"Nessuno è colpevole per eredità" - Live Sicilia

“Nessuno è colpevole per eredità”

L'avvocato Di Gregorio
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A Padova non lo vogliono Salvuccio, a Corleone neanche. E chi lo vuole il “figlio del padrino” come vicino di casa? “Se è vero che viviamo in uno stato diritto, allora dobbiamo accettare le leggi in toto. L’autorità giudiziaria ha ritenuto di doverlo condannare a 8 anni. Finiti questi lui avrà saldato il suo conto con la giustizia. Dopo la condanna che si è espressa con una pena, il nostro ordinamento prevede il reinserimento dei detenuti. Se la società si arroga un diritto di applicazione di pene “ulteriori”, non rispetta le leggi, creando un meccanismo punitivo parallelo a quello del nostro ordinamento. Ma questo è quello che fa la mafia”.

Questo, il punto di vista secco e lineare di Rosalba Di Gregorio, avvocato penalista e legale di Bernardo Provenzano. Che continua: “Il problema è “rispettiamo le leggi? Oppure no?”. Se siamo rispettosi della pena stabilita e scontata, allora, dopo dobbiamo accettare anche il reinserimento”. “Il carcere ha, o dovrebbe avere, una funzione rieducativa oltre che puntiva. Almeno sulla carta. Io credo che in questo momento non ce l’abbia ma se ci affidiamo alle leggi dello Stato dobbiamo ammettere entrambe le funzioni. Allora non possiamo escludere, da società che si dica “civile”, una persona uscita dal carcere e che dunque è stata rieducata”.

Sulla sua “rieducazione” poco si sa. Il suo legale ha sottolineato che lui non è un pentito della mafia, ma il cappellano del carcere di Voghera, don Luciano Daffra ha parlato di lui come di un bravo ragazzo, uno semplice, acqua e sapone: “sembra una persona molto trasparente” ha detto. Quello del reinserimento, poi, è un problema generale. Solo che in questo caso, Giuseppe Salvatore Riina, detto Salvuccio, porta la pesante eredità di un cognome.

Ma io non sono d’accordo sull'”ereditarietà” della colpa: non è che se sei figlio di martiri sei automaticamente una brava persona, o se sei figlio di un boss sei automaticamente uno cattivo. Non sono d’accordo con l’automatismo per cui i figli dei “buoni” debbano assurgere agli altari, e i figli dei boss debbano stare nel fango. Ognuno deve essere valutato per le sue azioni, non per quelle dei propri genitori: Riina è stato condannato ma ha scontato la sua pena. E in uno stato di diritto non dovrebbe continuare ad essere “punito” per il cognome che porta”: dice l’avvocato Di Gregorio. E conclude: “Se qualcosa in questo sistema non funziona allora che si promuova una riforma costituzionale. Che gli elettori, con il loro diritto-dovere al voto, eleggano dei rappresentati che possano promuovere una riforma. O si fa funzionare davvero la rieducazione nelle carceri, rendendole degne della funzione che hanno, o si abroga la legge”.


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