Lombardo, Badalamenti e le accuse | Tutta la verità nelle carte (scomparse) - Live Sicilia

Lombardo, Badalamenti e le accuse | Tutta la verità nelle carte (scomparse)

Poggiavano su qualcosa di vero le accuse fatte al maresciallo Antonino Lombardo suicidatosi nel marzo del 1995? Con l’aiuto degli scritti dello stesso Lombardo proveremo a colmare questa lacuna in modo tale da sottrarre al tifo da stadio (colluso o non colluso) questa storia triste e ancora irrisolta, riaperta dall’articolo di Aldo Sarullo. In un rapporto del 12 ottobre 1994, poche ore dopo aver incontrato in un carcere americano Tano Badalamenti (nella foto), Lombardo mette nero su bianco di aver avuto contatti di natura confidenziale con il boss. Ecco cosa dice quel rapporto firmato con un altro CC, l’allora maggiore del Ros Mauro Obinu: “L’iniziale contatto è avvenuto per ovvie ragioni di psicologia relazionale, esclusivamente e per venti minuti con il maresciallo Lombardo, il quale, dopo aver ricordato i vecchi contatti avuti negli anni passati e dopo aver detto di appartenere al reparto che ha catturato Riina ha indicato il motivo specifico della visita: l’omicidio Pecorelli.”. La spiegazione di quei contatti è nello stesso rapporto firmato da Lombardo: “Badalamenti ha ammesso di aver avuto rapporti confidenziali con Lombardo”. E ancora: “Badalamenti ha espressamente parlato di mafia, asserendo di non capire come mai, visto che i carabinieri nel 1978 avevano refertato che lui e il suo gruppo non erano alla base della crescente ondata di violenza, si era in seguito accettato di non consentirgli di opporsi a tale incipiente e tragico avvento…Per la prima volta ha assunto la veste di mafioso e di contraltare al montante strapotere corleonese”.

Altro che omertà e codice d’onore: Badalamenti era uno sbirro, uno che per non soccombere a Riina si era offerto ai carabinieri. Ma quali rivelazioni il boss ha fatto nel corso degli anni a Lombardo e quali vantaggi ha avuto? Da chi era autorizzato Lombardo ad incontrare e a non arrestare uno dei capi della Cupola latitante, mandante di omicidi e a capo del più lucroso affare di droga mai intrapreso da Cosa nostra, la Pizza Connection? Insomma, Lombardo era un colluso perché incontrava Badalamenti o non lo era solo perché era autorizzato da una ragion di Stato? Il segreto di questa storia è tutto qua e non certo nei comportamenti di Santoro o nelle accuse di Orlando, ricordati da Aldo Sarullo, che comunque non fanno onore a nessuno dei due. Un segreto che è ben sepolto in un archivio di Stato, perché gli appunti di Lombardo dove annotava i suoi rapporti confidenziali con boss e semplici picciotti sono spariti.

E non da un ufficio qualsiasi, non per mano mafiosa, ma dalla caserma del Ros di Palermo dove Lombardo li aveva portati e dove si è suicidato il 4 marzo 1995. Perché quel gesto così eclatante? Fu davvero causato delle parole di Orlando? La prostrazione di Lombardo la spiega lui stesso nel suo ultimo messaggio, scritto poco prima di uccidersi: “La mia delegittimazione va cercata nei viaggi in America… il giorno più bello della mia vita è stato il giorno dell’arresto di Riina a cui ho dato un grosso contributo che può essere confermato o smentito”. Perché i superiori non dovevano confermare il ruolo avuto da Lombardo? E perché Lombardo fu estromesso da qualsiasi altro contatto con Badalamenti? Altri interrogativi sepolti nel ventre molle di quello Stato che prima ha utilizzato Lombardo nella terra di confine tra mafia e antimafia e poi quando quel lavoro “riservato” poteva diventare imbarazzante lo ha lasciato solo.

“Rifarei quello che ho fatto perché erano ordini precisi” – ha lasciato scritto il maresciallo. C’era qualcuno che negli stessi anni in cui Lombardo obbediva agli ordini incontrando Badalamenti, gli ordini li rifiutava. Si chiamava Peppino Impastato, l’unico di cui Badalamenti aveva davvero paura. Perché non lo poteva né comprare, né vendere. Solo ammazzarlo.


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