La domenica speciale di Salvuccio - Live Sicilia

La domenica speciale di Salvuccio

Il terzogenito di Riina in libertà
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E’ una domenica speciale per Salvuccio Riina. Per il terzogenito del capo dei capi, Totò Riina, si aprono le porte del super carcere di Voghera. Torna ad essere un uomo libero. Proverà a ricominciare da Padova. Da una onlus che si occupa di aiutare gli ex detenuti a reinserirsi nella società. Non sarà facile rifarsi una vita. Lui, però, ha detto di volerci provare. Innanzitutto, lasciando la Sicilia, la natia Corleone.

Giuseppe Salvatore Riina ha scontato otto anni per mafia e il giudice di Pavia ha dato il via libera alla richiesta di trasferirsi in Veneto. Non è una libertà piena la sua. Da oggi è sottoposto al regime di vigilanza: dovrà rincasare prima delle 22, firmare il registro in commissariato e stare attento alle frequentazioni. Al primo errore tornerà in cella. Ristrettezze digeribili specie se sei uno, e lui lo è stato, che ha vissuto al 41 bis: sorveglianza a vista, luce accesa 24 ore su 24, nessun contatto con gli altri detenuti, poca tivvù, e rigidi controlli su cibo, lettere, vestiti. Salvuccio Riina riparte da Padova. “Sia chiaro che il signor Riina non è un pentito – ha spiegato in tribunale il suo difensore, l’avvocato Francesca Casarotto – e rimane in ottimi rapporti con i suoi congiunti. Semplicemente ha manifestato la sua volontà di non ritornare in Sicilia e di fermarsi in un luogo dove ritiene di avere più possibilità di ricominciare una vita da persona onesta lontano dall’ambiente che gli ha provocato guai con la giustizia”.

Riina junior, a 34 anni riparte da Padova. Forse è stata la madre, Ninetta Bagarella a suggerirgli di stare lontano dalla Sicilia. Il suo arrivo in terra veneta, c’è da scommetterci, non passerà inosservato. Le prime avvisaglie sono state chiare. La collera, che in questo caso ha i colori della Lega, si è manifestata nelle parole dell’assessore regionale Roberto Ciambetti. “Noi mandiamo i soldi al sud e loro ci mandano i mafiosi? – ha dichiarato -. Facciamo così: noi ci teniamo i nostri soldi e loro si tengano Riina. È come se mi chiedessero di portarmi a casa un agente patogeno o delle scorie radioattive. No grazie: il nostro territorio ha già dato in passato. Forse così lo Stato italiano vuole ricordarci chi comanda, e questo dimostra che c’è ancora chi pensa che il Veneto sia una colonia da spremere e basta. Ma basta, questa volta lo diciamo noi”. Salvuccio Riina sarà l’impiegato di una onlus dove tenterà di proseguire il suo percorso lungo la strada della normalità. Un percorso che lo ha già visto vestire i panni del detenuto modello e quelli di studente universitario iscritto al terzo anno di Economia.

Deve lasciarsi alle spalle un passato in cui non si è limitato ad essere il figlio di Totò Riina. Mafioso lo è stato pure lui come sancito dalla Corte d’appello di Palermo il 27 dicembre 2007. Un processo lungo, quello a carico di Salvuccio Riina. Condannato in primo grado a 14 anni e sei mesi e, in appello, a 11 anni e otto mesi. La condanna era stata però annullata dai giudici della Cassazione che, dopo aver prosciolto il ragazzo dall’accusa di estorsione, avevano ordinato un nuovo processo per associazione mafiosa, al termine del quale arrivò la condanna a otto anni e dieci mesi. Nella requisitoria in Cassazione, dove la sentenza divenne irrevocabile, il procuratore generale Vito D’Ambrosio, ribadì l’esito delle indagini: “Riina junior faceva parte di Cosa nostra e aveva messo in piedi un piccolo clan che operava tra Corleone e Palermo”.

Questo fino agli inizi del 2000, perché in anni più recenti le indagini hanno detto che Salvuccio Riina è stato tagliato fuori. Nel 2008 i carabinieri bloccano sul nascere il tentativo da parte di alcune famiglie mafiose palermitane di riconvocare la commissione provinciale di Cosa nostra che aveva smesso di legiferare con l’arresto di Totò Riina. I boss di Porta Nuova vantavano anche l’appoggio di Corleone dove, a loro dire, comandava “il piccolo” Salvuccio. Balle, dicevano altri mafiosi bene informati. “Il figlio del corto” aveva avuto l’ordine, tramite la madre, “di non uscire… non si deve immischiare al di fuori delle cose di casa sua…”. La stessa Ninetta Bagarella che oggi lo ha convinto ad allontanarsi dalla Sicilia. A ricominciare da Padova.


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