Ridere di mafia? Si può - Live Sicilia

Ridere di mafia? Si può

Villa Filippina. Il Festival della legalità
di
3 min di lettura

“Sono convinto che la smitizzazione serve a infastidire la mafia, il mafioso ha bisogno di essere circondato da un’aura mitica di potere, di intoccabilità per sentirsi forte”. Ridere di mafia si può e si deve. Lo dice Antonio Ingroia, procuratore aggiunto di Palermo durante il suo intervento alla terza giornata del Festival della Legalità.

Villa Filippina così torna a riempirsi di ragazzi e questa volta soprattutto per farli ridere. “Dobbiamo ridere della mafia, perchè la risata produce endorfina che si dice allunga la vita. Così per la prima volta la mafia invece di uccidere allungherà la vita. Ragazzi ridete. La risata è l’unica arma che abbiamo per difenderci da questo mondo che ci vorrebbe malati, stressati e pazzi”. Antonio Di Stefano, autore insieme a Lino Buscemi del libro “Signor giudice, mi sento tra l’anguria e il martello”, (titolo che fa rifermiento alla frase di Carmelo Grancagnolo nel rivolgersi ad un guidice) invita così i ragazzi a vedere anche sotto questo aspetto la mafia.

E per cominciare a farlo i due, cultori dell’umorismo involontario come si definiscono, raccontano una serie di episodi tratti dal loro “stupidario di mafia” scritto a quattro mani. Tutti episodi assolutamente veri: una signora vuole andare a trovare il marito detenuto: “Scusi, dov’è l’aula hamburger?”. O ancora un mafioso che confessa: “Basta non lo farò più: la Madonna mi è apparsa in sogno e mi ha detto che dovevo diventare bravo, che mi dovevo invertire”. “Scusi lei è sedicente mafioso? No, io sono trentenne”.

Una sfilza di aneddotti, insomma, che ha fatto sorridere sulla goffagine dei mafiosi e sul loro italiano pasticciato tutto il pubblico della scuola. Ha riportato un po’ di serietà invece l’intervento di Antonio Albanese, presidente di Confindustria Palermo che ha raccontato ai ragazzi la sua personale esperienza diretta con un estorsore e ha ricordato loro che si deve combattere la mafia denunziando. “Oggi è la cosa che più conviene. È più facile non pagare il pizzo che pagarlo. Tutti gli imprenditori che denunziano vivono la loro vita tranquillamente, siamo per fortuna molto lontani dagli anni dell’isolamento a cui fu sottoposto Libero Grassi. Oggi – ha detto- chi lo paga o è un fesso e quindi non può fare l’imprenditore, o vuole scorciatoie e quindi è un colluso. Non esiste più la scusa della paura”.

Antonio Ingroia ha poi richiamato alla memoria la figura di Peppino Impastato: “Lui usava l’arma dello sberleffo, della satira per combattera la mafia- ha raccontato- e lo faceva tramite una radio, Radio Aut che allora fece più danno (alla mafia) di tanti altri libri o articoli contro la mafia. Certamente però non bisogna ridere della mafia compiancendosi dei suoi aspetti folcloristici – ha aggiunto- ma con la satira che esprima anche una critica, quella che li smitizza, che fa sorridere noi e fa incazzare loro”.

Ospite dell’incontro di questa mattina è stato anche il giornalista Enzo Mignosi, autore del libro “Cose loro”, chiamato più volte in causa sulla religiosità dei mafiosi e sulla “mafiosità di alcuni religiosi”, che ha continuato a regalare al pubblico episodi grotteschi dei mafiosi. “Se riuscissimo tutti a ridere della mafia forse potremmo realizzare un sogno: seppellirla. Con una risata ovviamente”. In serata alle 21 l’appuntamento a Villa Filippina sarà con “La matassa” di Ficarra e Picone per continuare a ridere con la storia del gestore di un albergo (Salvo Ficarra) e di suo cugino (Valentino Picone) alle prese con un’estorsione.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI