione e dopo essere giunto alla conclusione che i palermitani, e i siciliani in genere, sono incapaci di governarsi da soli auspico che questa città torni ad essere governata da una potenza straniera.

In fondo, se ci pensiamo bene, questa città è sempre stata, nel bene e nel male, dominata e i suoi cittadini sempre deresponsabilizzati salvo rare eccezioni che non hanno mancato di portare disastri. Da un po’ di tempo a questa parte cioè da quando siamo liberi, si fa per dire, e in regime democratico, affidiamo il ruolo di sindaco a personaggi incapaci se non addirittura pericolosi e riempiamo il nostro consiglio comunale di soggetti su cui è meglio tacere per amore di questo giornale. Quale miglior soluzione allora di sgombrare i palazzi del potere cittadini da questi intrusi per sostituirli con amministratori forestieri? Certo bisognerebbe scegliere accuratamente i nuovi potenti perché, come la storia insegna, possono essere anche peggio dei nostri. Si potrebbe cominciare con l’evitare quelli che ci sono già stati direttamente: arabi, francesi e spagnoli hanno già le loro rogne, e la casa reale Borbonica penso abbia già il suo bel da fare con Napoli.  Casomai agli arabi si potrebbe far comprare il Palermo Calcio. Escluderei gli americani, non abbiamo bisogno di nuovi Mc Donald o di ricongiungere famiglie mafiose, e anche i cinesi che già abbiamo in abbondanza e per giunta sono comunisti. Resterebbero i tedeschi e i paesi scandinavi. Considerato il comportamento di certi turisti tedeschi, opterei per il rigore e la buona amministrazione scandinava. Immaginate norvegesi, svedesi o finlandesi che prendono in mano le redini di questa città e la rendono ordinata, pulita e vivibile, con servizi di prim’ordine simili a quelli delle città che si affacciano sul mar Baltico o sul mare del Nord, solo con un po’ più di caldo.

Eppure sono certo che tanti palermitani non gradirebbero i biondi governanti, forse storcerebbero il naso davanti al loro rigore, riuscirebbero a lamentarsi delle regole e dell’onestà dei discendenti dei Normanni. E che fare davanti a questa resistenza endemica alla civiltà? Forse il protettorato non basta, urge la colonia e addirittura il ripopolamento. E allora si potrebbero fare arrivare le famigliole scandinave dei nuovi governanti, che di certo saprebbero procacciarsi gli appartamenti, e procedere alla graduale sostituzione degli indigeni palermitani che potrebbero spostarsi più a Sud, magari nella nuova Libia post Gheddafi. Se così fosse forse bisognerebbe rivalutare la proposta originaria di Jonathan Swift e dare ragione a Daverio, nella speranza segreta che questi surreali propositi tornino nel cassetto per far posto ai grandi e veri propositi, ma ancor di più all’impegno e ai fatti, di una nuova classe dirigente e soprattutto di una rinnovata cittadinanza.


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