"Il codice bestiale della mafia" - Live Sicilia

“Il codice bestiale della mafia”

"Padrino io non so più cosa devo fare..." "Devi fare l'uomo devi fare". "Il padrino", 1972. "I purosangue di Tommaso Natale sono..." "Io mi sento purosangue perchè sono di Cardillo". "E sei un mezzosangue invece, perchè il papà è Tommaso Natale...Cardillo è sempre sotto a Tommaso Natale". Intercettazioni ambientali, Palermo, 2011. (Nel video il famoso saluto di Scintilluni).
Lo speciale. Il sociologo Ceruso
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Padrino io non so più cosa devo fare…” “Devi fare l’uomo devi fare”. “Il padrino”, 1972. “I purosangue di Tommaso Natale sono…” “Io mi sento purosangue perchè sono di Cardillo”. “E sei un mezzosangue invece, perchè il papà è Tommaso Natale…Cardillo è sempre sotto a Tommaso Natale”. Intercettazioni ambientali, Palermo, 2011. (Nel video il famoso saluto di Scintilluni).

Il filmino del blitz che documenta la cronaca che ha portato il 29 novembre all’arresto di 36 presenti mafiosi, ci riporta disarmante, sotto gli occhi, un “codice”. Un linguaggio che pare non cambiare nel tempo. Che pare essersi cristallizzato. Sono frasi a metà, puntini di spospensione riempiti di allusioni, metafore. Un linguaggio tribale. Ma come parla la mafia? È possibile che il linguaggio di questi odierni presunti mafiosi sia uguale a quello dei “loro padri”? Ma questa mafia, non cambia mai? Ci sono uomini che vanno a braccetto, uomini che si baciano in bocca, uomini che si scusano se usano espressioni come “ci calavano le mutande” e che si inorgogliscono se hanno amici egastolani. “Parenti all’altezza”.

Ma è la mafia che somiglia sempre di più alla sue versione cinematografica?
“Che il linguaggio si ripeta, o almeno che dia questa impressione è vero. Fermo restando però che le conversazioni che abbiamo ascoltato dalla intercettazioni sono di presunti mafiosi”- esordisce Vincenzo Ceruso, sociologo e autore di numerosi libri sul fenomeno mafioso- Ma parlando di linguaggio bisogna sottolineare che il mafioso, come tutti, tende ad usare codici diversi rispetto al contesto in cui si trova, il linguaggio ha intrinsecamente una capacità mimetica. Non è sempre lo stesso. Se il mafioso tratta con un imprenditore parlerà diversamente. Io credo che la mafia utiizzi un codice “che ci suona come cinematografico”, ma che oserei definire “bestiale”, in particolar modo quando ci sono in ballo i meccanismi di regolamentazione del potere. È questo che richiama legami quasi tribali e linguaggi a questi conformi. Dal mio punto di vista- dice Ceruso- la mafia per risolvere meccansismi di successione usa due strade: o quella della violenza o quella che passa attraverso “il diritto”, tra virgolette, di supremazia. E quando sceglie questa strada usa questo linguaggio che di “primitivo” però ha solo l’aspetto e che invece è in un certo senso “raffinato”. Un linguaggio apparentemente arciaico che però serve sottilmente a manifestare un “diritto sul campo”, per veicolare il problema del consenso. Qualcuno per esempio nelle intercettazioni filmate dai Carabinieri, richiamava a delle fondamenta storiche: diceva “Tommaso Natale ha la storia più vecchia di Palermo” per rivendicare il potere. Il capomafia ha bisogno di richiamare questa vocazione antica. Questo aspetto è da considerare come la manifestazione di una organizzazione arcaica”.

La mafia che non cambia, che perde i suoi capi e ne fa subito di nuovi, morirà mai?
“Immagino che il giorno non sia vicino, se mai accadrà. Spero che possa essere ridotta ad un fenomeno di nicchia ma questo potrà accadere solo quando non ci sarà più unitarietà nell’organizzazione. Quando si arresterà il perpetuarsi dei lagami di sangue”.


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