Catalano, ricorso contro la decadenza - Live Sicilia

Catalano, ricorso contro la decadenza

Pochi giorni fa, l’Assemblea regionale ha sancito la decadenza dalla sua carica di deputato. Ma per Santo Catalano non è ancora detta la parola “fine”. L’ormai ex deputato del Pid, infatti, ha deciso di ricorrere alla Cassazione contro la sentenza della Corte di appello che aveva appunto deciso l’uscita di Catalano e l’ingresso del sostituto Marcello Bartolotta, primo dei non eletti a Messina nel’Mpa, partito col quale Catalano aveva conquistato il seggio all’Ars.

Un seggio abbandonato dopo la sentenza della Corte d’appello di Palermo che a fine ottobre ha stabilito che Catalano era ineleggibile, confermando la sentenza del Tribunale civile, respingendo così il primo ricorso del deputato regionale. Nel giugno scorso, nonostante la decisione di primo grado, l’Ars aveva deciso che il parlamentare, eletto nel 2008 nelle file del Mpa e poi transitato nel Pid, doveva restare al suo posto. Catalano era stato dichiarato “non candidabile” per via di una condanna patteggiata nel 2001, a Messina, per una vicenda di abusivismo edilizio e abuso d’ufficio.

E proprio su questo punto Catalano, assistito dai legali Girolamo Rubino ed Antonio Catalioto, ha deciso di presentare il ricorso. Secondo gli avvocati, infatti, alla data di presentazione della candidatura il reato era già estinto per effetto della decorrenza di un quinquennio e pertanto dovevano ritenersi estinti tutti gli effetti penali.
Per la verità, contro il mantenimento di Catalano all’Ars s’era espressa anche la commissione “verifica dei poteri”, nel giugno scorso. Ma, come detto, il deputato è stato “salvato” dai colleghi, che si sono espressi pochi giorni dopo quella decisione, con voto segreto: 38 i contrari all’esclusione di Catalano dall’Ars, e 35 i favorevoli (74 i deputati presenti in aula, 73 i votanti). Catalano era subentrato a sala d’Ercole al deputato Fortunato Romano, ma subito dopo il suo arrivo a Palazzo dei Normanni era emersa – attraverso un esposto – la sentenza in base alla quale il politico non poteva essere candidato. Il voto dell’Ars aveva poi scatenato polemiche. A scrivere la parola definitiva sulla vicenda, però, sarà la Cassazione.


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